Il
ventennio tra le due guerre è stato caratterizzato, in Italia, da un
fermento di creatività e ricerca in tutti i settori delle arti, con
le sperimentazioni delle avanguardie, che con diversi linguaggi si
aprivano alle esigenze della comunicazione di massa, della
propaganda e della diffusione del mercato. Un ruolo primario fu
rivestito dal manifesto pubblicitario, che divenne il veicolo
principale di una nuova immagine del nostro Paese, dinamica, veloce,
proiettata verso il futuro e verso le innovazioni dei trasporti e
della comunicazione. Molti tra i più grandi artisti dell’epoca, da
Duilio Cambellotti ai futuristi Balla, Depero, Tato e Trampolini, a
Sironi e Lucio Fontana, parteciparono attivamente a questa nuova
forma espressiva. La sperimentazione in campo artistico si
confrontava con la propaganda politica e le prime forme di mercato
di massa, rivelando l’enorme potere simbolico, comunicativo e
universale della pubblicità.
La mostra "L'arte della pubblicità.
Il manifesto italiano e le avanguardie. 1920-1940", fino al prossimo
24 maggio al Casino dei Principi di Villa Torlonia, ripercorre
l’evoluzione dell’arte pubblicitaria attraverso manifesti, bozzetti,
libri delle avanguardie artistiche in un percorso che, dalle
raffinatezze grafiche degli inizi del Novecento e dal nitido segno e
gli accesi cromatismi del Futurismo, approda ai modi
dell’espressionismo e ai rigori del razionalismo.
Promossa dall’Assessorato alle
Politiche Culturali e della Comunicazione, Sovraintendenza ai Beni
Culturali del Comune di Roma in collaborazione con la Fondazione
Cassa dei Risparmio di Forlì, l’esposizione è curata da Anna Villari,
con l’organizzazione di Zètema Progetto Cultura.
Il materiale esposto proviene dal
"Massimo & Sonia Cirulli Archive", la più importante collezione
privata di manifesti storici oggi esistente in Italia.
In mostra manifesti di Leonetto
Cappiello, Marcello Dudovich, Nicolaj Diulgheroff, Gino Boccasile,
Erberto Carboni, Bruno Munari, Sepo, Federico Seneca, caratterizzati
dal segno essenziale, accostamenti cromatici audaci e grande varietà
di linguaggi grafici.
L’esposizione si articola in sei
sessioni: "La donna e l’uomo moderni", in cu
i
si può seguire l’evoluzione dell’arte pubblicitaria
dall’idealizzazione ottocentesca ai nuovi realismo, dinamismo e
vivacità cromatica. "La meccanizzazione" di ascendenza
futurista; "Velocità e confini" e "Il Volo", i nuovi
miti del movimento e della velocità; "Le sperimentazioni del
disegno e della grafica" e "L’astrazione della forma",
che seguono la nascita di una nuova coscienza professionale degli
artisti della pubblicità e gli sviluppi del linguaggio e dello stile
nelle opere degli anni Trenta.
Tutte le opere aggiungono al loro
intrinseco valore artistico il ruolo storico di testimonianza viva
della situazione politica del tempo, del costume, delle grandi
imprese industriali italiane del ‘900 e del loro sviluppo economico.
"Sono questi – spiega Anna Villari -
gli anni della nascente, grande imprenditoria italiana. I primi veri
importanti committenti, spesso i più sensibili anche dal punto di
vista delle scelte formali, sono la Fiat di Giovanni Agnelli, la
Venchi e la Snia Viscosa di Riccardo Gualino, la Campari di Davide
Campari, la Olivetti di Adriano Olivetti: i cosiddetti cavalieri
d’industria, autonomi e intraprendenti nella loro politica economica
e nelle strategie di comunicazione, anche se osservati e controllati
dal governo. Il fine, certamente, è quello di pubblicizzare
l’attività dell’azienda: però i manifesti, che con sempre maggiore
invadenza tappezzano ora i muri delle strade cittadine, non solo
reclamizzano il prodotto, ma, in maniera più o meno velata, esaltano
il dinamismo e la vitalità di chi lo produce e, di conseguenza, del
paese in cui tutto questo è possibile e si sta verificando, talvolta
anche a dispetto della vocazione contadina e interventista del
regime. Gli artisti – continua la curatrice della mostra - sono il
più delle volte consapevoli di queste molteplici trasformazioni in
atto: attraverso il manifesto, che naturalmente non sostituisce
l’opera d’arte tradizionale ma in un certo senso vi si affianca, a
cambiare è il modo di comunicare la propria arte, a cambiare è il
luogo della percezione e della fruizione, il rapporto con lo
spettatore".
"L’esplosione della pubblicità
rappresentò una vera e propria rivoluzione radicale", precisa
Umberto Broccoli, sovraintendente ai Beni culturali del Comune di
Roma. "Per la prima volta immagini laiche e mondane venivano esposte
in pubblico, per le strade, sui muri delle città".