Vigili del fuoco nell’antica Roma

Una vita contro le fiamme e a favore dell’ordine pubblico

di Annalisa Venditti

Fu l’Imperatore Augusto nel 22 a.C. ad introdurre a Roma un vero e proprio corpo di vigili del fuoco. Inizialmente era formato da cinquecento schiavi, posti agli ordini di un magistrato edile. L’organizzazione dei "vigiles", che ben presto crebbe a sette mila elementi, era paramilitare e prevedeva una suddivisione in coorti per far sì che ogni caserma fosse responsabile di una regione, il sistema in cui era suddivisa la città. Presso viale Trastevere, di fronte alla Chiesa di San Crisogono, è ancora visitabile (su prenotazione) la caserma della VII coorte dei vigili del fuoco di Roma, a circa otto metri di profondità rispetto all’attuale piano stradale. Il comando del Corpo era affidato all’autorità del Praefectus vigilum. Tra le loro competenze, oltre a sedare i numerosi incendi che divampavano quasi naturalmente nelle strade, c’era quella di pattugliare di notte le vie dell’Urbe. Prima di Augusto lo spegnimento degli incendi era affidato a squadre di operai, finanziate da facoltosi cittadini privati che intervenendo a favore della popolazione acquisivano una crescente e solida popolarità. Quali erano gli strumenti adoperati dai vigiles nell’antica Roma? Dalle fonti sappiamo che erano muniti di secchi e pompe, ma per soffocare le fiamme si servivano di stuoie intrise di aceto. Tra i loro arnesi c’erano anche asce e picconi. I vigiles aquarii erano specializzati nella staffetta con i secchi, ai siphonarii spettava il compito di azionare le pompe.

L’argomento verrà approfondito nel corso dell’Intervista possibile di "Questa è Roma!", la trasmissione ideata da Maria Pia Partisani, in onda ogni sabato mattina, dalle 11.00 alle 12.00, su Nuova Spazio Radio (88.150 MHz).


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