Di
fronte al Colosseo, tra via Labicana e via di San Giovanni in
Laterano, c’è una piccola area archeologica che a primavera avanzata
si riempie di ranuncoli gialli e di rossi papaveri: è il Ludus
Magnus, la caserma dove i gladiatori vivevano e sui allenavano,
preparandosi ai combattimenti spesso mortali che li vedevano
protagonisti. Conosciuto dalle fonti antiche e dalla Forma Urbis, la
pianta marmorea di Roma dell’epoca di Settimio Severo, fu riportato
parzialmente alla luce solo con gli scavi del 1937 prima e del
1959-61 poi. Era stato costruito dall’imperatore Domiziano (81 –
96), insieme ad altri edifici di servizio per l’Anfiteatro Flavio,
cui era collegato tramite una galleria sotterranea con le pareti
originariamente in blocchi di travertino e poi in opera laterizia,
il cui ingresso, largo poco più di due metri, poteva essere chiuso
per mezzo di una grata.
In un corpo di
fabbrica a tra piani e con pianta rettangolare erano sistemati gli
alloggi dei gladiatori e gli ambienti di servizio, che si
affacciavano su un cortile porticato. L’accesso monumentale alla
caserma era dalla parte della via Labicana.
Il complesso era
dotato persino di un’arena di forma ellittica, per le esercitazioni
dei gladiatori, posta al centro del cortile e circondata da una
piccola cavea, rivestita esternamente di marmo e capace di contenere
circa 3 mila spettatori e dotata persino di una tribuna d’onore per
le autorità, sistemata sul lato nord, all’altezza dell’ingresso
principale. L’accesso alle gradinate avveniva tramite quattro scale
addossate al muro esterno, mentre si poteva raggiungere l’arena
attraverso gli ingressi posti sugli assi principali.
In ogni angolo del
quadriportico c’era una fontanina di forma triangolare, costruita
con nucleo in calcestruzzo rivestito esternamente di mattoni,
coperti a loro volta da lastre di marmo.
Gli scavi hanno anche
restituito frammenti di epigrafi, oltre ad alcuni resti di
rivestimenti marmorei e di elementi architettonici. Il Ludus Magnus
fu interessato da modifiche e restauri fino dal II secolo d. C.,
quando Traiano (98 – 117) fece rialzare l’intero complesso e
ricostruire parzialmente la cavea. I combattimenti dei gladiatori
vennero per sempre aboliti da Onorio intorno alla metà del V secolo
e da quell’epoca iniziò l’abbandono dell’edificio. Tutta l’area si
riempì di chiese e proprio ai lati della strada che metteva in
comunicazione il Colosseo con il Ludus si impiantò persino un
piccolo cimitero.
Originariamente le
caserme nei pressi del Colosseo erano cinque. Oltre al Ludus Magnus,
c’erano il Dacicus, il Gallicus e il Matutinus, dove avevano
alloggio i gladiatori che combattevano con gli animali feroci e che
doveva il suo nome al fatto che questo tipo di spettacoli aveva
luogo di mattina. Del Ludus Dacicus sono stati individuati alcuni
resti a sud del Ludus Magnus, verso la Domus Aurea, mentre Filippo
Coarelli aveva proposto di identificare il Ludus Matutinus in alcune
strutture, oggi non più visibili, che si trovavano verso le pendici
del Celio. Nei pressi dell’attuale Basilica di San Clemente dovevano
essere i Castra Misenatium, ossia la caserma dei marinai della
flotta di Capo Miseno, incaricati di avvolgere e svolgere il
velarium, la grande tenda che proteggeva gli spettatori del Colosseo
dai cocenti raggi del sole. Il Summum Choragium, fabbrica e deposito
degli apparati scenici per gli spettacoli dell’Anfiteatro era
probabilmente nell’area ove sorge l’esattoria comunale di via dei
Normanni. Più vicino al Celio doveva trovarsi il Saniarium o
Sanitorium, l’ospedale in cui trovavano ricovero i gladiatori
feriti. Sempre nei pressi del Celio si trovavano anche l’Armamentarium.
magazzino per le armi dei gladiatori e lo Spoliarum, dove venivano
spogliati i corpi dei gladiatori che perdevano la vita durante i
combattimenti nell’arena.
L’argomento sarà
trattato a "Questa è Roma!", la trasmissione ideata e condotta da
Maria Pia Partisani, in onda ogni domenica mattina, dalle 9.30 alle
10.30, su Nuova Spazio Radio (88.150 MHz).