Omaggio canoro di Minghi all’universo femminile

Una musica che attraversa i "Decenni"

Avrà un ulteriore appuntamento, fissato per il prossimo 26 aprile, l’evento musicale che Amedeo Minghi ha portato in scena dallo scorso ottobre al Teatro Ghione. Visto il grande successo ottenuto e le numerose richieste, "Di canzone in canzone" tornerà con un nuovo concerto, naturalmente diverso dai sei che lo hanno preceduto. La serata dell’8 marzo è stata aperta dal brano che dà il titolo alle serate, con un video in costumi d’epoca proiettato all’interno della grande cornice dorata vuota che sovrasta la scena, permettendo a chi guarda di "riempirla con i ricordi e le immagini che desidera". Il pubblico applaude al sofisticato ed elegante romanticismo di un cantautore che si rende unico nella sua ricerca e sperimentazione intorno ai fatti d’amore e alle loro conseguenze. La scaletta, stavolta, ha ruotato intorno ai brani dell’album "Decenni" (1998), seguendo però le sonorità anche di altri lavori: "Io e te", "Le tue favole", "Tu chi sei?", "Storia di un uomo solo", "Sarà una canzone", per arrivare ad una splendida esecuzione di "Gerusalemme", immagine mistica e reale di una città di incontri e scontri, trasformata nell’ideale di una figura femminile materna ed attraente ("E' come miele, abbandonarsi a Te…Jerusalem…E fuochi accesi ad ardere i tuoi fianchi, Madre di tutte le Madri…"). Minghi sceglie di intrecciare la sua musica a brevi monologhi, parole evocative di un recital che compone sovente il suo spettacolo. Sono frammenti di emozioni che introducono i suoi brani, piroettandoli nello spazio emotivo tra il cantautore e il pubblico. "Nessuna onda può pettinare il mare", spiega, ricordando uno degli elementi che maggiormente ritornano nelle sue canzoni. Il ricordo, altro archetipo del suo "io" musicale, si concretizza ne "Le verdi cattedrali della memoria" (1986), ma c’è spazio per canzoni come "Amarsi è" ed altre che da tempo non venivano eseguite: "Dedicata", "Troppo poco" e una struggente versione della splendida "Vento disperato", scritta con Gaio Chiocchio. Quando scende il sipario, gli applausi vengono generosamente condivisi con la trombettista Laura Camaglia, il chitarrista Giandomenico Bellini e i ballerini Alfonso Paganini e Valeria Piergrossi che hanno impreziosito lo spettacolo grazie alle loro suggestive incursioni.

di Annalisa Venditti

16 marzo 2010

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