Una storia millenaria per la dolce colomba pasquale Un simbolo di pace sulle tavole in festa
Artigianale, confezionata, mandorlata, con o senza canditi, farcita dalle creme più gustose: è la colomba, il soffice dolce della mensa pasquale. Sulle tavole imbandite a festa porta con sé il retaggio di una storia millenaria che si perde nella notte dei tempi e rinasce nel messaggio cristiano della morte e resurrezione di Gesù Cristo. Già nell’antica Grecia le colombe si veneravano come uccelli sacri alla dea dell’amore Afrodite e del suo sfortunato amante, Adone. I Romani, che alla divinità avevano dato il nome di Venere, si cibavano delle uova di colomba pensando che predisponessero alle fantasie e ai piaceri dell’amore. Secondo la medicina antica, le pacifiche colombe non producevano bile. Per gli egiziani e i cinesi il loro grande senso dell’orientamento permetteva di impiegarle nella consegna di messaggi: le colombe tornavano sempre al loro nido. Nella Bibbia la colomba, messaggera di pace, annuncia la fine del diluvio universale consegnando a Noè un ramoscello d’olivo. Lo Spirito Santo è rappresentato spesso da questa amabile creatura: così nel Battesimo di Gesù nel Giordano e nell’Annunciazione a Maria Vergine. Il "Phisiologus", una raccolta in greco composta ad Alessandria d’Egitto nel II d. C., riporta interpretazioni allegoriche e morali di diversi animali (ottima l’edizione di Giulio Einaudi Editore curata da Luigina Morini). A proposito della colomba è scritto: "ne esistono di molti e diversi colori. C’è il colore screziato, nero, bianco, rosso, giallo-oro, celeste, cinerino, dorato, miele. Ma sopra tutte primeggia la colomba rossa, che tutte le governa e pacifica, e ogni giorno riunisce nella sua colombaia anche le colombe selvatiche. E’ colui che ci redense con il suo prezioso sangue e radunò noi da popoli diversi nell'unica casa della Chiesa". Spiegando l’etimologia della parola, il "Phisiologus", testo che può essere considerato "padre" di tutti i Bestiari medievali, precisa che "la colomba selvatica viene chiamata uccello casto per i suoi costumi. Infatti si dice che una volta rimasta vedova se ne stia solitaria e non ricerchi più l’accoppiamento fisico". All’interno di una profonda metafora, carica di significati, spiega che "in India c’è un albero ambidestro, il cui frutto è straordinariamente dolce e assai gradevole. Le colombe amano molto le attrattive di questo albero, perché si ristorano con i suoi frutti e si riposano sotto la sua ombra e sono protette dai suoi rami. C’è infatti un drago crudele nemico delle colombe, e quanto le colombe temono il drago e lo fuggono, altrettanto il drago evita e teme molto l’albero, tanto che non osa avvicinarsi neppure alla sua ombra. Se l’ombra dell’albero è a destra, egli si sposta a sinistra, se invece l’ombra dell’albero è a sinistra, si sposta fuggendo a destra: le colombe, sapendo che il loro nemico drago teme l’albero e la sua ombra e non può avvicinarsi, fuggono sull’albero e gli si affidano per salvarsi dalle insidie del loro avversario, Infatti finché sono su quell’albero e si trattengono lì, il drago non può prenderle in nessun modo. Se invece ne trova qualcuna lontana anche di poco dall’albero o fuori della sua ombra, subito la ghermisce e divora". Nell’allegoria cristiana la colomba rappresenta dunque il Cristo salvatore e la schiera di fedeli che, tentati dal male, devono rifugiarsi tra le braccia della Chiesa. Così nel giorno di Pasqua, in cui si celebra il mistero della Resurrezione, un dolce ne rinnova la salvifica promessa. Ma all’esegesi biblica si affiancano le credenze popolari. Secondo una leggenda pavese, nel 572 una soffice colomba pasquale venne offerta al re longobardo Alboino, mentre riceveva l’omaggio della cittadinanza conquistata, da un astuto vecchio che in cambio del dono strappò al sovrano l’incauta promessa di "rispettare sempre le colombe". Quando al cospetto di Alboino si presentarono dodici belle fanciulle che dissero in coro di chiamarsi Colomba, il Longobardo - per mantener fede alla parola data - dovette rinunciare a qualsiasi proposito su di loro. Un dolce stratagemma aveva salvato l’onore delle giovani pavesi. |
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