S. Maria di Grottapinta, tempio dell’arte Il centro culturale "Cappella Orsini" fa rinascere i dipinti
Nel cuore della vecchia Roma, a due passi da piazza Farnese, una strada presenta un curioso andamento curvilineo, determinato dalle sottostanti rovine della cavea del Teatro di Pompeo: è via di Grottapinta, che deve il nome a una suggestiva chiesetta dedicata a S. Maria di Grottapinta, così chiamata per alcune pitture dell’edificio romano o per l’attiguo arco dipinto che immette su piazza del Biscione. La chiesa è ancor oggi parte integrante del complesso dell’antico Palazzo Orsini, sviluppatosi fin dall’epoca medioevale. La facciata attuale risale al restauro voluto da Virginio Orsini, duca di Bracciano, il cui stemma compare sul timpano. Nel 1876 divenne sede dell’ospizio per orfanelli di "Tata Giovanni" e rimase tale fino al 1926 quando l’istituto si trasferì. La chiesa venne sconsacrata e adibita a magazzino di legname. Nel 1986 fu affittata dal Comune di Roma a una scuola di arti applicate, l’Accademia del Superfluo, cui si affiancò lo Studio Lucifero srl, azienda che opera nel design da 18 anni. Oggi un nuovo centro culturale è venuto a condividere la prestigiosa sede: "Cappella Orsini", con una tradizione ventennale nell’organizzazione di eventi, che riesce a sfruttare nel modo più idoneo i suoi due ambienti, il piano terra di stampo chiaramente moderno e il livello superiore con le tipiche strutture di una sala rinascimentale dai caratteristici soffitti a volta. Il Centro Culturale ha iniziato la sua attività nel novembre 2004 con una mostra d’arte contemporanea dal titolo "Progetto Dafne: dal bosco sacro al villaggio globale", cui hanno fatto seguito una mostra fotografica e la seconda edizione del Progetto Dafne dal titolo "Che cos’è la sinestesia?", mostra a tema di arte contemporanea. Ora è la volta di un’esposizione da non perdere, visitabile fino al prossimo 2 novembre, "Gianbattista Tiepolo: il racconto mitologico in pittura tra Barocco e Neoclassicismo", dalla bottega d’arte alla pittura industriale, attraverso la ricostruzione, curata da Roberto Lucifero, di due cicli decorativi. In un ambiente è riproposta la decorazione del "Salone dell’Eloquenza "di Palazzo Sandi a Venezia, costituita da tre opere di Giambattista Tiepolo e da due di Niccolò Bambini. Tra i dipinti del Tiepolo, il più celebre è "Ulisse scopre Achille tra le figlie di Licomede", eseguito nel 1724-25. La copie dal Bambini (nato a Venezia nel 1651) raffigurano "Coriolano" e le "Tre Grazie". Le opere di grandi dimensioni, su tela, possono essere definite delle vere e proprie "trascrizioni pittoriche" degli originali, realizzate a partire da una sinopia monocroma in sanguigna su cui, per riprodurre la brillantezza dei colori originali, sono stati usati pigmenti puri impastandoli con una tecnica detta "a fresco simulato". Nella sala ottocentesca sono utilizzati degli originali "papier peint" provenienti dalla Francia, per il famoso paesaggio di "Telemaco all’isola di Calipso", della manifattura Dufour del 1818. |
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