La "nettezza urbana" nell’antica Roma Strade sporche e cittadini maleducati: i problemi degli spazzini di allora
"Sei davvero negligente e imprudente – ammoniva ironico il poeta Giovenale, parlando delle strade dell’antica Roma – se esci di casa per recarti a cena da qualche parte senza aver fatto prima testamento. Considera da quale altezza può precipitarti un coccio a fracassarti la testa e quanto spesso dalle finestre cadono giù vasi incrinati e rotti. Lasciano il segno persino sul selciato!". Nelle case erano in pochi a possedere rudimentali servizi igienici. La maggior parte dei cittadini espletava i propri bisogni in catinelle e contenitori. Così – continuava Giovenale - "tante volte puoi morire quante sono di notte le finestre aperte sulle strade che percorri. Fa’ gli scongiuri e spera che le finestre s’accontentino di rovesciarti sulla testa il contenuto dei loro catini". A provvedere alla pulizia delle strade erano gli edili, magistrati dello stato. Almeno dal III sec. a. C. ai loro ordini dovevano lavorare squadre di "spazzini", funzionari pubblici con l’apposito compito di "purgare" le vie della città. C’erano poi i "plostra stercoraria", i carri dell’immondizia. Circolavano nell’Urbe anche durante il giorno, nonostante il divieto di transito esteso per motivi di ordine e sicurezza a tutti gli altri mezzi. I rifiuti non venivano ritirati a domicilio e gli edili "viis purgandi" raccoglievano nelle strade sporcizia di ogni sorta: dagli scarti di origine domestica, gettati liberamente come testimonia Giovenale, allo sterco degli animali e alle carcasse di quelli morti. Spesso i più poveri terminavano i loro giorni in qualche angolo della città. I loro cadaveri potevano rimanere all’aperto fin quando gli addetti alla pulizia non avessero provveduto a rimuoverli. Nelle strade della Capitale dell’Impero c’era sempre un gran da fare. Sotto i portici la folla dei venditori ambulanti era così pressante che Domiziano (81-96 d.C.) fu costretto ad emettere un editto per proibire l’occupazione del suolo pubblico. "Barbieri, osti, beccai e cuochi – sentenziava soddisfatto il poeta Marziale – stanno adesso davanti alla loro soglia. Ora Roma è Roma: prima era tutta una bottega". Di certo esistevano le latrine pubbliche, ma l’educazione è sempre stata un dono di pochi: a quanto tramandano le fonti, anche in epoche remote. Pare ci fosse, tra i nostri progenitori, chi approfittava di luoghi appartati per espletare sul suolo pubblico i propri bisogni. E fuori le mura della città, dove il pericolo d’esser visti era minore, non era raro che questo avvenisse al riparo di una tomba. Su alcune epigrafi funerarie abbiamo trovato, aggiunte in calce per il disappunto, frasi di ammonimento contro i "minctores" e i "cacatores" (al lettore il piacere della traduzione), vere e proprie maledizioni volte a scatenare contro i profanatori le funeste ire degli dei inferi e celesti. La pulizia delle strade nell’antica Roma è stata al centro dell’Intervista possibile di "Questa è Roma!", la trasmissione ideata e condotta da Maria Pia Partisani, in onda ogni sabato mattina dalle ore 11.00 alle 12.00, su Nuova Spazio Radio (88.150 MHz). |
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