Tra i
ritratti più enigmatici che la storia di Roma antica ci restituisce
c’è quello dell’avvelenatrice Locusta, anche detta Lucusta, "killer"
di professione e su commissione. La temibile donna, celebre per i
suoi filtri mortali, pare fosse originaria della Gallia, dove aveva
affinato la tecnica e la conoscenza in materia. Il suo profilo
criminale le vale il titolo di prima assassina di cui si abbia
notizia ad aver praticato l’omicidio seriale con il veleno. La
bottega di Locusta si trovava a Roma, sul colle Palatino. A parlare
di lei e del suo scellerato operato sono anche Svetonio e Tacito.
Così sappiamo che la spregiudicata Agrippina, seconda moglie
dell’Imperatore Claudio (41-54 d.C.), le avrebbe commissionato
l’omicidio del marito per favorire l’ascesa al trono del figlio
Nerone. Fu proprio Locusta, infatti, ad avvelenare il fungo, pare
uno splendido esemplare di boleto, che costò la vita all’imperatore
durante un lauto banchetto. "Di recente condannata per veneficio –
ricorda Tacito – è da tempo considerata come uno degli strumenti del
potere".
La
carriera da sicario di Locusta infatti proseguì sotto il principato
di Nerone (54-68 d.C.) che, in cambio della sua protezione, le
chiese di eliminare il pericoloso Britannico, figlio di Claudio e
per questo legittimo erede al trono. Locusta con la sua attività
doveva avere molti nemici e l’appoggio dell’Imperatore le giungeva
prezioso. In questo caso, tramandano le fonti, Locusta fallì al
primo tentativo: il veleno provocò in Britannico una semplice
diarrea. Nerone, allora, convocò la donna e la frustò con le sue
mani, rimproverandola per l’accaduto. A detta di Svetonio, Locusta
si giustificò dicendo che aveva adoperato una dose leggera al fine
di mascherare il delitto. Il secondo veleno, molto più potente,
venne sperimentato su degli animali per saggiarne l’infallibilità e
questa volta, durante il banchetto, fu fatale per l’ignaro
Britannico. Al fine di evitare clamori e curiosità, il giovane venne
seppellito in fretta e senza pompa. Quanto a Locusta, pare ricevesse
in premio impunità e possedimenti. Sempre grazie a Svetonio sappiamo
che Nerone, in fuga, avrebbe preso il veleno per suicidarsi da
Locusta, la quale gli sopravvisse pochi mesi, perché fu giustiziata
dall’imperatore Galba.