In mostra fino al 24 maggio al Casino dei Principi di Villa Torlonia

Manifesti pubblicitari, arte tra le due guerre

di Antonio Venditti

Il ventennio tra le due guerre è stato caratterizzato, in Italia, da un fermento di creatività e ricerca in tutti i settori delle arti, con le sperimentazioni delle avanguardie, che con diversi linguaggi si aprivano alle esigenze della comunicazione di massa, della propaganda e della diffusione del mercato. Un ruolo primario fu rivestito dal manifesto pubblicitario, che divenne il veicolo principale di una nuova immagine del nostro Paese, dinamica, veloce, proiettata verso il futuro e verso le innovazioni dei trasporti e della comunicazione. Molti tra i più grandi artisti dell’epoca, da Duilio Cambellotti ai futuristi Balla, Depero, Tato e Trampolini, a Sironi e Lucio Fontana, parteciparono attivamente a questa nuova forma espressiva. La sperimentazione in campo artistico si confrontava con la propaganda politica e le prime forme di mercato di massa, rivelando l’enorme potere simbolico, comunicativo e universale della pubblicità.

La mostra "L'arte della pubblicità. Il manifesto italiano e le avanguardie. 1920-1940", fino al prossimo 24 maggio al Casino dei Principi di Villa Torlonia, ripercorre l’evoluzione dell’arte pubblicitaria attraverso manifesti, bozzetti, libri delle avanguardie artistiche in un percorso che, dalle raffinatezze grafiche degli inizi del Novecento e dal nitido segno e gli accesi cromatismi del Futurismo, approda ai modi dell’espressionismo e ai rigori del razionalismo.

Promossa dall’Assessorato alle Politiche Culturali e della Comunicazione, Sovraintendenza ai Beni Culturali del Comune di Roma in collaborazione con la Fondazione Cassa dei Risparmio di Forlì, l’esposizione è curata da Anna Villari, con l’organizzazione di Zètema Progetto Cultura.

Il materiale esposto proviene dal "Massimo & Sonia Cirulli Archive", la più importante collezione privata di manifesti storici oggi esistente in Italia.

In mostra manifesti di Leonetto Cappiello, Marcello Dudovich, Nicolaj Diulgheroff, Gino Boccasile, Erberto Carboni, Bruno Munari, Sepo, Federico Seneca, caratterizzati dal segno essenziale, accostamenti cromatici audaci e grande varietà di linguaggi grafici.

L’esposizione si articola in sei sessioni: "La donna e l’uomo moderni", in cui si può seguire l’evoluzione dell’arte pubblicitaria dall’idealizzazione ottocentesca ai nuovi realismo, dinamismo e vivacità cromatica. "La meccanizzazione" di ascendenza futurista; "Velocità e confini" e "Il Volo", i nuovi miti del movimento e della velocità; "Le sperimentazioni del disegno e della grafica" e "L’astrazione della forma", che seguono la nascita di una nuova coscienza professionale degli artisti della pubblicità e gli sviluppi del linguaggio e dello stile nelle opere degli anni Trenta.

Tutte le opere aggiungono al loro intrinseco valore artistico il ruolo storico di testimonianza viva della situazione politica del tempo, del costume, delle grandi imprese industriali italiane del ‘900 e del loro sviluppo economico.

"Sono questi – spiega Anna Villari - gli anni della nascente, grande imprenditoria italiana. I primi veri importanti committenti, spesso i più sensibili anche dal punto di vista delle scelte formali, sono la Fiat di Giovanni Agnelli, la Venchi e la Snia Viscosa di Riccardo Gualino, la Campari di Davide Campari, la Olivetti di Adriano Olivetti: i cosiddetti cavalieri d’industria, autonomi e intraprendenti nella loro politica economica e nelle strategie di comunicazione, anche se osservati e controllati dal governo. Il fine, certamente, è quello di pubblicizzare l’attività dell’azienda: però i manifesti, che con sempre maggiore invadenza tappezzano ora i muri delle strade cittadine, non solo reclamizzano il prodotto, ma, in maniera più o meno velata, esaltano il dinamismo e la vitalità di chi lo produce e, di conseguenza, del paese in cui tutto questo è possibile e si sta verificando, talvolta anche a dispetto della vocazione contadina e interventista del regime. Gli artisti – continua la curatrice della mostra - sono il più delle volte consapevoli di queste molteplici trasformazioni in atto: attraverso il manifesto, che naturalmente non sostituisce l’opera d’arte tradizionale ma in un certo senso vi si affianca, a cambiare è il modo di comunicare la propria arte, a cambiare è il luogo della percezione e della fruizione, il rapporto con lo spettatore".

"L’esplosione della pubblicità rappresentò una vera e propria rivoluzione radicale", precisa Umberto Broccoli, sovraintendente ai Beni culturali del Comune di Roma. "Per la prima volta immagini laiche e mondane venivano esposte in pubblico, per le strade, sui muri delle città".

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