Prima
della costruzione dei muraglioni, iniziata nel 1875, le piene del
Tevere causarono disastrosi allagamenti della parte più bassa della
città, testimoniati a partire dall’epoca medioevale da numerose
lapidi, dette manine, nelle quali il livello raggiunto dai flussi
veniva segnato per l’appunto da una mano con l’indice proteso.
Se ne trovano in vari luoghi, ma
soprattutto a Castel Sant’Angelo e sulla facciata della chiesa di
Santa Maria Sopra Minerva. Su quest’ultima ce n’è una a ben 20
metri, in cui il pontefice Clemente VIII maledice i vortici del
Tevere che avevano toccato tale altezza nel 1598. Poco distante, una
targa ricorda che nel 1557, terzo anno del pontificato di Paolo IV,
le acque avevano sfiorato i 19 metri di altezza. Una terza lapide, a
18,9 metri, testimonia l’inondazione dell’8 ottobre 1530, sotto
Clemente VII. L’iscrizione più antica sulla facciata risale al 1422,
seguita da quella a 16 metri e 88 centimetri, in cui si legge che
"nell’anno del Signore 1495 il 9 dicembre" "la torbida corrente
spinse le sue acque fino a questo segno".
A partire dal 1704, data della
costruzione del Porto di Ripetta, le piene vennero indicate sulle
due colonne di travertino ancora esistenti all’imbocco di ponte
Cavour, sostituite in seguito da un idrometro, oggi murato sulla
parete laterale della chiesa di San Rocco.
Dell’argomento si parlerà a Nuova
Spazio Radio (88.100 MHz), nel corso dell’Intervista possibile di
"Questa è Roma", il programma ideato e condotto dalla professoressa
Maria Pia Partisani, in onda ogni domenica dalle 9.30 alle 10.30 e
interamente dedicato alla storia, all’arte e al folclore della
nostra città.