Nel
Settecento la città di Napoli, allora capitale del Regno delle Due
Sicilie, conobbe il suo periodo di massimo splendore. E con lei
trionfò l’espressione artistica più genuina e schietta della corte
partenopea, il Presepe Reale di Re Carlo III, che partecipava
personalmente alla realizzazione dei pastori coinvolgendo il suo
entourage e influenzò nobili e ricchi borghesi, i cui lavori
gareggiavano in spettacolarità e raffinatezza. Le statue erano
modellate in terracotta dipinta, con arti in legno, corpo in stoppa
e anima di fil di ferro che ne garantiva la flessibilità e
permetteva di mutarne all’infinito i gesti e quindi la composizione
stessa del presepe, che così era in continuo divenire, mai uguale a
se stesso. La mutazione scenica è occasione per "narrare" i fatti
culturali del giorno, dal ritrovamento di Pompei al rinnovato
interesse per la vita del contado, ai cortei e alle feste reali o
alle ambascerie tunisine. Non solo nobili, popolane, rustici e
angeli e animali, ma anche le grandi bufale di Terra di Lavoro e le
minuterie come cavoli, broccoli o pomodori.
Il raffinato Presepe Cortese della
Reggia di Caserta rimarrà esposto nel teatro del Museo Nazionale
Romano del Palazzo Altemps di Roma fino al 22 febbraio 2009, in una
mostra promossa da Ministero per i Beni e le Attività Culturali,
Comune di Roma e Regione Campania con il coordinamento di Anna Maria
Romano, la progettazione di Fabiana Capozucca, gli allestimenti di
Vincenzo Russolillo per Gruppo eventi e il progetto illuminotecnica
di Pepimorgia studio.
Con "Il Presepe Reale e le vestiture
del popolo" è possibile ammirare l’ultimo presepe realizzato nel
‘700 prima della fine del Regno delle Due Sicilie, che riproduce le
scene canoniche - la Natività e l’adorazione degli angeli, il corteo
dei Magi, la taverna e il mercato – contornate da tutta l’eterogenea
popolazione del Regno dell’epoca, dai rustici popolani agli opulenti
orientali, fino ai raffinati mercanti decorati con ricami in argento
e oro: un popolo multiculturale che si riflette nei dipinti a
gouaches di Salvatore Fergola, memoria unica ed irripetibile,
esposti in mostra accanto ai disegni e alle incisioni dei vestiti
dell’epoca provenienti dal Museo di San Martino di Napoli e alle
porcellane di Capodimonte con i costumi del Regno: la
rappresentazione di un popolo diverso per lingua e cultura, ma unito
sotto un unico Regno e rispettoso delle singole identità culturali.
"Il successo di vendita" di tali incisioni e disegni è tanto che –
ricorda Raffaello Causa ne "Il Presepe Cortese", testo fondamentale
del 1980 - improvvisati editori alla macchia non esitano a scendere
in concorrenza nel riprodurre quegli originali pur ricoperti del
copyright reale".
Il popolo rappresentato nel Presepe e
quello del Regno delle Due Sicilie, non solo di Napoli, perciò dalla
Reggia di Caserta arrivano due preziosi volumi di acquetinte: il
Voyage Pittoresque en Sicilie, commissionato dalla Duchessa di
Berry, figlia di Francesco I di Borbone, che volle ricordare così i
costumi delle Terre in cui era nata.
"Evidente che la realizzazione del
presepe cortese diventa un divertissement elegante e raffinato, a
cui si dedicherà lo stesso re Carlo di Borbone, spinto dal
Consigliere e confessore padre Rocco, che con buone intenzioni
intendeva farne uno strumento di propaganda religiosa", spiega Anna
Maria Romano, della Direzione Regionale per i Beni Culturali e
Paesaggistici del Lazio. "Ma questo divertimento si riscatta da
raffinato esercizio di corte grazie all’eccezionale abilità dei suoi
artefici. A realizzare l’eterogenea popolazione concorsero pittori,
scultori, architetti, ceramisti, musicisti e sarti. Tra gli artisti
di maggiore fama è citato Giuseppe Sammartino con il concorso degli
allievi Salvatore di Franco, Angelo Viva ed il fratello Gennaro
Sammartino. Tra gli autori di testine si ricordano gli scultori
Matteo e Felice Bottiglieri, Domenico Antonio Vaccaro, Nicola Somma,
Francesco Celebrano e Giuseppe Cappiello. Tra i dilettanti che
concorsero alla raffinatissima produzione è Lorenzo Mosca, impiegato
della Real Segreteria del Ministero della Guerra".
Straordinaria era la ricchezza degli
abiti, ricamati sulla preziosa seta di S. Leucio: si pensi a quelli
del principe d’Ischitella, decorati da pietre preziose. Il popolo
raffigurato nelle scene del presepe è lo stesso che Hackert faceva
dipingere, per volontà di re Ferdinando, nelle grandi tele dei
porti. Ed è proprio all’epoca di Ferdinando di Borbone che compaiono
in assoluto primo piano le figure dei popolani.
"La mostra – continua la Romano -
nasce con l’intento di celebrare il Natale in uno scambio culturale
tra due città, l’antica capitale di un Regno e la capitale di tutti
i popoli del territorio italiano. Quello che era la città di Napoli
nei secoli d’oro, confronto e incontro di razze e popoli diversi, è
ora la città di Roma, capitale ideale per la capacità di accogliere
popoli e culture diverse".
Per coinvolgere maggiormente il
pubblico e farlo penetrare nella magia del racconto sacro e profano,
mistico e sanguigno, la mostra è stata allestita con l'aiuto di un
architetto-illuminotecnico, esperto in spettacoli teatrali, che
enfatizzi la narrazione e, soprattutto, crei la grande scena per il
Presepe Reale, autentica rappresentazione dei Popoli del Sud Italia.
Della mostra si parlerà a Nuova
Spazio Radio (88.100 MHz), nel corso dell’Intervista possibile di
"Questa è Roma", il programma ideato e condotto dalla professoressa
Maria Pia Partisani, in onda ogni domenica dalle 9.30 alle 10.30 e
interamente dedicato alla storia, all’arte e al folclore della
nostra bella città.