Il terreno su cui
sorse Roma era molto boscoso e i sette colli erano distinti da diverse specie
d’alberi, che talvolta diedero loro il nome. Il Celio veniva chiamato
Querquetulanus dalla sua foresta di querce; il monte Oppio veniva detto
Fagutalis dai suoi faggi e il Viminale era il colle delle canne (vimina).
Gli allori dell’Aventino furono ricordati fino alla fine dell’Impero nelle
strade dette Lauretum Maius e Lauretum
Minus.
La valle fra
l’Aventino e il Palatino sembra derivasse il suo appellativo di Murtia
dal mirtillo che prosperava attorno al tabernacolo di Venere Murtea. La parte
meridionale di Trastevere era detta campo Codetano dal suo equisetum arvense
(codeta) o coda cavallina, una pianta erbacea perenne dalle spiccate
proprietà medicinali. Man mano che la città cresceva, le foreste andavano
sparendo, ma il loro ricordo era conservato da un gruppo di alberi, tenuti in
grande venerazione, cui venivano offerti sacrifici.
Vista la natura
silvestre del suolo romano, non deve stupire se una delle prime divinità
venerate dagli abitanti dei sette colli fu proprio Fauno, che si credeva
elargisse la sue profezie grazie a una misteriosa voce udibile solo nel silenzio
dei boschi. In grande onore era tenuta anche la Bona Dea, considerata la sposa
di Fauno.
Il protettore
degli alberi e delle macchie, soprattutto di pini e di cipressi, era Silvano,
chiamato anche Dendrophorus, il portatore di albero.
Famoso era il
Bosco degli Arvali, i sacerdoti della Dea Dia, una divinità arcaica protettrice
della terra e delle messi.
I boschi
consacrati a una divinità si dicevano luci ed erano protetti da severe
leggi che comminavano persino la pena capitale a chi osasse deturparli. Su una
piccola altura alla Caffarella, di fronte alla chiesa di S. Urbano, si
conservano ancora tre lecci, memoria del sacro bosco nei pressi della grotta
della Ninfa Egeria, divinità connessa con le acque sorgive e il parto, che
secondo la leggenda si incontrava qui con il re Numa Pompilio per dispensargli
le sue grazie e i suoi consigli.
Agretti e
Visconti, nel 1838, hanno disegnato una grande mappa dei boschi sacri
dell’antica Roma, indicandone ben quarantotto, anche se l’esistenza di alcuni di
loro non è ben documentata. Di certo, alla fine dell’Impero ne esistevano ancora
venti o venticinque.
Degli antichi
alberi dei sette colli si parlerà a "Questa è Roma!", la trasmissione ideata e
condotta da Maria Pia Partisani, in onda ogni domenica mattina, dalle 9.30 alle
10.30, su Nuova Spazio Radio (88.150 MHz).