Bello
come un dio greco - è proprio il caso di dirlo – l’Apollo di Mantova
offre le sue forme perfette all’ammirazione dei visitatori dei Musei
Capitolini. Si tratta del primo appuntamento di un’iniziativa
promossa dall’Assessorato capitolino alle Politiche Culturali
Sovraintendenza ai Beni Culturali, dal titolo "Ospitando…", tesa a
incoraggiare lo scambio temporaneo di opere d’arte tra musei. Così,
a colmare il vuoto momentaneamente lasciato dalla statua marmorea
nel palazzo Ducale della città dei Gonzaga, è giunto da Roma il
bronzeo Camillo, richiesto per la mostra dedicata a Pier Jacopo
Alari Bonacolsi, detto l’Antico, uno dei bronzisti rinascimentali
protagonista del collezionismo artistico nelle corti padane.
L’Apollo, che resterà in Campidoglio,
nella Sala degli Arazzi, fino al prossimo 6 gennaio, è un superbo
esemplare in marmo greco databile all’epoca di Adriano (117-138
d.C.), una delle opere che meglio esemplifica la sofisticata
corrente stilistica arcaizzante degli sc
ultori
classicisti della prima metà del II secolo d.C., orientata verso
modelli greci del periodo severo, ma impreziosita da raffinate
contaminazioni dei periodi successivi, sia classico che ellenistico.
La scultura – spiega Umberto Broccoli, appena nominato
Sovraintendente ai Beni Culturali del Comune di Roma - era
ricomparsa sulla scena del mondo moderno in quel XVIII secolo, in
un’altra Europa. Un’Europa alla riscoperta della bellezza classica,
pronta a cercare nella terra le tracce di altri mondi. I mondi
lontanissimi del passato, rimpianto come una età dell’oro perduta
definitivamente". Osservandola, prosegue, "sembra di riascoltare le
discussioni dei dotti all’indomani della sua scoperta. Sembra di
rileggere le opinioni dell’abate Gian Girolamo Carli nel momento in
cui decide di catalogarlo con il n. 33 fra i Marmi antichi della R.
Accademia di Mantova già uniti nella Galleria, ma non tutti ancora
collocati ai loro siti. Perché opere del genere non rappresentano
solamente il passato remoto ma anche l’interpretazione del passato
remoto da parte del passato prossimo. In questo mondo sempre più
veloce, fermiamoci".
Il dio è raffigurato in piedi, con la
mano sinistra su un alto albero d’alloro, attorno al quale si
attorciglia un serpente; sulla sommità, spicca tra le foglie un
volatile di non semplice identificazione, forse un falco. In basso a
destra, su un piccolo rialzo roccioso, resta solo l’attacco di un
oggetto spezzato, probabilmente la faretra in origine retta dalla
mano destra mediante una cinghia. Il volto, assorto e malinconico,
ha un ovale allungato e labbra tumide, incorniciato da un’elaborata
capigliatura, spartita al centro e arrotolata intorno a un cordone
ritorto. Dietro a ogni orecchio, due lunghi boccoli scendono a
toccare le spalle larghe e quadrate.
L’opera rientra in un tipo conservato
in un gran numero di repliche, distribuite tra la prima età
imperiale e il II sec. d.C., la
più
significativa delle quali è una statua di bronzo dalla Casa del
Citarista di Pompei, appartenuta all’importante gens Popidia, e
databile attorno al 40-30 a.C. In questo caso, però, la mano destra
tiene il plettro, mentre nella sinistra ci doveva essere uno
strumento musicale, purtroppo perduto, ma che da altri esemplari
sappiamo essere una cetra. L’Apollo di Mantova, perciò, costituisce
una variante del tipo del Citarista: gli attributi sono stati
modificati ed è chiara la contaminazione con un altro tipo, sempre
di Apollo, denominato Tevere/Cherchel.
L’originale alla base del tipo del
Citarista è solitamente considerato una creazione classicistica
della seconda metà del I secolo a.C., che rielabora spunti formali
di stile severo. Il tipo ebbe un grande successo nel II secolo d.C.,
con la realizzazione di numerose repliche. Straordinaria è la
qualità di lavorazione della statua di Mantova, paragonabile a
sculture come l’Antinoo del Campidoglio. Secondo Massimiliano
Papini, autore del testo dell’agile Catalogo (Palombi editori, 48
pagine, 6 euro), la "considerevole modifica delle braccia e degli
attributi" forse non è un "semplice capriccio d’artista... Il dio
viene raffigurato con il lauro in una veste per così dire delfica,
ribadita dal serpente pitone, che pare scagliarsi contro l’uccello".
La rassegna "Ospitando …", come ha
sottolineato il Direttore dei Musei Capitolini, Claudio Parisi
Presicce, "ha lo scopo di integrare una sequenza definita di
sculture capitoline con un tassello mancante, che espliciti meglio
il nesso che intercorre tra loro, o sul piano iconografico o dal
punto di vista stilistico. La nuova proposta espositiva si affianca
a due precedenti rassegne". La prima era denominata "Sotto i
riflettori" e con essa il museo ha offrire sotto una luce inedita e
in un luogo diverso da quello in cui l’opera è esposta di consueto
una delle più importanti opere della collezione conservata in
Campidoglio, la Lupa Capitolina, in modo da sottoporre ai visitatori
i termini del dibattito culturale scaturito dai risultati
scientifici emersi nel corso dell
’intervento
di restauro.
La seconda iniziativa è stata
"Capolavori in Comune", con lo scopo di presentare al pubblico del
museo un esemplare della ritrattistica greca di epoca tolemaica
(323-31 a.C.) di cui le collezioni capitoline non posseggono
testimonianza, ossia la testa ellenistica in bronzo della regina
egiziana Arsinoe III proveniente dalle collezioni del museo di
Palazzo Te di Mantova. Anche in questo caso si è trattato di un
prestito contestuale tra due capolavori delle strutture museali
capitolina e mantovana, in occasione della mostra mantovana
sull’arte greca in Italia, per la quale era stato richiesto lo
Spinario.
"Queste iniziative di scambio
culturale di opere d’arte – ha concluso Parisi Presicce - che in
parte vivacizzano pro tempore le collezioni, sottendono anche alla
necessità di compensare il visitatore dell’assenza provvisoria dal
museo di un capolavoro molto conosciuto".
Dell’Apollo di Mantova si parlerà nel
corso dell’Intervista possibile di "Questa è Roma!", il programma di
Nuova Spazio Radio tutto dedicato alla storia, all’arte e agli
aneddoti della nostra bella città, condotto da Maria Pia Partisani,
in onda ogni domenica dalle 9.30 alle 10.30.