La tomba di un bambino era protetta da
una formula su lastra di piombo
Nuove scoperte a Ostia Antica
Ha dato risultati eccezionali a Ostia Antica, nel parco dei Ravennati, la
seconda campagna di scavi condotta dalla Soprintendenza speciale ai Beni
archeologici di Roma e da un cantiere-scuola organizzato dall’American institute
for roman culture con l’utilizzo di una trentina di studenti provenienti da
tutto il mondo.
L’area è stata sottoposta a tutela archeologica fino dagli anni Sessanta del
secolo scorso. Il parco dei Ravennati (nella foto) è una zona verde, oggi
compresa tra l’ingresso agli scavi e il castello di Giulio II, che in epoca
antica era affacciata sul corso del Tevere. Successivamente la tutela è stata
estesa a tutto il borgo di Ostia Antica.
Presso una strada basolata è stato rinvenuto un grande mausoleo circolare
appartenuto a una famiglia aristocratica, rivestito in blocchi di travertino e
databile alla fine dell’età repubblicana. Come ha spiegato Paola Germoni,
direttore scientifico dello scavo, la sepoltura è stata rimaneggiata fino al IV
– V secolo s. C. e vi convivono sia tombe a inumazione che a cremazione.
All’interno del muro perimetrale del sepolcro, in una tomba infantile a
inumazione, è stata rinvenuta una lastra di piombo forata da un chiodo e
contenente una frase che doveva costituire un deterrente alla profanazione del
corpo del bambino. La lastra è stata asportata per essere studiata e ancora non
se ne conosce l’esatto contenuto. Di certo sappiamo che nel mondo romano si
cercava di proteggere il più possibile nel tempo le tombe e i resti umani in
esse contenuti, con preghiere e persino con minacce rivolte agli eventuali
violatori. Si va dalle formule più blande, del tipo “rogo per deos superos
inferosque ni velitis ossa mea violare”, “vi prego per gli dei superiori ed
inferi di non violare le mie ossa”, a vere e proprie maledizioni. In una stele
oggi al Museo Nazionale Romano, un certo Tullius Hesper augurava a chi avesse
osato profanare la sua sepoltura di vivere a lungo straziato dai dolori del
corpo, poi, una volta morto, di non riuscire nemmeno a entrare agli inferi. E i
nostri progenitori dovevano avere un certo rispetto del potere magico della
scrittura. Lo dimostrano anche le “tabellae defixionum”, un esempio di
superstizione antica: su tavolette solitamente di piombo si formulavano
maledizioni contro i propri nemici, che potevano essere contendenti, rivali in
amore o anche aurighi di una fazione avversaria. Il nome della vittima del
maleficio poteva essere accompagnato da quello del coniuge, dei figli o della
madre, per renderlo ben riconoscibile ed evitare scambi di persona. Veniva
citata la divinità a cui il maledetto veniva consegnato e venivano inserite
alcune formule magiche, oltre a eventuali segni e simboli.
Era importante che le tavolette entrassero in contatto con il regno
dell’oltretomba. Per questo venivano, a dispetto delle leggi vigenti, inserite
di notte e di nascosto nelle tombe.
La campagna di scavi ha interessato anche una domus aristocratica tardo antica
che si trova dall’altro lato della strada basolata, di cui lo scorso anno era
stato rinvenuto parte di un pavimento in opus sectile realizzato con pregiati
marmi di importazione. Le indagini attuali hanno permesso di ritrovare il motivo
centrale del pavimento, con una decorazione a elementi lineari molto elaborati.
Accanto a questa sala in opus sectile era un’area pavimentata con basoli in
un’epoca di poco posteriore, che doveva essere stata adibita a peschiera
privata, come lascia supporre il ritrovamento di ami e pesi in piombo per le
reti.
Paola Germoni è stata affiancata nella direzione dello scavo da Darius Arya e da
Michele Raddi.
di
Cinzia Dal Maso
12 giugno 2014
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