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Il suo monumento seicentesco è nel Battistero di Santa Maria Maggiore

Uno sventurato ambasciatore del Congo

di Cinzia Dal Maso

 

Nel Battistero di Santa Maria Maggiore, costruito nel 1605 da Flaminio Ponzio e ricco di memorie storiche e artistiche, si può ammirare un monumento davvero originale e suggestivo. Si tratta della Memoria funebre del Marchese Antonio Emanuele Funta,soprannominato "Il Nigrita" per il colore della sua pelle, ambasciatore del re del Congo  Alvarez II presso il Pontefice.

Per molto tempo il monumento fu attribuito a Gian Lorenzo Bernini, la cui tomba, per inciso, si trova a pochi metri dalla Cappella, presso l’altare maggiore della Basilica. A realizzare la straordinaria opera fu invece Francesco Caporale, nel 1629, che utilizzò per il volto e la veste del diplomatico un pregiato porfido nero, in forte contrasto con il marmo giallo del mantello e della faretra colma di frecce che si intravede dietro la schiena. Per accentuare il contrasto, il resto del monumento è in marmo bianchissimo, lo stesso che dà risalto agli occhi.

Il povero "Nigrita" era stato inviato a Roma da Mpangu-a-Nimi-a-Lukeni, detto Alvarez II, nel 1604, per ottenere dal Pontefice una spedizione missionaria in Congo, che in quell’epoca estendeva il suo dominio anche su una parte dell’Angola, ma durante il viaggio la sua nave venne assalita dai pirati. L’ambasciatore riuscì fortunosamente a riparare in Spagna, dove però fu derubato di tutti i viveri e i bagagli. Fu costretto a rimanere in terra iberica per ben tre anni, conducendo una vita grama e priva di sostentamenti che ne minò irrimediabilmente la salute.

Quando, il 3 gennaio del 1608, poté finalmente arrivare a Roma, il pontefice Paolo V organizzò grandi festeggiamenti in suo onore, annunciando persino un giorno di festa nazionale. Ma lo stato di salute del povero congolese era ormai veramente precario. Il Papa lo ospitò in Vaticano, affidandolo alle cure dei suoi medici personali e recandosi più volte a fargli visita. Fu tutto vano: nella notte tra il 5 e il 6 gennaio il poveretto spirò, proprio alla vigilia della festa. Non restò che utilizzare tutto l’apparato dei festeggiamenti per il suo funerale. Il triste corteo uscì dal Vaticano e si snodò per le strade di Roma fino a raggiungere Santa Maria Maggiore, dove la salma fu tumulata nella Cappella Paolina, in una tomba provvisoria. Solo nel 1629 fu trasferita dove si trova tuttora: ecco perché l’epigrafe reca il nome del Pontefice dell’epoca, Urbano VIII.

L’episodio è stato recentemente ricordato con una Mostra documentaria tenutasi a Luanda, alla quale hanno concesso l’Alto Patrocinio i Presidenti della Repubblica Italiana e della Repubblica di Angola.

 

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