Fino al 15 aprile ospita una mostra dedicata all’Odin Teatret Nel Villino Corsini il Teatro è di casa
Immerso nel verde della Villa Pamphilj, il Villino Corsini si offre in tutta la sua sobria eleganza. Di impianto seicentesco, fu completamente rinnovato tra il 1710 e il 1711. Come si rileva da una stampa di Giambattista Piranesi e da alcune piante del 1856, l’edificio era composto da un piano terreno, un primo ed un secondo piano, quest’ultimo molto più piccolo e provvisto di un’altana centrale: un’architettura piuttosto modesta, funzionale ad una residenza di campagna, con la facciata principale abbellita da un portale sovrastato da un timpano spezzato e da una serie di tondi con busti sopra le finestre del pianterreno. Sul lato occidentale l’edificio è affiancato da un tinello rettangolare, coperto da una terrazza da cui si gode una splendida vista sulla città; un’altra piccola terrazza è posta anche sul lato orientale. Sempre nel 1711 vengono realizzati un’elegante fontana e un "cocchio" di lecci lungo il viale che porta dal Villino e al giardino dei fiori, arricchito da piante di agrumi, come voleva la raffinata moda del tempo, di gusto francese. I drammatici scontri che videro i difensori della Repubblica Romana opporsi ai francesi del generale Oudinot proprio in quest’area, arrecarono non pochi danni al complesso e gli stessi Corsini, dopo il 1949, si videro costretti a restaurarlo. Nel 1856 il Villino fu acquistato dal principe Filippo Andrea V Doria Pamphilj e annesso alla grande villa fuori Porta S. Pancrazio, per essere destinato a dimora del primogenito della famiglia. A tale scopo venne commissionato un radicale restauro ad Andrea Busiri Vici, che lo eseguì tra il 1866 e il 1869. Innanzi tutto l’architetto provvide al consolidamento statico, quindi si occupò della ristrutturazione, modificando la facciata e l’accesso dal parco. La scala interna ebbe un diverso orientamento e fu mutata la distribuzione dei vani. Furono aggiunti due torrini "per i cessi e per le scale della terrazza", mentre il prospetto verso il parco, intonacato a finta cortina, risultava scandito da bugne e lesene in "pietra arenaria di Malta" verticali, da cornici marcapiano orizzontali, da un balcone centrale e da semplici cornici alle finestre tutte uguali, in uno stile paragonato dallo stesso principe Pamphilj, a "quelli oltramontani". Il rinnovamento si estese anche al parco, con un grande viale curvilineo che parte dall’Arco dei Quattro Venti e conduce al Viale del Maglio, accompagnando la collinetta con pineta dove sorge il Villino. Nel 1876 seguitarono gli interventi sulla palazzina, con la trasformazione dell’attico in un terzo piano, sistemato definitivamente nel 1894. La sala più grande del primo piano viene destinata a "bigliardo". Tra il 1916 e il 1932 il Villino fu dato in affitto alla principessa Marija Pavlovna Demidova Abamelek Lazarev, come residenza per gli ospiti della vicina Villa Abamelek, cui fu collegata da un grande arco che scavalcava la via Aurelia, costruito nel 1915-16 e demolito in parte nel 1932 e definitivamente nel 1952. Restaurato per il Giubileo del 2000, il Villino ospita oggi la "Casa dei Teatri", con un interessante patrimonio costituito da libri, riviste, video e cdrom e dal fondo Giancarlo Sbragia, con una ricchissima collezione di libri, periodici, libretti d’opera, programmi di sala, copioni, comprendente 12.000 manifesti e locandine a testimonianza dell’attività di numerose compagnie teatrali, 2.500 tra copioni e programmi di sala, riviste specializzate e più di 7.000 libri, alcuni dei quali con dediche autografe. La presenza di collezioni speciali originali e di spazi per mostre, incontri e proiezioni nel Villino, fanno della Casa dei Teatri una struttura unica nel panorama romano, un luogo di incontro ed elaborazione, anche per giovani artisti. Fino al 15 aprile la struttura accoglie la mostra "Odin Teatret. Immagini di un’avventura teatrale", curata da Piera Storari e Silvia Ruffini della Biblioteca di Area delle Arti-Sezione Spettacolo Lino Miccichè dell’Università Roma Tre e promossa dall’Assessorato alle Politiche Culturali del Comune di Roma, dall’ETI-Ente Teatrale Italiano, dalle Biblioteche di Roma e dall’Università Roma Tre, d’intesa con il Municipio Roma XVI, in collaborazione con Zètema Progetto Cultura e Roma Multiservizi. Il materiale esposto proviene dalla selezione di un cospicuo fondo della Biblioteca di Area delle Arti – Sezione Spettacolo Lino Miccichè dell’Università Roma Tre ed illustra il lungo percorso del celebre gruppo teatrale fondato a Oslo da Eugenio Barba nel 1964, che nel 2007 compie 43 anni, attraverso le immagini dei poster dalla straordinaria pregnanza figurativa, una modulazione cromatica e del segno che a volte esalta il particolare mentre in altre evidenzia una composizione pittorica densissima di matericità e vita. Grazie ad una grande libertà compositiva e alla sapiente architettura dei suoi prestigiosi autori, tra cui Peter Bysted e Marco Donati, tutti i manifesti evocano gli elementi chiave dell’evento cui sono dedicati, dall’alchimia de Il Vangelo di Oxhyrincus, alla filigrana metafisica di Talabot. I programmi di sala testimoniano in modo tangibile la cura, l’interesse, l’amore dell’Odin per lo spettacolo e per tutto ciò che gravita intorno ad esso e sono pensati come un supporto per la memoria dello spettacolo, non per vedere meglio ma soprattutto per rivedere. Arricchiscono la mostra gli scatti fotografici di Tony D’Urso, autore pugliese che ha cominciato a collaborare con l'Odin dal 1972. Accompagnano il racconto delle immagini quattro workshop raccolti sotto l’emblematico titolo "Video a memoria": incontri con alcuni testimoni/protagonisti della straordinaria esperienza umana e artistica dell’Odin. Dopo "Il teatro che mi piace", presentato il giorno dell’inaugurazione della mostra da Franco Ruffini, storico del teatro, docente del Dams dell’Università Roma Tre, domani dalle 15.30 sarà la volta di Mirella Schino, storico del teatro, docente del Dams dell’Università dell’Aquila, con "Il primo spettacolo". Seguiranno "Dentro l’Odin Teatret" (4 aprile 2007, dalle 15.30, con Ferdinando Taviani, storico del teatro, del Dams dell’Università dell’Aquila) e "Immagini sulla retina" (11 aprile, dalle 15.30), con Clelia Falletti, storico del teatro, del dipartimento dello spettacolo dell’Università La Sapienza di Roma.
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