Il passetto è
stato completamente restaurato
Nuova vita per l’Arco di Grottapinta

L’Arco di
Grottapinta, conosciuto anche come il Passetto del Biscione, torna a
nuova vita. Era ridotto a una sorta di immondezzaio maleodorante, ma
finalmente è stato oggetto di un radicale restauro, grazie a
Roberto Lucifero, direttore del Centro studi Cappella Orsini,
coadiuvato da un team di sei persone. Il passaggio è stato ripulito,
mentre gli intonaci sono stati ripristinati, completando le parti
ormai perse degli affreschi originali.
Superata da piazza del Biscione una cancellata
di ferro, l’Arco si mostra nella sua originaria struttura edilizia:
un basso, stretto e oscuro sottopassaggio, che si apre in direzione
di via di Grottapinta, non più attraverso un’analoga uscita arcuata,
di cui però si intravede la traccia nella muratura, bensì attraverso
due strette aperture, parallele tra loro, con gli stipiti di
travertino, che – mediante tre scalini - immettono in uno
strettissimo vicolo, a sua volta sormontato da un piccolo, rustico
passaggio.
All’interno dell’Arco di Grottapinta si
venerava l’immagine della "Madonna del latte", che nel luglio del
1796 prodigiosamente mosse gli occhi, contemporaneamente ad altre
numerosissime effigie romane della Vergine.
Vi era posta anche la "Vergine della
Provvidenza" di
Scipione Pulzone (c. 1550-1598), oggi
custodita nel convento dei Padri Barnabiti a San Carlo ai Catinari.
Nel corso degli attuali restauri nel passetto è stata posta una
fedele copia dell’immagine, opera di Raffaella Curti.
Ora Roberto Lucifero si augura che il comune
termini anche il restauro della facciata della chiesa di Santa Maria
in Grotta Pinta, nell’omonima strada, chiamata nel medio evo S.
Salvatore "in Arco" e anche "in Fornice" e ricordata in un documento
del 1291. Fu consacrata e dedicata nel 1343 alla Concezione della
Beata Vergine Maria e affidata alla relativa Confraternita, che
aveva come scopo, oltre al culto della Madonna Immacolata,
l’assistenza dei confratelli poveri e la distribuzione di dote alle
zitelle, "o
per maritaggio o per monacazione di esse". La
chiesa era di giuspatronato degli Orsini, i quali nominavano il
rettore e fu parrocchia fino agli inizi dell’Ottocento.
La facciata, dalle linee semplici e armoniose,
è a due ordini, di cui il primo presenta la superficie scandita da
quattro paraste con capitelli ionici, le cui volute sono unite da un
piccolo festone. Nel secondo ordine sono presenti quattro corte
lesene e finestrone ad arco; segue un impano triangolare con al
centro lo stemma Orsini. A sinistra della facciata una piccola
abside e, a livello del secondo ordine, un piccolo campanile, un
tempo dotato di due campane.
di
Antonio
Venditti
10 luglio 2016
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