La Torre di Rebibbia

Ha dato il nome a un carcere e a un quartiere

 

 

di Cinzia Dal Maso

Il nome Rebibbia richiama subito alla mente tristi immagini di una grande prigione alla periferia di Roma. Non tutti forse sanno che sia il carcere che il quartiere circostante prendono il nome da una torre medioevale che sorge tuttora su un’altura sovrastante il fiume Aniene, sulla destra della Nomentana, all’altezza di via Benigni. Nonostante appaia mozzata, la costruzione è ben conservata. Poggia su antiche strutture di calcestruzzo di epoca romana. La parte inferiore è in selcetti, la superiore in tufelli regolari, con finestre allargate in periodo moderno e diversi ordini di fori per le impalcature lignee. Nel medioevo la località si chiamava Aguzano ed è ricordata per la prima volta in una Bolla papale del 962, come proprietà del Monastero di San Silvestro in Capite. Tenuta e “torricella” andarono nel 1487 alla chiesa di Santa Maria del Popolo, per passare, dopo il Sacco di Roma del 1527, dal Monastero di San Sisto a un tale Francesco Salomone. Il nome attuale comincia a comparire dopo il 1570, anno in cui la torre e l’annesso casale furono restaurati dal cardinale Scipione Rebiba, che fu anche presidente del Tribunale dell’Inquisizione romana.

La Torre di Rebibbia aveva una funzione di avvistamento e difesa, per la sua posizione strategica a guardia della Valle dell’Aniene e della strada che metteva in comunicazione la Nomentana con la Tiburtina.

 

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