di
Annalisa Venditti
Gli
antichi Romani erano amanti del nuoto e lo praticavano sin da bambini. Questo
sport così salutare per il fisico rientrava nell’istruzione e nella formazione
personale dei giovani. Per questo di un uomo ignorante si era soliti dire senza
mezzi termini: "Non sa né leggere, né nuotare!" I nostri progenitori nuotavano
nel mare, nei fiumi e nelle piscine delle terme pubbliche e private per lo più a
stile libero, ma anche "a rana", "di fianco" e sul dorso. Due belle
rappresentazione del nuoto si possono ammirare ad Ostia Antica nei mosaici in
bianco e nero che adornano le Terme di Nettuno, costruite dall’Imperatore
Adriano e Antonino Pio nel 139 d.C. e in quelle, datate tra il I e gli inizi del
II sec. d.C., della corporazione dei Cisiarii (nella foto). Pare che
l’Imperatore Augusto si preoccupasse non solo dell’istruzione impartita a suo
nipote, ma soprattutto del modo in cui avesse imparato a nuotare. Per far sì che
i ragazzi "alle prime armi" non corressero il pericolo di annegare si utilizzava
quello che potremmo definire il prototipo della nostra ciambella. Il salvagente
nell’antica Roma poteva essere di corteccia di sughero, naturalmente
galleggiante, oppure realizzato con una sorta di cintura di giunchi intrecciati.
In alcuni casi si ricorreva agli "utres", come i Romani chiamavano le pelli di
animali gonfiate. "Nabis sine cortice", ovvero "nuoterai senza corteccia"
recitava saggiamente un proverbio per indicare il passaggio dei ragazzi
dall’infanzia all’età adulta. Ma le ciambelle salvagente venivano anche
utilizzate dai soldati quando durante le loro manovre erano costretti ad
attraversare impervi tratti di fiumi.
L’argomento è stato affrontato nel corso dell’Intervista
possibile di "Questa è Roma!", la trasmissione ideata da Maria Pia Partisani, in
onda ogni sabato mattina, dalle ore 11.00 alle 12.00, su Nuova Spazio Radio
(88.150 MHz).