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Il Tempio di Giunone domina l’area degli scavi

L’antica città di Gabii, sull’orlo di un cratere

di Antonio Venditti

L’area lacustre di Gabii-Castiglione sta per diventare un Parco archeologico e paesaggistico, dotato di percorsi storici attrezzati per la fruizione turistica.

In epoca romana Gabii era collegata a Roma dalla Prenestina, la meglio conservata delle antiche strade consolari, che, dopo essere uscita dalla Porta Maggiore, si snoda per lunghi tratti ancora con il basolato originale, affiancata da ricchi sepolcri.

Molti romani facoltosi amarono costruire le loro residenze lungo il tracciato della Prenestina: le fonti ricordano le ville di Cesare, Augusto, Tiberio, Plinio il Giovane ed Adriano.

Famosa fu la villa dei Gordiani, gli imperatori del III sec.d.C., che sembra potesse competere per ricchezza ed estensione con quella di Adriano a Tivoli. Oltre agli edifici di residenza, era dotata di tre basiliche, lussuose terme e un peristilio di duecento colonne di marmo pregiato. Qualcuno ha voluto attribuirle i resti sparsi all'interno del parco detto appunto dei Gordiani.

Purtroppo molto rovinato è uno dei monumenti più insigni della via, la Tor Tre Teste, costruita nel XII secolo su antichi resti con scaglie di basolato romano. Deve il suo nome ad un monumento funerario con i ritratti di tre defunti inserito nella struttura muraria. A breve distanza dalla torre sorgeva il sepolcro di Lucio Cornelio, architetto di Lutazio Catulo, distrutto poche decine di anni fa per far posto a un'anonima piazzetta.

Gli amanti delle curiosità non possono trascurare una visita alle Grotte di Cervara, profonde cave di tufo di epoca romana, utilizzate nei secoli passati dagli artisti stranieri residenti a Roma come stravagante cornice di animatissime feste di Carnevale, rigorosamente in costume.

Al IX miglio la strada era tagliata da un corso d'acqua, per scavalcare il quale venne costruito il Ponte, detto appunto di Nona, tuttora conservato. Questa magnifica opera d'ingegneria romana del II secolo a.C. è lunga 72 metri ed alta 16, articolata in 7 arcate in opera cementizia rivestita in pietra gabina. Le chiavi di volta sono in travertino e le testate in tufo rosso e nell'arco centrale sono inglobati i resti di un ponte più antico.

Un altro fosso che attraversava il percorso delle Prenestina era quello dell'Osa, che ha dato il nome anche ad una vecchia osteria. Nei pressi era una necropoli di Gabii, con tombe che vanno dal X - IX secolo a.C. all'età repubblicana e imperiale. I ricchi e interessantissimi corredi di epoca protostorica sono sistemati al primo piano del Museo Nazionale Romano delle Terme di Diocleziano, insieme con quelli della Necropoli di Castiglione.

La città di Gabii sorgeva lungo l'orlo di un cratere vulcanico riempito da un vasto specchio d'acqua, il Lago di Castiglione, prosciugato dalla bonifica degli anni 1889-90. Gabii venne fondata, secondo una leggenda, dai latini di Albalonga, la cui città era posta ugualmente sull'orlo di un cratere, nel luogo dell'odierna Castelgandolfo. Secondo la tradizione, Romolo e Remo sarebbero venuti a scuola a Gabii, per apprendere lettere, musica ed uso delle armi greche. La città parteggiò per Tarquinio il Superbo dopo la sua cacciata da Roma e fu con lui sconfitta nella famosa battaglia del Lago Regillo, nella quale i romani credevano di aver ricevuto l'aiuto divino dei due figli di Giove, Castore e Polluce, cui dedicarono, in segno di ringraziamento, un tempio nel Foro. In seguito Gabii fu sempre fedele a Roma, di cui costituì un avamposto per le conquiste nella valle del Sacco e dell'Aniene. Fiorente nel periodo repubblicano, la sua decadenza iniziò già nel I sec.a.C., con lo sfruttamento, nell'area stessa dell'abitato, delle cave di pietra gabina, ricercatissima dagli antichi, che la ritenevano, non a torto, refrattaria al fuoco. Lo stesso Augusto, infatti, volle che la parte posteriore del suo Foro, confinante con la Subura, quartiere malfamato in cui scoppiavano frequentemente incendi, venisse protetta ed isolata da un muro in questo materiale.

Se della città restano solo pochi avanzi delle mura e tracce delle abitazioni, abbastanza conservato è il Tempio di Giunone Gabina, poco fuori della cinta muraria, maestoso nel suo isolamento sul bordo del cratere, il più antico santuario del Lazio pervenutoci. La cella del tempio, in blocchi squadrati e sovrapposti senza calce, si conserva fino alla travatura del tetto, che era a doppio spiovente. Si trattava di un edificio periptero senza postico, con sei colonne corinzie sulla fronte e dieci sui lati. La scalinata frontale si elevava su una piattaforma di pietra, alla cui estremità era murato un anello per reggere le vittime dei sacrifici. Al centro del lato posteriore una buca, rifatta almeno tre volte, doveva ospitare l'albero sacro del santuario.

Intorno all'edificio templare si estendeva un giardino con numerose piante, circondato su tre lati da portici, sotto i quali erano ospitati altari e taberne.

Particolarmente curato era il sistema di canalizzazione e raccolta delle acque del giardino e del portico.

Il quarto lato, quello meridionale, era occupato da una struttura a forma di teatro, con dodici grandinate semicircolari, che ci rammenta l'origine sacra delle rappresentazioni teatrali, le quali per molto tempo dovettero trovare una loro giustificazione in motivi o pretesti religiosi.

Iscrizioni e frammenti architettonici provenienti dal santuario ornano oggi le piazze e le case della vicina Zagarolo.

All'esterno del santuario, depositi votivi hanno restituito un gran numero di materiali, databili dal VII al I sec.a.C., tra cui terracotte, unguentari, lucerne e ceramica comune d'impasto.

Presso il lato occidentale del recinto sacro, si sviluppava dal III sec.a.C. un'area dedicata alla Fortuna, con un piccolo sacello, un deposito di monete, armi, gioielli, terracotte e ceramiche a vernice nera, oltre a due o tre cippi offerti alla stessa divinità.

Augusto, seguendo la sua politica di restaurazione dei culti tradizionali, volle riparare il tempio e lo decorò con lastre "Campana" ed altre terracotte architettoniche, ma ormai la decadenza di Gabii era irreversibile ed a poco servirono gli abbellimenti di Adriano, che dovette aggiungere anche delle statue di marmo. La vita nel luogo divenne sempre più povera e solo le rovine del tempio continuarono per secoli a giganteggiare nella campagna a simbolo del passato splendore.

La Sovrintendenza Archeologica di Roma ha da poco effettuato lo scavo di un ampio settore dell'antica città. Ora si deve mettere in atto il progetto più ambizioso: il ripristino dell’antico lago di Gabii.

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