Palazzo
Spada è un maestoso edificio cinquecentesco a piazza Capodiferro, nel rione
Regola, poco distante da piazza Farnese. Oggi è sede del Consiglio di Stato, ma
la splendida collezione di pittura del cardinale Bernardino Spada, comprendente
opere di Tiziano e Guido Reni, è aperta al pubblico. Il colto prelato aveva
acquistato il Palazzo nel 1632, incaricando Francesco Borromini di modificarlo
secondo il gusto della nascente arte barocca. L’artista ticinese – oltre a
trasformare lo scalone interno e a realizzare due scale a chiocciola verso il
giardino - vi lasciò un tocco del suo genio, un capolavoro che non smette di
suscitare ammirazione in chiunque lo veda: si tratta della famosa Galleria
Prospettica del cortile, lunga appena 8 metri e 82 centimetri, ma che sembra
avere una profondità di 35 metri. Il Borromini la costruì in circa un anno, dal
1652 al 1653, con l’aiuto del matematico agostiniano Giovanni Maria da Bitonto.
Lo straordinario effetto è frutto
di precisi calcoli e abili accorgimenti. Innanzi tutto, le colonne doriche non
procedono parallelamente, ma convergono verso un unico punto di fuga. La loro
altezza diminuisce progressivamente andando verso il fondo, mentre il pavimento
coperto da un mosaico a finti quadrati sale. Stesso discorso vale per la volta i
cui lacunari si restringono e tendono verso il medesimo punto. Un fondale
dipinto con una rigogliosa vegetazione non faceva che accentuare la dimensione
prospettica dell’insieme. Attualmente alla fine della galleria è la copia della
statuetta di epoca romana raffigurante un guerriero, che vi era stata collocata
nel 1861 dal principe Clemente Spada: un altro inganno per i sensi dello
spettatore, dal momento che la scultura sembra a grandezza naturale, mentre in
effetti è alta appena 60 centimetri.
La galleria, che un accurato
restauro ha restituito allo splendore originario, sta a testimoniare il profondo
interesse del cardinale Spada per i giochi prospettici, dimostrato fino dal
1635, quando aveva incaricato i bolognesi Agostino Mitelli e Michelangelo
Colonna di realizzare prospettive illusionistiche nel Salone di Pompeo del
palazzo. La stessa galleria borrominiana era stata preceduta, nel 1642, da una
veduta dello stesso soggetto, dipinta sulla fronte del muro di cinta dal
modenese Giovanni Battista Magni.