Castel
Gandolfo appare ambientalmente predisposto ad accogliere grandiose residenze
nobili. Ed è proprio il lago Albano che ha determinato, fin dai tempi più
antichi, il sorgere, dapprima lungo le sue adiacenze, di numerose e splendide
ville, volute dai Romani facoltosi per l’incantevole paesaggio, per le ricche
sorgenti e per il clima salubre.
Il riassetto urbanistico di Castel
Gandolfo, ordinato nel 1660 da Alessandro VII (1655-1667), fu seguito dalla
costruzione delle magnifiche ville della nobiltà romana, progettate in modo
grandioso e con i parchi estesi lungo tutto il versante del bordo lacustre fino
alla via Appia.
Villa Albani fu voluta dal
cardinale Alessandro Albani, le cui prime villeggiature a Castel Gandolfo sono
da ricollegare a quelle dello zio, il pontefice Clemente XI (1700-1721). Il
palazzo, costruito da un grande corpo cubico si trova a un livello inferiore
rispetto al piano stradale. La facciata principale, a monte, divisa da lesene,
presenta soltanto due piani sulla via, con la quale è messa in comunicazione da
un ponte che parte proprio dall’ingresso. I piani inferiori, sotto il livello
stradale, si aprono invece su un cortile interno. Tra le numerose finestre,
caratteristiche sono le due che fiancheggiano il portale, perché sormontate da
un doppio timpano con lo stemma della famiglia Albani.
Nell’atrio, con volta a
padiglione, è una scala a lumaca di grandi dimensioni, con volta a botte
ribassata. Al piano nobile, la sala dei ricevimenti è decorata con pitture,
mentre al piano successivo alcune stanze presentano gli originari pavimenti in
maiolica.
Il prospetto a valle rivela
chiaramente la notevole altezza dell’edificio, che termina con una
sopraelevazione centrale raccordata al tetto da due volute. Nulla resta delle
due logge sovrapposte sul fianco meridionale del palazzo. Perduto è anche il
giardino.
Uno dei migliori esempi di stile
neoclassico nella campagna romana è costituito dal palazzo di Villa Carolina,
che, in precedenza della famiglia Giustiniani, nei primi anni del XIX sec.,
divenne proprietà del duca Giovanni Torlonia. I lavori di ristrutturazione
furono intrapresi da Carlo, terzogenito del duca Giovanni, da cui la Villa
trasse la denominazione. L’edificio, a sviluppo orizzontale, presenta la
facciata posteriore sulla strada. Il prospetto principale, rivolto verso il
giardino, è occupato al centro da un portico esastilo, dorico, su cui poggia una
terrazza scandita nella parete di fondo da altrettante colonne di ordine ionico
su cui poggia un timpano triangolare con al centro un bassorilievo di marmo con
Apollo che suona la lira tra i pastori, opera del Thorvaldsen.
Nel vestibolo sono stucchi
rappresentanti Le Quattro Stagioni, I Quattro Elementi, il Giorno e la Notte,
opera del Raimondi che ha lavorato anche nella stanza da pranzo con
decorazioni a stucco. L’interno presenta alcune stanze affrescate con temi
allegorici. Vi operarono Pietro Gagliardi, che ha dipinto Apollo con le Ore
che gli danzano intorno, Pietro Paoletti da Belluno, autore della Diana
che presiede ai giochi delle ninfe, Francesco Coghetti da Bergamo a cui si
deve la quasi totalità delle pitture della stanza delle conversazioni, il romano
Alessandro Capalti, che nella sala da pranzo dipinse Mercurio e le Grazie
e sopra le porte Le quattro Parti del Mondo. Al Morani si riferiscono
alcune pitture della cappella. Sono da ricordare, inoltre, la decorazione del
Nebbia e di Lorenzo Scarabellotto.
A squadra con il palazzo, in
prossimità dell’ingresso principale del vasto parco, si trova un edificio a
pianta allungata con sopra le porte due iscrizioni esaltanti la vita di
campagna. Nel ripiano sottostante il fianco destro del casino è un giardino con
balaustra ed una piccola gradinata per assistere al gioco della palla.
Sulla via Ercolano è la cosiddetta
Villa dei Gesuiti che, per la disposizione interna, è inseribile tra le
ville-convento della regione laziale.
E’ quasi certo che fu il cardinale
Ludovico Ludovisi, nipote di Gregorio XV (1621-1623), a volerne la
realizzazione. Divenne proprietà dei Gesuiti, quasi certamente tra il 1644 e il
1681, data dell’elezione e della morte del Generale della Compagnia, Gian Paolo
Oliva, che effettuò la donazione. Ampliata dal padre Centurioni, la Villa nel
1773 venne incorporata dalla Camera Apostolica, che il 24 gennaio dell’anno
successivo la vendé a Lorenzo Marzelli, pasticcere a Roma, che la diede in
affitto all’antiquario inglese Tommaso Jenkins, che ne fece un centro per
artisti. La Camera Apostolica ne ritornò in possesso nel 1802 per rivenderla nel
1803 a Giuseppe Giorgi, che la tenne per tredici anni. Passò a Carlo Torlonia
nel 1943, dopo essere stata acquistata nel 1816 dal Duca Giovanni Torlonia per
conto della famiglia Boncompagni. Alessandro Torlonia nel 1875 la concesse ai
Gesuiti per la villeggiatura dei novizi del collegio di Roma.
Il complesso edilizio risulta
formato da due grandi costruzioni cubiche comunicanti mediante un fabbricato
trasverso. La parte più antica è quella a meridione, meglio conosciuta come «Ala
del Cardinale». Dell’immenso parco non resta più nulla, perché divorato dagli
edifici della città di Albano.
Infine, tra gli organismi
complessi presenti a Castel Gandolfo è inseribile villa S. Caterina. In origine
il Palazzo, costruito dagli Orsini verso la metà del Seicento, era a squadra,
fiancheggiato da un edificio di minori dimensioni. Come ricorda un’iscrizione
posta nell’atrio, nel 1830 Domenico Orsini vi fece operare una serie di
trasformazioni che portarono ad un radicale mutamento della pianta. L’edificio
risultò così formato da due corpi di fabbrica principali, di differente
ampiezza, uniti da un terzo di forma allungata. La facciata principale, rivolta
a valle, presenta due avancorpi laterali con diverso sviluppo in larghezza e in
profondità. In una sala del piano terra e nel cortile coperto si possono
osservare finte architetture dipinte in affresco. All’interno vi sono poi due
cappelle, costruite, però, in tempi moderni.
La Villa fu acquistata nel 1899
dal vescovo O’ Connel per il Pontificium North American College.