Nella
seconda cappella di destra della chiesa di San Pietro in Montorio, piccolo
gioiello architettonico del Gianicolo, si trova un dipinto molto venerato, la
Madonna della Lettera. La sacra immagine, un tempo attribuita a Niccolò
Circignani, detto il Pomarancio e oggi riferita a Giovan Battista Lombardelli
(1540-92), si trovava in un’edicola appoggiata a un muro fiancheggiante la
strada che saliva al Gianicolo. Il volto dolce e pensoso della Vergine, la
fresca grazia del Bambino che con il braccio destro sembra invitare i fedeli ad
avvicinarsi, insieme all’armonia e alla bellezza della pittura, attirarono ben
presto la pietà popolare, mentre si diffondeva la voce di grazie e miracoli
ottenuti dai devoti.
Nel 1713 una religiosa che giaceva
moribonda nel vicino Monastero dei Sette Dolori venne unta con l’olio della
lampada che ardeva dinanzi all’edicola, ricevendone un’istantanea guarigione. Il
prodigio amplificò incredibilmente la fama dell’immagine, meta ormai di un
pellegrinaggio costante da tutta Roma, mentre le grazie si moltiplicavano.
Fu così che il 9 agosto del 1714
papa Clemente XI, su pressione dei fedeli, si decise a far tagliare l’affresco
dal muro originario e a farlo trasportare con tutti gli onori nella chiesa di
San Pietro in Montorio.
A quanto sembra, la Vergine sembrò
gradire la nuova e più consona collocazione, prodigando tutta una serie di nuove
grazie, al punto che il 2 maggio del 1717, alla presenza del Sommo Pontefice e
di dodici Cardinali, il Capitolo Vaticano volle porre sulle teste della Madre e
del Bambino due corone d’oro, dono del principe Santacroce.
La Madonna della Lettera è molto
venerata a Messina, a cui è legata da una pia tradizione. Gli abitanti della
città siciliana, convertiti da San Paolo, avrebbero chiesto all’Apostolo delle
genti di poter conoscere Maria, la Madre di Gesù, cui mandarono alcuni
ambasciatori. La delegazione tornò a Messina l’8 settembre del 42 portando una
lettera scritta in ebraico, in cui la Madonna invocava la protezione celeste sui
messinesi e sulla città, di cui voleva essere perpetua protettrice. La missiva,
legata con una ciocca di capelli della Vergine, sarebbe stata nascosta con cura
dal Senato Messinese durante le persecuzioni degli imperatori Diocleziano e
Massimino e fu ritrovata nell’archivio pubblico solo nel 430, secondo la
testimonianza dello storico del V secolo Flavio Lucio Destro. Il documento, che
suscitò le gelosie delle altre città siciliane che ne contestavano
l’autenticità, sparì dai forzieri del Duomo di Messina, forse durante uno degli
spaventosi terremoti che colpirono la città, e se ne perse ogni traccia.
Non per questo si è affievolita la
devozione alla Madonna della Lettera, la cui festa è celebrata dai romani, come
dai messinesi, l’ultima domenica di agosto.