Il volto enigmatico e severo di un
frate domenicano emerge dallo sfondo scurissimo della tela e sembra fissarci con
espressione indagatrice. Le sopracciglia aggrottate, le labbra serrate, un
vistoso neo sulla guancia sinistra, la folta capigliatura, profonde rughe a
tradire una lacerante sofferenza: così ci accoglie il ritratto di Tommaso
Campanella nella grande mostra dedicata a Francesco Cozza, pittore calabrese del
Seicento, a Palazzo Venezia fino al prossimo 13 gennaio. Attualmente il dipinto,
appartenente dalla Collezione Caetani di Sermoneta, risulta essere l’unico
sopravvissuto della produzione ritrattistica del Cozza, se si esclude quello
della prima moglie Francesca Faggioli, sebbene le fonti forniscano ampia
testimonianza dell’attività del pittore come ritrattista.
L’opera risulta attribuita al
pittore in molte antiche fonti calabresi e negli studi moderni di iconografia
campanelliana. In particolare, il seicentesco Domenico Martire ne ricorda la
donazione "all’eccellentissima casa Gaetana" da parte di Antonio Papa, futuro
vescovo di San Marco Argentario.
La realizzazione del dipinto è
stata giudicata precoce nella produzione di Cozza, cioè precedente alla sua
adesione ai portati stilistici e formali del Domenichino. Si tratta della più
antica raffigurazione del frate domenicano ed è improntata a un profondo
naturalismo di eredità caravaggesca. Probabilmente fu realizzata poco dopo
l’arrivo di Cozza a Roma, tra il 1630 e il 1631 ed è sicuramente contemporanea
alla presenza del filosofo nella città, poiché ne riprende i tratti direttamente
dal vivo. Tommaso Campanella giunse a Roma nel 1626, dopo la prigionia, e qui fu
accolto dal circolo papale barberiniano che lo avrebbe aiutato di nuovo a
trasferirsi in Francia dopo il 1634. Il dipinto potrebbe quindi collocarsi in
ambito barberiniano, ipotesi giustificata dalla presenza di un analogo ritratto
nella collezione di Cassiano Dal Pozzo.
Nella parte bassa del dipinto, un
cartiglio recita: "P. Fr. Magister Thomas Campanella Calaber a Stylo /
Squillacen. Dioces. Ordinis Predicatorum, ob miram / Sapientiam in omnia
Scientiarium genere, portentum / natura nuncupatus Obijt Parijs 24
Nouembris 1639 / Aetatis sua annorum 63".
La mostra "Francesco Cozza
1605-1682. Un calabrese a Roma tra Classicismo e Barocco", ospitata presso la
Sala Regia e la Sala delle Battaglie di Palazzo Venezia, è promossa dal
Ministero per i Beni e le Attività Culturali, dal Comitato Nazionale per le
celebrazioni del IV centenario della nascita dell’artista, dal Comitato
Nazionale per le celebrazioni del III centenario della morte di Mattia Preti, e
organizzata dalla Soprintendenza per il Patrimonio Storico Artistico ed
Etnoantropologico del Lazio, diretta da Rossella Vodret, dalla Soprintendente
del Polo Museale Romano e realizzata con il sostegno dell’Assessorato alla
cultura della Regione Calabria.
L’esposizione, a cura di Claudio
Strinati, Rossella Vodret e Giorgio Leone, si impone di mettere in luce l’opera
del pittore calabrese, attraverso ventidue opere certe - firmate, documentate,
citate dalle fonti antiche, e incontestabilmente attribuite - in modo da poter
mettere in evidenza con più facilità il suo stile e il reale apporto dato al
variegato panorama artistico romano seicentesco.
Francesco Cozza, nato in Calabria,
si trasferisce a Roma, dove frequenta la fiorente bottega del Domenichino,
celebre pittore del quale fu allievo e collaboratore, assimilandone come tratti
distintivi i caratteri stilistici del classicismo bolognese. Dai documenti
studiati per questa occasione emergono alcuni momenti fondamentali della
formazione artistica del pittore calabrese, definito dallo storico Giovan
Battista Passeri "intelligente e studioso". Nel 1631 la sua presenza è attestata
negli "stati delle anime" della parrocchia di S. Andrea delle Fratte, retta dai
padri Minimi di san Francesco di Paola che, secondo una tradizione consolidata,
offrivano ospitalità e appoggio ai corregionali del loro Santo fondatore.
Abbiamo altre testimonianze certe del pittore presso l’Accademia di San Luca nel
1634 e quella del 1648, invece, quando viene accettato nella Congregazione dei
Virtuosi del Pantheon, tenendo rapporti con gli altri calabresi lì presenti tra
i quali certamente Gregorio Preti, fratello di Mattia, anche lui membro della
stessa istituzione. Tra il 1637 e il 1641, Francesco Cozza soggiorna a Napoli,
città nella quale si trasferisce al seguito del Domenichino. Tra i suoi
capolavori realizza tra il 1658 e il 1659 gli affreschi nella "Stanza del fuoco"
nel Palazzo Doria Pamphilij a Valmontone. Una decina di anni dopo dipinge gli
affreschi del Collegio Innocenziano a Piazza Navona. L’artista redige il suo
testamento il 9 gennaio 1682 e muore quattro giorni dopo, il 13 gennaio 1682.
Le opere presenti provengono da
tutt’Italia. Particolarmente notevoli, le bellissime tele raffiguranti la
Madonna del Riscatto, custodita oggi nel refettorio del Collegio Nepomuceno
di Roma, e la Madonna col bambino tra i Santi Gioacchino e Anna della
chiesa di S. Egidio a Montalcino, in provincia di Siena, nelle quali si avverte
il superamento delle posizioni classicistiche iniziali e domenichiane verso un
linguaggio più aperto agli sviluppi bolognesi e romani barocchi. Primeggia,
inoltre, il Ritrovamento di Mosè dei Pii Stabilimenti di S. Maria in
Aquiro di Roma, ambientato in un paesaggio sensibile alla poetica di Dughet e di
Salvator Rosa. Particolarmente interessante il confronto inedito tra le tre tele
raffiguranti la Fuga in Egitto, conservate rispettivamente a Roma, nel Convento
di Sant’Angelo in Pescheria e nella Cappella della Madonna di San Marco a
Palazzo Venezia, e a Molfetta.
Il catalogo, edito da Rubbettino e
interamente finanziato dall’Assessorato alla cultura della Regione Calabria,
raccoglie oltre alle opere esposte in mostra, pubblicate anche in una Guida
breve dello stesso editore, tutta la produzione artistica di Francesco Cozza
ponendosi così come una vera e propria "opera completa". E’ corredato di ampi
apparati contenenti tutti i nuovi documenti emersi dalle ricerche intraprese,
come la presentazione critica, la trascrizione e le foto a colori del trattato
sulla prospettiva scritto da Francesco Cozza e conservato nell’archivio storico
dell’Accademia Nazionale di San Luca, opera di grande interesse ancor poco
approfondita. La mostra sarà completata da un convegno che si terrà nel palazzo
Pamphilj a Valmontone a fine gennaio.