Giornata di studio dedicata alla policromia dell’arte antica
Incontro all’Ara Pacis sui colori di Augusto
di Antonio Venditti

Le sculture e i marmi architettonici romani, che ci siamo abituati a vedere nel biancore in cui li ha ridotti l’usura del tempo, erano invece sempre colorati. Nella lettura critica delle opere, il loro aspetto originario è un elemento essenziale. Il colore è parte del linguaggio estetico ma contribuisce anche a formulare il messaggio veicolato.

Ai colori dell’arte antica, in particolare alla policromia dell’Ara Pacis e degli altri monumenti del periodo augusteo - epoca in cui l’arte, oltre ad attestarsi su un alto livello qualitativo, acquista un accentuato valore politico – è stata dedicata una giornata di studi, "I colori di Augusto", all’Auditorium dell’Ara Pacis di Roma - promosso dalla Sovraintendenza ai Beni Culturali del Comune di Roma – che ha costituito una straordinaria occasione per discutere il tema con alcuni dei maggiori esperti internazionali. Due i gruppi di interventi, il primo dei quali ha illustrato i risultati delle ricerche e delle sperimentazioni per "ridare colore" a uno dei simboli del periodo augusteo, l’Ara Pacis, condotte in questi ultimi due anni dalla Sovraintendenza ai Beni Culturali del Comune di Roma, dai Laboratori scientifici dei Musei Vaticani e dall’Università degli studi della Tuscia.

Diversi i punti di osservazione per esaminare il tema: i riscontri di cromia ancora accertabili sull’altare augusteo sono stati illustrati da Ulderico Santamaria, Direttore dei Laboratori Scientifici dei Musei Vaticani e docente di Scienza e Tecnologia dei Materiali all’Università della Tuscia. Paolo Liverani, dell’Università degli Studi di Firenze, si è invece soffermato su alcuni aspetti salienti della policromia della scultura e dell’architettura del periodo classico. Orietta Rossini, responsabile del Museo dell’Ara Pacis, ha presentato il modello policromo dell’altare anche in raffronto con la pittura parietale coeva e Giulia Caneva, botanica dell’Università di Roma Tre, ha analizzato l’iconografia naturalistica del fregio vegetale del monumento. Il riconoscimento delle circa 90 specie scolpite, ispirate a quelle di prati, pascoli e garighe mediterranee, "così come l’analisi della loro rappresentazione e della disposizione in un sistema gerarchico ben ordinato – ha avvertito la studiosa -evidenziano un ben preciso intento simbolico-allegorico, che si può leggere anche in chiave di manifesto politico del costituendo impero".

Lucrezia Ungaro, responsabile dei Mercati di Traiano e del Museo della Civiltà Romana, si è soffermata sull’immagine policroma del foro di Augusto alla luce delle recenti acquisizioni e Simone Foresta, dell’Università Federico II di Napoli, ha parlato dell’atteggiamento degli archeologi di fronte al colore e di alcune conseguenze sulla nostra lettura delle opere antiche. Infine Stefano Borghini, della Sapienza di Roma, ha indagato alcune esperienze di colorazione virtuale di grandi monumenti romani.

Nel secondo gruppo di interventi sono stati presentati alcuni importanti studi sul tema della policromia condotti all’estero in questi ultimi anni.

Stephan Zink - ricercatore dell’Università della Pennsylvania – ha illustrato le inedite scoperte relative alla policromia del tempio dedicato da Augusto ad Apollo sul Palatino, accanto alla sua residenza. L’intervento di Vinzenz Brinkmann, curatore della scultura del Liebieghaus di Francoforte, ha riguardato i risultati delle recenti analisi condotte sul magnifico "Sarcofago di Alessandro" del Museo Archeologico di Istanbul, un’opera del primo ellenismo in cui lo spazio era trattato non solo attraverso la novità delle forme plastiche ma anche tramite un uso "rivoluzionario" del colore. Con l’uso di ventidue diversi pigmenti, la pittura enfatizzava perfino i contorni tridimensionali del rilievo attraverso colorazioni più luminose o più scure.

Hariklia Brecoulaki, storica dell’arte antica ed esperta di tecniche del colore, si è dedicata allo studio della policromia delle tombe macedoni, forse il maggiore ritrovamento archeologico del secondo Novecento.

Jan Stubbe Østergaard, della Ny Carlsberg Glyptotek di Copenhagen, ha esposto quanto è possibile ricostruire del trattamento della pelle sui nudi del periodo classico ed ellenistico in Grecia e quindi a Roma, in epoca repubblicana ed augustea.

Brigitte Bourgeois, restauratrice de l’Institut National d’Histoire de l’Art, si è soffermata su Delo, dove i romani potevano confrontarsi con lo stile di vita dell’aristocrazia economica di epoca ellenistica, con un gusto per il lusso spinto fino al rivestimento in oro della statuaria pubblica e privata.

Dell’argomento si parlerà a Nuova Spazio Radio (88.150 MHz), nel corso dell’Intervista possibile di "Questa è Roma", il programma ideato e condotto dalla professoressa Maria Pia Partisani, in onda ogni mercoledì dalle 13 alle 14 e in replica la domenica dalle 9.30 alle 10.30.

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