L’area del Vaticano
nell’antichità era rinomata per la sua argilla, ottima per la fabbricazione dei
laterizi, ma il suo terreno era ritenuto poco adatto alla coltivazione: ne
sapeva qualcosa Marziale, che lamentava la qualità infima dei vini che lì si
producevano. Sul lato meridionale della via Cornelia si estendevano gli Horti di
Agrippina, nel cui giardino il figlio Caligola fece realizzare il grande circo
che portava il suo nome e i cui resti si trovano sotto il lato sinistro della
basilica di San Pietro. Ma certo a caratterizzare la zona erano le grandi
necropoli, di cui attraverso i secoli sono più volte tornate alla luce le tombe.
La sepoltura che ha finito per cambiare il volto dell’intera zona è stata una
delle più povere, un’umile fossa scavata nella terra, appartenuta a un
condannato a morte. Quel giustiziato, però, era Pietro, il principe degli
Apostoli, e su quella misera sepoltura sarebbe sorta la più importante basilica
della cristianità.
Alcuni monumenti
funerari, anche insigni, sono stati distrutti tra il medioevo e l’epoca
rinascimentale. E’ il caso della cosiddetta "Meta Romuli", detta anche "Sepulcrum
Scipionis", situata all’inizio dell’attuale via della Conciliazione, dove la via
Cornelia doveva incrociare la Trionfale. Alcune tracce, infatti, se ne
rinvennero durante la costruzione del Palazzo Pio, sede della Radio Vaticana e
dell’Auditorium della Conciliazione. Aveva forma di piramide a base quadrata,
simile a quella di Caio Cestio (denominata per analogia "Meta Remi"), che deve
la sua conservazione al fatto di essere stata inglobata nel recinto delle musa
Aureliane, presso porta San Paolo (Ostiense). Le due piramidi erano ritenute
dalla fantasia popolare i sepolcri dei gemelli fondatori di Roma.
Anche la "Meta
Romuli" era rivestita in lastre di marmo, mentre il nucleo interno era a piccole
scaglie di tufo. Si può datare, in mancanza di altri elementi, alla fine
dell’età repubblicana, come quella di Caio Cestio.
Le lastre di
travertino della pavimentazione che circondava la Meta Romuli furono usate, nel
VII secolo, per i gradoni della basilica di San Pietro. Poi il monumento
sopravvisse per tutto il Medioevo, divenendo un punto di riferimento della
topografia cittadina. Compare – ad esempio - nella quattrocentesche piante
miniate di Pietro del Massaio.
La tradizione
voleva che San Pietro fosse stato crocifisso "inter duas metas", con evidente
riferimento alle mete del circo di Caligola. Tale denominazione venne però
fraintesa e il luogo del martirio fu individuato nel punto di mezzo tra le due
"mete" più famose: la piramide Cestia e quella Vaticana. E’ per questo che
entrambi i monumenti compaiono in molte rappresentazioni della crocifissione di
San Pietro: negli affreschi della volta di San Francesco ad Assisi, nel
polittico Stefaneschi di Giotto, nella porta del Filarete della basilica di San
Pietro. Il luogo equidistante dalle due mete era sul Gianicolo, perciò qui il
Bramante eresse il tempietto di San Pietro in Montorio.
La "Meta Romuli" fu
quasi completamente distrutta a partire dal 1499, per volere di Alessandro VI
(1492 - 1503), per aprire nel Borgo Nuovo la via Alessandrina, che collegava
Ponte Sant’Angelo con la basilica di San Pietro, in previsione del giubileo del
1500.
Molto prima, fin
dal VII secolo, era stato demolito un altro grande mausoleo del Vaticano, il "Terebintus
Neronis", di forma circolare, con due tamburi sovrapposti e rivestito con lastre
di travertino. Era circondato da una platea sempre in lastre di travertino,
rinvenuta tra il 1947 e il 1948 circa 5 metri al di sotto dell’attuale piano
stradale.
di
Cinzia Dal Maso
12 dicembre 2013