Il portico aveva duecento colonne di marmi rari e pregiati

La Villa dei Gordiani sulla via Prenestina

Nel parco omonimo, campeggiano poderosi avanzi e un Mausoleo rotondo di epoca costantiniana, Tor de’ Schiavi

 

 

 

di Antonio Venditti

Intorno al III miglio della via Prenestina, da entrambi i lati della strada, si innalzano le imponenti rovine di una delle più grandi ville del suburbio romano. Qualche studioso ha avanzato l’ipotesi che si trattasse di due complessi distinti, considerando anomalo che una proprietà fosse attraversata da una pubblica via.

Molti pensano che si tratti della proprietà imperiale di cui parlava Giulio Capitolino (III o IV sec. d.) nella "Storia Augusta": "si vede ancora la villa dei Gordiani, che lo stesso Gordiano III ornò con magnificenza. E’ sulla via Prenestina e possiede un portico con duecento colonne delle quali cinquanta di cipollino, cinquanta di porfido, cinquanta di pavonazzetto, cinquanta di giallo antico, tutte di uguale misura. Nella villa ci sono tre basiliche lunghe cento piedi e tutto il resto in proporzione con un simile complesso e terme quali fuori della città di Roma non si possono trovare in nessun luogo del mondo".

I resti monumentali abbracciano un arco cronologico che va dalla tarda età repubblicana all’epoca costantiniana. Ciò non contrasta con l’attribuzione del complesso ai Gordiani - una gens che diede a Roma, tra il 238 e il 244, ben tre imperatori - dal momento che Giulio Capitolino spiega che la villa, già proprietà di famiglia, era stata solo ingrandita ed abbellita da Gordiano III. E’ naturale, poi, che una tale struttura abbia continuato ad essere usata e restaurata fino al tardo impero.

Sul lato destro della strada si notano i ruderi di una grande cisterna a pianta quadrata, di m. 21,80 per lato. Ha due piani, con sei ambienti ciascuno e la sua costruzione può essere datata intorno al II secolo d.C., anche se ci sono tracce di interventi di restauro successivi. Lungo la strada sorgevano alcune tombe, come il colombario all’angolo con via Olevano Romano, dell’inizio del I secolo d.C.

Le testimonianze più importanti, sul lato sinistro della Prenestina, sono nel Parco di Villa dei Gordiani. Due cisterne dovevano appartenere a una villa sorta in epoca repubblicana, ma abitata ancora nel III secolo, che si distingue per l’accuratezza della costruzione e del sistema di drenaggio del sottosuolo.

Il rudere più caratteristico di tutta l’area, la cui sagoma insolita si staglia ardita contro il cielo, è la cosiddetta Aula Ottagonale, un edificio di epoca romana sul quale, nel Medioevo, si è impiantata una torre. Ne resta in piedi solo la parte orientale, da cui si può facilmente risalire alla forma della costruzione più antica: all’interno, nella muratura erano ricavati dei nicchioni, alternativamente curvi e quadrangolari, uno per ciascuno degli otto lati. I nicchioni quadrangolari erano aperti e mettevano in comunicazione con ambienti esterni, mentre quelli curvi erano ornati da statue. Restano tracce di decorazioni in stucco.

La parte superiore dell’edificio da ottagonale diventava circolare, per permettere l’impianto di una cupola a tutto sesto, realizzata con un sistema comune nel II e nel III sec.: la muratura era alleggerita grazie all’inserimento di anfore di terracotta vuote. L’ambiente prendeva aria e luce da otto aperture circolari posti sul tamburo della volta in corrispondenza dei sottostanti nicchioni.

Incerta è la destinazione della sala, databile all’epoca dei Gordiani. Potrebbe essere un ninfeo, con un impianto simile a quello degli Orti Liciniani, il cosiddetto Tempio di Minerva Medica.

In epoca medioevale, quando l’edificio fu scelto per far da base ad una robusta ed alta torre che riuscisse a dominare la campagna circostante, la volta fu rinforzata da un pilastro centrale, in parte conservato. L’Aula Ottagonale era circondata da alcuni ambienti con pavimenti a mosaico, di uno dei quali resta un’abside con la volta a conchiglia.

Altro grande monumento del parco è un mausoleo rotondo, detto Tor de’ Schiavi, simile al sepolcro di Romolo sulla via Appia, studiato anche da Pirro Ligorio (1514-83) e da Giovanni Antonio Bosio (1576-1629) e raffigurato da molti pittori dell’Ottocento. Il Tomassetti ha trovato l’origine della curiosa denominazione in un documento del catasto del Collegio Capranica del 1571, da cui si evince che in quell’anno proprietario del monumento era un tale Vincenzo Rossi dello Schiavo. Il mausoleo si presenta a due piani, di cui quello inferiore, semisotterraneo, è un vasto ambiente coperto da volta a botte retta da un pilastro centrale. Sulle pareti si aprivano nicchie alternativamente semicircolari e rettangolari, nelle quali erano sistemati i sarcofagi. L’accesso al piano superiore, riservato quasi sicuramente ai riti in onore dei defunti, avveniva attraverso un pronao rettangolare, con quattro colonne sulla fronte e tre sui lati, preceduto da una scalinata.

La cupola poggia su un anello in cui si aprono finestre rotonde. Quasi completamente perduta è la sua decorazione con fregi dipinti, che prevedeva un medaglione centrale con Giove in trono con il fulmine e l’aquila ed una serie di riquadri con vari soggetti, per lo più marini.

I bolli impressi sui mattoni della costruzione, rilevati già alla fine dell’Ottocento dallo studioso inglese Thomas Ashby - nonché le caratteristiche della muratura, in gran parte di riuso - fanno datare il monumento all’età costantiniana (inizio del IV secolo). Le caratteristiche stesse dell’edificio fanno pensare ad una sepoltura per personaggi di alto rango, appartenenti alla famiglia di Costantino, imperatore che era venuto in possesso di un vastissimo territorio tra la Prenestina e la Labicana, fino al Mausoleo di Sant’Elena (Tor Pignattara).

In qualche modo collegata al mausoleo, anche se di poco posteriore, è la vicina basilica, i cui resti sono tornati alla luce nel 1960. Misura circa 67 metri per 33 ed ha la tipica forma "a circo", riscontrata in altri simili edifici, come quelli dei Santi Marcellino e Pietro sulla via Labicana, di San Lorenzo sulla Tiburtina, di S. Agnese sulla Nomentana, o di papa Marco sull’Ardeatina. Nelle basiliche circiformi le due navate laterali avvolgono quella centrale, creando una sorta di deambulatorio continuo. Tutte le costruzioni di questo tipo presentano all’interno un susseguirsi continuo di sepolture, al punto che vengono ritenute una sorta di aree cimiteriali al coperto.


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