Il Palazzo, in via Nazionale, fu progettato da Gaetano Kock

Prezioso l’eclettismo della Banca d’Italia

Fu ultimato nel 1903 dove era l’orto Mercurelli che riforniva di verdure gli abitanti della zona. Durante la costruzione fu rinvenuta una celebre statua di Antinoo

 

di Antonio Venditti

Dopo l’Unità, la prima sede romana della Banca Nazionale (Banca d’Italia) fu a Palazzo Lazzaroni, in via dei Barbieri. Le necessità della Capitale richiesero ben presto una sede più degna e rappresentativa. Fu scelta l’area, di circa 10 mila metri quadrati, sulla nuova via Nazionale, vicino al Quirinale e ai Ministeri di via XX Settembre, occupata dall'orto Mercurelli, un rigoglioso campo che riforniva di verdure gli abitanti della zona,

Il 19 aprile 1882 fu bandito il concorso per la sede romana della Direzione Generale della Banca Nazionale a cui parteciparono Pio Piacentini (1846-1928), architetto già affermato e vincitore del progetto del Palazzo delle Esposizioni e il giovane Gaetano Koch (1849-1910) al quale si devono tra l’altro i palazzi di Piazza Vittorio, figlio di Augusto, pittore tedesco della celebre scuola di Olevano.

La scelta non fu facile. Ambedue i progetti presentavano gusto e aderenza allo spirito eclettico del tempo. I periti nominati dall’Amministrazione, Camillo Boito e Cesare Parodi, il 3 marzo 1885 scelsero il progetto di Koch che aveva saputo meglio ottimizzare la distribuzione degli spazi interni, con una serie di ampi e razionali sale di rappresentanza e di servizio.

I lavori iniziarono l’anno successivo e terminarono nel 1892, sotto la direzione di Koch che dovette risolvere innanzitutto i notevoli dislivelli sul fronte stradale, tra via dei Serpenti e via del Mazarino e, sul retro, verso il Colosseo.

Durante gli scavi per le fondamenta furono rinvenuti i resti di abitazioni patrizie di età adrianea, un sacello dedicato a Silvano, con iscrizioni votive dell’epoca di Domiziano e il 28 maggio 1886 nei resti dell’officina medioevale di un marmorario tornò alla luce la statua di marmo greco di Antinoo, alta 2 metri e 28 centimetri, oggi nella collezione d’arte della Banca. Il giovane amato da Adriano è raffigurato in piedi. Il peso del corpo è scaricato sulla gamba sinistra, poggiata a un tronco su cui sale, con andamento spiraliforme, un tralcio di vite, che svela il carattere dionisiaco dell’opera. Il braccio sinistro, di cui si conserva solo l’attacco, doveva essere alzato, mentre il destro manca dal gomito in giù. Il bel viso dai tratti fini e severi è ombreggiato da un velo di tristezza.

La facciata principale del Palazzo fu arretrata dalla strada e, ricavando una profonda trincea tutto intorno, Koch livellò innanzitutto la platea su cui poggiare l’edificio, che poté così disporre anche di piani seminterrati, ben areati e luminosi.

Il prospetto, su via Nazionale, in travertino di Tivoli, presenta un ampio corpo centrale coronato da un cornicione su cui, originariamente, erano collocati due gruppi scultorei, di N. Cantalamessa Papotti (1831-1910), raffiguranti La Finanza, l’Economia e la Legislazione e L’Agricoltura, l’Industria e il Commercio, poi rimossi.

Nei due avancorpi, non molto pronunciati, si aprono due ingressi costituiti ciascuno da un portale a tre archi a tutto sesto su cui è sovrapposta una balconata.

L’edificio è a tre ordini; il pianterreno è a bugnato, quasi un saldissimo basamento - con infisse delle simboliche prore rostrate di navi – fino alle logge; nel piano mediano si apre una ininterrotta serie di finestre con timpano curvo, che diventa triangolare nel piano successivo. Entrambi i livelli superiori sono movimentati da un blocco centrale aggettante, scompartito da semicolonne ioniche e corinzie.

Sopra gli ampi portali sono collocati gli stemmi dei Comuni di Roma, Firenze, Torino e dei Savoia, mentre l’intero fabbricato è circondato da un fossato, ingentilito da alte palme e da artistici lampioni di ferro battuto.

Nei prospetti laterali - su via dei Serpenti e via Mazzarino - per gli aggetti decorativi si ricorse allo stucco.

All’interno il grandioso cortile d’onore è ugualmente ripartito in tre ordini, con un portico a pianterreno e finestre di disegno ispirato a motivi cinquecenteschi negli altri due piani, in cui compaiono paraste ioniche e corinzie.

Sapientissima la dislocazione degli spazi interni, con innumerevoli ambienti disposti intorno a corti, talvolta decorate, altre volte occupate funzionalmente, come nel caso del grande salone per il pubblico illuminato da un ampio lucernario.

Il grandioso scalone principale conduce al piano nobile, riccamente decorato e arredato il gusto "eclettico" che informa l’architettura del palazzo. Gli ampi interni sono decorati con marmi preziosi e i ricchi soffitti lavorati.

Koch può essere considerato il vero protagonista dell’eclettismo romano, di quel neocinquecentismo della burocrazia che interpretava gusti e ambizioni della ricca borghesia della Capitale. Nel 1885 il linguaggio dell’architetto era ormai definito, continuando ad offrire, senza indecisioni, una serie di varianti sullo stesso tema, tutte di un notevole livello formale, che riesce a imparentare la Banca d’Italia ai primi Ministeri romani, in particolare a quello delle Finanze.

Ad accrescere la bellezza delle sale del Palazzo della Banca d’Italia è la Collezione, composta di un nucleo di sculture antiche, di oggetti orientali, arazzi e dipinti di varie epoche, in gran parte provenienti dalla raccolta dell’industriale torinese Riccardo Gualino, che la cedette nel 1933.

Da ricordare le due teste di Buddha di arte khmer, le statue di Shiva di arte indiana del IX e dell’XI secolo, i due pavoni in ferro ageminati in oro e argento di arte persiana del XVIII secolo e la ricca serie di pezzi cinesi, bronzi, vasi, pannelli lignei, dipinti e arazzi. Tra i reperti archeologici, oltre alla Statua di Antinoo, una serie di Terrecotte votive (1V-Il sec. a.C.), una testa di Traiano e un Busto di Commodo. Tra i dipinti di età moderna, S. Caterina attribuita a Francisco de Zurbaràn (1598-1664), un Cortile del secentesco Jan Miel, una Prospettiva urbana di Viviano Codazzi (1604-1670), Il trionfo di Galatea di Paolo De Matteis (1700); e infine, dipinti di Ciardi, Spadini, Donghi, Carena, Soffici, De Pisis. Tra le sculture, una testa di Corinna, di Antonio Canova.

Di recente la facciata del palazzo è stata oggetto di un attento restauro, intrapreso anche per cancellare i precedenti, infelici interventi.

Il restauro ha eliminato dalle superfici dei prospetti depositi ed agenti di degrado, dovuti all’inquinamento atmosferico, risanando le modanature e le decorazioni in pietra e in stucco.


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