Traffico, divieti, permessi speciali e contachilometri nell’antica Roma

C’è un carro da spostare: è delle Vestali!

di Annalisa Venditti

Il problema del traffico a Roma ha origini antiche. Un’attestazione importante del fenomeno è offerta dalla Lex Iulia municipalis del 45 a.c. in cui venne strutturata una strategia per contrastarlo. In base a questa normativa, non si potevano usare o condurre carri nelle vie della città dal sorgere del sole fino alla decima ora, corrispondente alle 16.00 – 17.00 del nostro orologio. Se da un lato in questo modo si contrastavano nelle ore diurne ingorghi e traffici molesti per il quieto svolgimento della vita cittadina, dall’altro il provvedimento rendeva le notti dell’Urbe particolarmente rumorose. E lo sapevano bene i malcapitati che avevano la ventura di trovarsi a vivere vicino alle strade principali: lo strepitio dei carri e il vociare dei conducenti non conciliava di certo il loro sonno.

Come accade ancor oggi, alcuni privilegiati potevano usufruire di un permesso speciale. Nelle ore proibite avevano la possibilità di muoversi nelle strade cittadine i carri impegnati nella costruzione di opere pubbliche, il veicolo delle vergini Vestali, quello del Rex sacrorum, dei sacerdoti Flamini, ma anche il carro del condottiero trionfatore, quelli da corsa nel giorno in cui era indetta una gara, quelli del circo in occasione dello spettacolo e quelli per il trasporto di immondizie, chiamati "plostra stercoraria". I rifiuti nell’antica Roma non venivano ritirati a domicilio e gli edili "viis purgandi" raccoglievano nelle strade sporcizia di ogni sorta: dagli scarti di origine domestica, gettati spesso liberamente, allo sterco degli animali e alle carcasse di quelli morti. Nelle strade della capitale dell’Impero c’era sempre un gran da fare. Sotto i portici la folla dei venditori ambulanti era così pressante che l’imperatore Domiziano (81-96 d.C.) proibì con un editto l’occupazione del suolo pubblico. "Barbieri, osti, beccai e cuochi – sentenziava soddisfatto il poeta Marziale – stanno adesso davanti alla loro soglia. Ora Roma è Roma: prima era tutta una bottega".

Per quel riguarda i trasporti c’è da ricordare un fatto piuttosto interessante: pare che i romani facessero uso di uno strumento molto simile a un moderno contachilometri, chiamato odometro. Di questo misuratore non è mai stata ritrovata una testimonianza archeologica, ma grazie alle fonti antiche è stata possibile una ricostruzione. L’odometro viene infatti descritto da Vitruvio e da Erone Alessandrino. Sappiamo che era un meccanismo a ingranaggio, applicato a un asse del carro, che faceva cadere un sassolino o una biglia di metallo in un contenitore ogni 400 giri di ruota, pari ad un miglio (circa 1 km e mezzo). Alla fine del viaggio, contando i sassolini, si poteva sapere quante miglia era stato lungo il tragitto.

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