La famiglia Castellani
e l’oreficeria archeologica
 Nel
1814 Fortunato Pio Castellani, appena ventenne, apriva in via del
Corso la sua prima bottega orafa, dove iniziò ben presto a
sperimentare nuove tecniche. Nel 1826 conobbe un artista versatile e
geniale, Michelangelo Caetani, con cui strinse una grande amicizia e
una proficua collaborazione. Fu quest’ultimo a suggerirgli l’idea di
imitare e trarre ispirazione dall’oreficeria antica. Negli anni ’30
gli affari di Fortunato Pio andavano a gonfie vele. Tra i suoi
clienti figuravano i Borghese, i Barberini, i Doria, gli Altieri, i
Massimo, i Patrizi, i Torlonia e gli Orsini. Doveva però arrivare un
lungo periodo di crisi, iniziato con le alluvioni del Tevere del ’46
e del 47 e proseguito con l’assedio della città, nel 1849, da parte
dei francesi. Il 15 luglio di quell’anno i figli di Fortunato Pio,
Alessandro e Augusto, di idee repubblicane, erano stati arrestati
dai militari francesi in collaborazione con la polizia pontificia.
Il padre dopo qualche giorno li fece liberare entrambi grazie alle
sue conoscenze e ai suoi mezzi economici. Nonostante il clima
politico sospettoso e repressivo, i due fratelli fin dalla primavera
del 1851 si dedicarono al rilancio dell’attività paterna. Scrive
Augusto: "Diretti dal maestro nostro Michelangelo Caetani formulammo
il progetto del nostro indirizzo e decidemmo lasciar totalmente le
manifatture estere, spingendosi efficacemente nelle copie dei lavori
degli Orafi italiani delle epoche classiche. Decidemmo la guerra
alla moda e vincemmo". Iniziarono gli esperimenti sulle tecniche
antiche di lavorazione dell’oro. La produzione artistica Castellani,
grazie alla padronanza della capacità artigianale dell’oreficeria
antica, si poneva l’obiettivo perfezionare l’artigianato artistico e
il design italiano con la riscoperta di una tecnica che si riteneva
perduta, quella della granulazione, che consiste nell’applicazione
di sottili granuli d’oro alla superficie di un oggetto per creare
dettagli decorativi. Tale tecnica affonda le radici nell’antica
oreficeria orientale, ma trovò il suo massimo grado di perfezione
negli ori etruschi del VII e VI secolo a.C., rinvenuti nei corredi
funerari a seguito delle intense ricerche condotte nelle grandi
necropoli dell’Etruria nel corso dell’Ottocento.
La fama
di Alessandro e Augusto Castellani e della splendida oreficeria
archeologica da loro prodotta si diffuse sempre più negli ambienti
aristocratici, tra i viaggiatori colti, tra gli artisti e gli
intellettuali in visita a Roma. Nell'agosto del 1853 Alessandro fu
arrestato per cospirazione, ma nel gennaio 1854 – nelle carceri del
San Michele – diede segni di un grave squilibrio mentale. Rimase in
manicomio fino al 1856, quando venne affidato alla responsabilità
dei familiari. Tornò a lavorare nell'azienda di famiglia, ma le
autorità papali lo facevano controllare dalla polizia e quando
ritennero che fosse guarito gli imposero di scegliere se tornare in
prigione o andare in esilio. Così, nel giugno del 1860 Alessandro si
trasferì a Parigi, dove aprì, ai Champs Elysées, una succursale
dell’oreficeria paterna che riscosse un notevole successo. Nel 1862
iniziò un proficuo commercio di oggetti d'arte che lo rese famoso.
In quello stesso anno si stabili a Napoli dove fondò una scuola di
oreficeria, occupandosi anche di arte ceramica. Dopo il suo ritorno
a Roma, nel 1870, Alessandro sistemò anche le sue raccolte d’arte e
di antichità nel palazzo di famiglia nei pressi della Fontana di
Trevi.
La
richiesta dei gioielli archeologici fece sorgere imitatori in tutta
Europa e gli oggetti antichi e le riproduzioni dei Castellani
arrivarono, nel 1876, alla Centennial Exposition di Filadelfia e,
l’anno seguente, al Metropolitan Museum of Art.
Alla
fine del XIX secolo, l’avvento dell’art noveau segnò il
declino della moda neoclassica. L’ultimo dei Castellani, Alfredo,
figlio di Augusto, valente orafo e restauratore, cedette allo Stato
la Collezione di oggetti di antiquariato, arricchita dall’oreficeria
prodotta nei tanti decenni di attività della bottega: mosaici
composti da tessere minutissime che evocano i capolavori
paleocristiani di Roma, Ravenna e Costantinopoli. Gemme, cammei e
scarabei, originali antichi o imitazioni ottocentesche, campeggiano
su alcuni gioielli, mentre altri raggiungono il loro mirabile
effetto grazie a una varietà di tecniche a smalto rese in un’ampia
gamma di colori. La loro originalità si fonda sull’uso di semplici
disegni geometrici, arricchiti con decorazioni di sottili granuli
d’oro, piccoli fiori e filigrana applicata con assoluta precisione.
di
Cinzia Dal Maso
3 aprile 2013 |