Fino al 22 febbraio prossimo in mostra nel Teatro di Palazzo Altemps
Il Presepe Cortese, da Caserta a Roma

di Antonio Venditti

Nel Settecento la città di Napoli, allora capitale del Regno delle Due Sicilie, conobbe il suo periodo di massimo splendore. E con lei trionfò l’espressione artistica più genuina e schietta della corte partenopea, il Presepe Reale di Re Carlo III, che partecipava personalmente alla realizzazione dei pastori coinvolgendo il suo entourage e influenzò nobili e ricchi borghesi, i cui lavori gareggiavano in spettacolarità e raffinatezza. Le statue erano modellate in terracotta dipinta, con arti in legno, corpo in stoppa e anima di fil di ferro che ne garantiva la flessibilità e permetteva di mutarne all’infinito i gesti e quindi la composizione stessa del presepe, che così era in continuo divenire, mai uguale a se stesso. La mutazione scenica è occasione per "narrare" i fatti culturali del giorno, dal ritrovamento di Pompei al rinnovato interesse per la vita del contado, ai cortei e alle feste reali o alle ambascerie tunisine. Non solo nobili, popolane, rustici e angeli e animali, ma anche le grandi bufale di Terra di Lavoro e le minuterie come cavoli, broccoli o pomodori.

Il raffinato Presepe Cortese della Reggia di Caserta rimarrà esposto nel teatro del Museo Nazionale Romano del Palazzo Altemps di Roma fino al 22 febbraio 2009, in una mostra promossa da Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Comune di Roma e Regione Campania con il coordinamento di Anna Maria Romano, la progettazione di Fabiana Capozucca, gli allestimenti di Vincenzo Russolillo per Gruppo eventi e il progetto illuminotecnica di Pepimorgia studio.

Con "Il Presepe Reale e le vestiture del popolo" è possibile ammirare l’ultimo presepe realizzato nel ‘700 prima della fine del Regno delle Due Sicilie, che riproduce le scene canoniche - la Natività e l’adorazione degli angeli, il corteo dei Magi, la taverna e il mercato – contornate da tutta l’eterogenea popolazione del Regno dell’epoca, dai rustici popolani agli opulenti orientali, fino ai raffinati mercanti decorati con ricami in argento e oro: un popolo multiculturale che si riflette nei dipinti a gouaches di Salvatore Fergola, memoria unica ed irripetibile, esposti in mostra accanto ai disegni e alle incisioni dei vestiti dell’epoca provenienti dal Museo di San Martino di Napoli e alle porcellane di Capodimonte con i costumi del Regno: la rappresentazione di un popolo diverso per lingua e cultura, ma unito sotto un unico Regno e rispettoso delle singole identità culturali. "Il successo di vendita" di tali incisioni e disegni è tanto che – ricorda Raffaello Causa ne "Il Presepe Cortese", testo fondamentale del 1980 - improvvisati editori alla macchia non esitano a scendere in concorrenza nel riprodurre quegli originali pur ricoperti del copyright reale".

Il popolo rappresentato nel Presepe e quello del Regno delle Due Sicilie, non solo di Napoli, perciò dalla Reggia di Caserta arrivano due preziosi volumi di acquetinte: il Voyage Pittoresque en Sicilie, commissionato dalla Duchessa di Berry, figlia di Francesco I di Borbone, che volle ricordare così i costumi delle Terre in cui era nata.

"Evidente che la realizzazione del presepe cortese diventa un divertissement elegante e raffinato, a cui si dedicherà lo stesso re Carlo di Borbone, spinto dal Consigliere e confessore padre Rocco, che con buone intenzioni intendeva farne uno strumento di propaganda religiosa", spiega Anna Maria Romano, della Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Lazio. "Ma questo divertimento si riscatta da raffinato esercizio di corte grazie all’eccezionale abilità dei suoi artefici. A realizzare l’eterogenea popolazione concorsero pittori, scultori, architetti, ceramisti, musicisti e sarti. Tra gli artisti di maggiore fama è citato Giuseppe Sammartino con il concorso degli allievi Salvatore di Franco, Angelo Viva ed il fratello Gennaro Sammartino. Tra gli autori di testine si ricordano gli scultori Matteo e Felice Bottiglieri, Domenico Antonio Vaccaro, Nicola Somma, Francesco Celebrano e Giuseppe Cappiello. Tra i dilettanti che concorsero alla raffinatissima produzione è Lorenzo Mosca, impiegato della Real Segreteria del Ministero della Guerra".

Straordinaria era la ricchezza degli abiti, ricamati sulla preziosa seta di S. Leucio: si pensi a quelli del principe d’Ischitella, decorati da pietre preziose. Il popolo raffigurato nelle scene del presepe è lo stesso che Hackert faceva dipingere, per volontà di re Ferdinando, nelle grandi tele dei porti. Ed è proprio all’epoca di Ferdinando di Borbone che compaiono in assoluto primo piano le figure dei popolani.

"La mostra – continua la Romano - nasce con l’intento di celebrare il Natale in uno scambio culturale tra due città, l’antica capitale di un Regno e la capitale di tutti i popoli del territorio italiano. Quello che era la città di Napoli nei secoli d’oro, confronto e incontro di razze e popoli diversi, è ora la città di Roma, capitale ideale per la capacità di accogliere popoli e culture diverse".

Per coinvolgere maggiormente il pubblico e farlo penetrare nella magia del racconto sacro e profano, mistico e sanguigno, la mostra è stata allestita con l'aiuto di un architetto-illuminotecnico, esperto in spettacoli teatrali, che enfatizzi la narrazione e, soprattutto, crei la grande scena per il Presepe Reale, autentica rappresentazione dei Popoli del Sud Italia.

Della mostra si parlerà a Nuova Spazio Radio (88.100 MHz), nel corso dell’Intervista possibile di "Questa è Roma", il programma ideato e condotto dalla professoressa Maria Pia Partisani, in onda ogni domenica dalle 9.30 alle 10.30 e interamente dedicato alla storia, all’arte e al folclore della nostra bella città.

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