Le
sculture e i marmi architettonici romani, che ci siamo abituati a
vedere nel biancore in cui li ha ridotti l’usura del tempo, erano
invece sempre colorati. Nella lettura critica delle opere, il loro
aspetto originario è un elemento essenziale. Il colore è parte del
linguaggio estetico ma contribuisce anche a formulare il messaggio
veicolato.
Ai colori dell’arte antica, in
particolare alla policromia dell’Ara Pacis e degli altri monumenti
del periodo augusteo - epoca in cui l’arte, oltre ad attestarsi su
un alto livello qualitativo, acquista un accentuato valore politico
– è stata dedicata una giornata di studi, "I colori di Augusto",
all’Auditorium dell’Ara Pacis di Roma - promosso dalla
Sovraintendenza ai Beni Culturali del Comune di Roma – che ha
costituito una straordinaria occasione per discutere il tema con
alcuni dei maggiori esperti internazionali. Due i gruppi di
interventi, il primo dei quali ha illustrato i risultati delle
ricerche e delle sperimentazioni per "ridare colore" a uno dei
simboli del periodo augusteo, l’Ara Pacis, condotte in questi ultimi
due anni dalla Sovraintendenza ai Beni Culturali del Comune di Roma,
dai Laboratori scientifici dei Musei Vaticani e dall’Università
degli studi della Tuscia.
Diversi i punti di osservazione per
esaminare il tema: i riscontri di cromia ancora accertabili
sull’altare augusteo sono stati illustrati da Ulderico Santamaria,
Direttore dei Laboratori Scientifici dei Musei Vaticani e docente di
Scienza e Tecnologia dei Materiali all’Università della Tuscia.
Paolo Liverani, dell’Università degli Studi di Firenze, si è invece
soffermato su alcuni aspetti salienti della policromia della
scultura e dell’architettura del periodo classico. Orietta Rossini,
responsabile del Museo dell’Ara Pacis, ha presentato il modello
policromo dell’altare anche in raffronto con la pittura parietale
coeva e Giulia Caneva, botanica dell’Università di Roma Tre, ha
analizzato l’iconografia naturalistica del fregio vegetale del
monumento. Il riconoscimento delle circa 90 specie scolpite,
ispirate a quelle di prati, pascoli e garighe mediterranee, "così
come l’analisi della loro rappresentazione e della disposizione in
un sistema gerarchico ben ordinato – ha avvertito la studiosa
-evidenziano un ben preciso intento simbolico-allegorico, che si può
leggere anche in chiave di manifesto politico del costituendo
impero".
Lucrezia Ungaro, responsabile dei
Mercati di Traiano e del Museo della Civiltà Romana, si è soffermata
sull’immagine policroma del foro di Augusto alla luce delle recenti
acquisizioni e Simone Foresta, dell’Università Federico II di
Napoli, ha parlato dell’atteggiamento degli archeologi di fronte al
colore e di alcune conseguenze sulla nostra lettura delle opere
antiche. Infine Stefano Borghini, della Sapienza di Roma, ha
indagato alcune esperienze di colorazione virtuale di grandi
monumenti romani.
Nel secondo gruppo di interventi sono
stati presentati alcuni importanti studi sul tema della policromia
condotti all’estero in questi ultimi anni.
Stephan Zink - ricercatore
dell’Università della Pennsylvania – ha illustrato le inedite
scoperte relative alla policromia del tempio dedicato da Augusto ad
Apollo sul Palatino, accanto alla sua residenza. L’intervento di
Vinzenz Brinkmann, curatore della scultura del Liebieghaus di
Francoforte, ha riguardato i risultati delle recenti analisi
condotte sul magnifico "Sarcofago di Alessandro" del Museo
Archeologico di Istanbul, un’opera del primo ellenismo in cui lo
spazio era trattato non solo attraverso la novità delle forme
plastiche ma anche tramite un uso "rivoluzionario" del colore. Con
l’uso di ventidue diversi pigmenti, la pittura enfatizzava perfino i
contorni tridimensionali del rilievo attraverso colorazioni più
luminose o più scure.
Hariklia Brecoulaki, storica
dell’arte antica ed esperta di tecniche del colore, si è dedicata
allo studio della policromia delle tombe macedoni, forse il maggiore
ritrovamento archeologico del secondo Novecento.
Jan Stubbe Østergaard, della Ny
Carlsberg Glyptotek di Copenhagen, ha esposto quanto è possibile
ricostruire del trattamento della pelle sui nudi del periodo
classico ed ellenistico in Grecia e quindi a Roma, in epoca
repubblicana ed augustea.
Brigitte Bourgeois, restauratrice de
l’Institut National d’Histoire de l’Art, si è soffermata su Delo,
dove i romani potevano confrontarsi con lo stile di vita
dell’aristocrazia economica di epoca ellenistica, con un gusto per
il lusso spinto fino al rivestimento in oro della statuaria pubblica
e privata.
Dell’argomento si parlerà a Nuova
Spazio Radio (88.150 MHz), nel corso dell’Intervista possibile di
"Questa è Roma", il programma ideato e condotto dalla professoressa
Maria Pia Partisani, in onda ogni mercoledì dalle 13 alle 14 e in
replica la domenica dalle 9.30 alle 10.30.