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La poesia romanesca è ricca di briose descrizioni popolari

La tombola di Natale rallegra "casa nostra"

 

 

di Antonio Venditti

A Natale, il pranzo era una vera e propria kermesse gastronomica, iniziata con il tradizionale brodo di cappone con i cappelletti e proseguita con una ricca lista di portate che davano vita a un animato e tradizionale folklore domestico, facendo puntualmente onore all’antico detto: "A quel che spendi oggi non badare - Solo una volta l’anno vien Natale".

Giunto il momento di sparecchiare la tavola, in rumorosa e gioconda baraonda si prendeva di nuovo posto per giocare a tombola con grande gioia dei più piccoli che speravano in portentose vincite, ma con visibile noia dei più anziani che, appesantiti dalle pantagrueliche libagioni, avrebbero preferito fare in santa pace una ristoratrice "pennichella". Alla fine, le insistenze dei giovani vincevano la ritrosia dei vecchi che finivano per accondiscendere al loro prepotente richiamo.

I poeti dialettali hanno raccontato con i loro versi la festosa usanza della tombola natalizia, tanto che la letteratura romanesca ne fornisce numerosi esempi, ricchi di verve popolare.

Ecco come Antonio Ilardi racconta con un sonetto una tombola del 1883 in cui emerge tutta una nomenclatura popolare relativa all’estrazione dei numeri, ancor oggi in voga, seppur in minima parte: "- ‘Mbè je la famo?... Tiro?... sete pronte? / - Aspetta, famme mette armeno a sede... / - Tira piano... - Che sete sorde e tonte? / - Da sta parte nemmanco ce se vede! / - Fatte imprestà l’occhiali dar Curato! / - Stateve zitto là... perdete er fiato. / Magara tutto!... - E daje?... — Purcinella (75) / La Purce (38), li Pollastri (27), er sor Ninetto (1), / Moneta (26), Madre (52), Pena (51), Carettella (22), / Bacio (2), la Caponera (14), er Diavoletto (13), / Er Prete (28), er Fiume (81), avò, Papa Leone (58), / Zero er più vecchio (90), er Gatto (3), un bel Lampione (10) / - E’ uscito er venticinque?... — Sta in padella! / - Statece attenta... - Che ‘n se po’ arisponne? / - Tavola apparecchiata (44), la Barella (16), / Li Pidocchi (37), le Gamme delle Donne (77), / Er Frate (43), li Palloni (88), la Lanterna (54)... / - Abbasta!!! sì ‘umme sbajo è la quaterna. / - Che culo! — Cuminciamo a uprì er soffietto? / - State zitte, nun fate confusione. / - Che te fa tazza? magnete l’aietto. / - Si seguita accusi fo’ napulione. / - Tiro?... Er Natale (25)... — Mette, Crementina... / - Basta! colla medesima: cinquina! / - Daje! ... - Scànnete - è escito er trentanove? / - Sta a mollo che s’asciutta! — Gallinaccio (6), / Fratello (89) - Sta defora er dicinnove? / - Vierrà! - Cortello (41), Foco (8), Campanaccio (9), / La Pulitica sporca (39), Imbriacone (19) / - Tommola! - Je s’è aperto er chiccherone. / - Reggistra sì ciammanca quarche palla... / - Hai voja a baccajane, mò è finito... / - L’ha contate du’ vorte Rosa e Lalla / - Ma conta. — Va a contalle a tu marito. / - Storcete puro er collo faccia bella... / - E’ pagabile a vista... la cartella!"

Pietro Gibertoni, poeta vissuto tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento, dà una sua gustosa interpretazione di una "Partita a tombola", appena terminato il pranzo di Natale: "- Allora cominciate a perde’ er fiato! - / Trentuno, trenta, tretatré — E smucina!- / Cinquanta e sessantuno rivortato, / trentotto — E daje giù co’ sta trentina! / - Dieci, pulenta, ventisei Pilato... / - Tireme er ventinove, Teresina! - / - Ecchelo er ventinove - L’ha chiamato! - / - Davero? Allora, ecchela qua: cinquina! - - / Sta fermo co’ le mano. - Sei, pangiallo. - / - Ma de chi so’ sti piedi. E’ ‘na disdetta, / è ‘n’ora che me stanno a pistà un callo! - / Pietruccio, tonto già dar vino e er sonno / se sbaja co’ li piedi de Ninetta / e pista invece quelli de su nonno!".

Anche se oggi le usanze appaiono alterate e nonostante che i romani non abbiano più lo stomaco "foderato de bandone" come i progenitori dell’Ottocento, non pochi, seppur con maggiore attenzione, si lasciano sfuggire l’occasione di rimanere fedeli al pranzo di Natale, secondo le usanze gastronomiche "de casa nostra". Non ultimo, sopravvive il rito della tombola che ancor oggi si presta a momenti di allegria e a battute spiritose.

 

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