La melodia nell’arte di Mauro Masi,
pittore lucano a Roma
C’è un pittore a Roma che ha ancora la voglia e
l’entusiasmo di dirti una disarmante verità: "l’arte è una scintilla e te la
porti dentro". Parole pronunciate con il sorriso, quello vero, di chi ha
conosciuto giovanissimo i rigori della seconda guerra mondiale: la fame, la
malattia, il freddo dei campi di concentramento. Ma nel suo sorriso c’è
soprattutto l’amore che soltanto un’intera vita dedicata all’arte può darti. Si
chiama Mauro Masi, classe 1920, un lucano dal forte temperamento che ha fatto
della sua casa nel quartiere di Torpignattara uno studio-laboratorio sempre in
fermento.
Masi non ama il linguaggio complicato dei critici
d’arte, gli intellettualismi inutili, le parole difficili e incomprensibili.
Parla del significato dei segni, dell’importanza del disegno e della struttura
in una composizione. Richiama l’attenzione sullo studio della luce. Non lo fa
con arroganza, ma con la schiettezza di chi ama il vero, la misura, la
riflessione sincera, l’analisi attenta dei particolari.
I quadri di Masi, a olio e acquerello, raccontano
la sua vita, la personale interpretazione della forma e del colore, la volontà
continua e incessante di sperimentare. E posseggono la magia che solo le tele di
alcuni artisti hanno: quella di trascinarti dentro le loro composizioni,
annullando lo spazio che divide chi guarda dall’opera stessa.
Alcuni paesaggi sono realizzati sulla tela di
sacco e il colore penetra all’interno, creando un particolare effetto materico,
ogni volta irripetibile.
Negli acquerelli colpiscono quelle piccole case
che si intravedono sul fondo di montagne scolpite dal tempo. Tra gli alberi
dalle fronde corpose è la vita dell’uomo, scandita dai ritmi lenti delle
stagioni: la semina, la maturazione, il raccolto. Le figure, massicce e
squadrate, sono piene del carisma e dell’espressività del Sud. Così le sue
contadine e i suoi contadini, calati in una natura dal carattere indomito come
quella di certi paesaggi lucani, intonano un poetico inno alla terra. Il
riferimento alla musica non è casuale. Il ritmo che Masi impone alle sue
composizioni ha affinità con l’andamento melodico. La tela è lo "spartito" del
suo pentagramma in cui il colore dà la forma e la forma rimanda al concetto.
Solo dopo averla osservata con attenzione ti
accorgi che l’arte di Masi è un "sogno" illuminato dal sole e dagli straordinari
colori della realtà.
Il pennello della sua tavolozza affonda generoso
negli ocra dorati, nei marroni della terra, nel verde delle fronde che si
tramuta nell’azzurro del cielo, o nel rosso che sormonta i tetti delle piccole
case. La visione che offre a chi guarda è di un immediato movimento: che sia
vento, agitarsi di vita, non è dato saperlo. Ritornano alla mente alcuni quadri
di Chagall. Ma lì il sogno, meraviglioso e funambolico è dell’artista, qui il
pittore, terreno e legato alla storia ancestrale della natura, invita chi guarda
alla condivisione. Così è in "Prometeo", opera realizzata da Masi per il
decennale della fondazione dell’Università della Basilicata.
"Mi sembrò naturale avere un punto di partenza
centrale – spiega l’artista -
e perciò catalizzatore. Mi accadde di trovarlo
nella mitica figura del Prometeo, simbolo dell'aspirazione dell'uomo alla
conoscenza, in modo che, da quel punto e intorno ad esso, ruotassero i simboli
delle due diverse epoche oggetto della narrazione. Intendo riferirmi ai diversi
episodi raffigurati: l'aratura, la messe, l'interno, i simboli delle stagioni
con un punto centrale rappresentato dalla presenza del magico. Poi, con
l'immagine del tempio greco, la processione, la mano dell'uomo, il fiore, la
terra, quindi il passaggio al lavoro meccanico, alla costruzione della città ed
i volti degli uomini del nuovo status. Dall'altro lato del pannello i simboli
della scienza e, legati a questi, i camini dell'industria, i solchi delle
autostrade e, tra i fumi, il nero uccellaccio che fa da contraltare alla bianca
colomba che vola, simbolo di speranza".
di Annalisa Venditti
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