Il generale Mannaggia La Rocca

 

  di Cinzia Dal Maso

Nell’agosto del 1897 la stampa italiana e quella francese furono impegnate in un reciproco lancio di provocazioni, che si concluse in modo del tutto inaspettato.

Il principe d’Orleans, con un articolo su “Le Figaro”, aveva denigrato gli ufficiali italiani che avevano combattuto in Africa ed era stato – per questo motivo - sfidato a duello dal generale Albertone. Poiché anche altri ufficiali italiani fremevano per lavare l’onta nel sangue, Thomegueux, famoso campione di scherma, pubblicava su “La Patrie” una lettera in cui si dichiarava pronto, insieme ad altri civili, a raccogliere qualunque sfida da parte italiana. La faccenda stava diventando seria e sarebbe potuta diventare una carneficina, ma scoppiò come una bolla di sapone grazie allo spirito arguto di un giornalista, Eugenio Rubichi, che, ridendo sotto i baffi, se ne andò all’ufficio postale di San Silvestro e mandò all’arrogante Thomegueux un telegramma per sfidarlo a duello, firmato dal “Generale Mannaggia la Rocca”. La risposta giunse rapida: “Ricevo vostro onorato telegramma. Accetto scontro Parigi con voi. Miei padrini sono Colonnello Lyder e Denis Thomas”.

I giornali francesi si infervoravano nell’esaltare il Thomegueux, che era riuscito a farsi sfidare da un generale italiano di nobili origini. A Roma, invece, tutti si torcevano dalle risa, dal momento che conoscevano bene il generale Mannaggia la Rocca. Era un povero straccivendolo, Luigi Guidi, che abitava una topaia in Via Vecchiarelli ed aveva un banco di rigattiere al mercato di Campo de’ Fiori. Ogni anno, a carnevale, sfilava per il Corso seguito da un esercito di straccioni vestiti con uniformi variopinte e rattoppate, tutto impettito con il suo elmo di latta, a cavallo di un ronzino coperto da un drappo rosso con bordatura d’oro. Il generale Mannaggia la Rocca, magrissimo e allampanato, con i suoi stivali grinzi e inzaccherati, era diventato una delle maschere più caratteristiche del carnevale romano della fine dell’Ottocento. I ragazzini gli indirizzavano grida, fischi e qualche gesto poco elegante, ma il Guidi continuava la sua parata agitando la daga di legno e rispondendo per le rime ai più audaci, tra l’ilarità comune e qualche lancio di oggetti.

Il giornalista autore della burla andò anche a trovare il Guidi per metterlo al corrente dell’accaduto. Il generale Mannaggia la Rocca disse di essere pronto a battersi e raccolse la sfida a modo suo: organizzò un corteo straordinario, che sfilò lungo il Corso in pieno agosto, sotto una pioggia di applausi e di risate.  

Fu la sua ultima apparizione in pubblico. Il carnevale seguente, dopo trentadue anni, il “generale” non fece la sua sfilata, accampando qualche scusa per non ammettere di essere allo stremo delle forze. Nel giugno seguente, all’età di sessantotto anni, si spegneva in una corsia dell'Ospedale di Santo Spirito.


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