Lungo le strade dell’antica Pompei ben 2800 scritte romane La propaganda elettorale sui muri di 2000 anni fa Nell’antica Roma, prima di dare il via alla campagna elettorale, i candidati dovevano presentarsi al magistrato incaricato di presiedere lo scrutino e poi attendere che i loro nomi fossero pubblicati. Da questo momento partiva una vera "campagna delle raccomandazioni elettorali", perché non era il candidato a chiedere i voti, ma i suoi sostenitori, che si impegnavano con gli elettori a testimoniarne la moralità, designandolo come il più degno a occupare la carica. Le iscrizioni murali di Pompei, eccezionalmente conservate a differenza di quelle di Roma, contribuiscono a testimoniare l’attività politica di una piccola e agiata città della Campania. Sono tracciate sulle pareti delle case più importanti e lungo le vie principali ben 2800 scritte di carattere elettorale, di cui almeno 1500 per il solo anno 79. Nelle vie Mercurio, di Nola, delle Tombe, del Vesuvio e Nucerina si leggono molte frasi in rosso o in nero, di varie dimensioni, come quelle di Lucio Munazio, con ben cinque avvisi a favore della sua candidatura. Abbondano, abbreviate, le formule stereotipate. Accanto a "giovane onesto", appare "eccellente", "dei più riservati", "dei più virtuosi", "giovane degno di ogni bene". Tutte qualificazioni tese a mettere in evidenza le doti morali dei candidati, una rassicurazione necessaria per la gente, convinta che per essere idonei ad amministrare gli affari pubblici bisognasse, prima di tutto, essere onesti. Si evidenziano anche precise capacità. Di un candidato si dice che è "utile", di un altro che "fa il pane buono", di conseguenza è capace di intraprendere una buona politica. Un altro, invece, è pronto a "salvaguardare l’equilibrio finanziario". Manca ogni tipo di diffamazione o ingiuria. Erano ritenute indesiderabili le raccomandazioni che venissero da persone poco serie o equivoche, in grado di gettare il discredito su una candidatura. Sembra che Cerrinio Vatia abbia suscitato l’arguzia degli abitanti della via degli Augustales: si pronunciano infatti in suo favore la "corporazione dei dormiglioni", "i bevitori dell’ultima ora", "i ladri" e persino "l’associazione degli schiavi fuggiaschi". Un candidato teneva alla propria reputazione al punto di trovare compromettenti gli auguri delle prostitute del vicino thermopolium; Cuculla e Zmirina si erano dichiarate in favore del fornaio C. Giulio Polibio, il quale, imbarazzato, fece immediatamente cancellare con una mano di calce queste iscrizioni indesiderate. A Pompei non esistevano luoghi particolari riservati alla propaganda elettorale; ognuno si impegnava in favore di questo e di quel candidato, mettendo a disposizione una parte della facciata della sua casa, del suo magazzino o del suo negozio per le iscrizioni murali, un modo inequivocabile per identificare a distanza di secoli proprietari e occupanti. Le scritte, dipinte sulla calce o sullo stucco bianco che ricopre il tufo o i mattoni, ci documentano sulle campagne elettorali posteriori al terremoto del 62 e, soprattutto, su quelle degli anni che precedettero l’eruzione del 79. La maggior parte dei nomi dei candidati appartiene quindi all’epoca flavia. Una volta redatta l’iscrizione elettorale, si trattava di farla dipingere dai "letteristi", non tutti professionisti del settore. Mustio, finito il suo lavoro di "gualchieraio", imbiancava i muri dove in seguito tracciava con vernice rossa le iscrizioni. Erano attive anche delle imprese di pubblicità, in gradi di mettere a disposizione personale specializzato. Non essendovi alcuna legge che vietasse "l’affissione", ogni parete murale era a disposizione degli "scriptores", i quali compivano, in un certo modo, il lavoro dei moderni attacchini. La realizzazione di una scritta elettorale esigeva tutta una fase preparatoria. Il "dealbator" cospargeva accuratamente di calce il muro che doveva ricevere l’iscrizione elettorale, cancellava – eventualmente – l’iscrizione precedente e lisciava la superficie bianca affinché l’iscrizione fosse perfettamente leggibile. Il lavoro veniva eseguito di notte, al chiarore della luna. Il "lanternarius" faceva luce con una lanterna in cima a una pertica, mentre reggeva la scala. Così un "letterista" ha scritto sul muro: "lanterniere, tieni bene la scala" e un altro ha lanciato una maledizione a chi si fosse permesso di cancellare la sua scritta: "che la malattia se lo porti". Il pittore talvolta firmava le sue insegne elettorali. Il nostro moderno "votate per Tizio o per Caio" era espresso con frasi di questo tipo: "Vetium Firmum ed. oro vos faciatis. Dignus est". "Votate per la nomina di Vezio Firmo a edile. Ne è degno". Secondo le attività private dei candidati e le loro condizione sociale, alcune associazioni di categoria scesero in campo assumendo una chiara posizione che poteva avere un gran perso sulla bilancia elettorale. In questo modo anche chi faceva il mestiere più umile o chi aveva un’occupazione stagionale poteva far sentire la propria voce. L’intera comunità, o meglio il mondo del lavoro, si interessava alle competizioni elettorali. Anche gli ordini religiosi e culturali partecipavano alla vita della città, come nel caso di C. Cuspio, sponsorizzato dai seguaci di Iside. I maestri insieme agli allievi, gli attori, i giocatori di scacchi, di palla, tutti si impegnavano nella competizione elettorale e firmavano manifesti. Le tante iscrizioni che riempivano le facciate delle abitazioni più centrali non dovevano però essere gradite ai proprietari delle case più sontuose. Non rimaneva che invocare il buon senso dei cittadini e talora l’intervento degli dei. Gli avvisi elettorali dipinti avevano un carattere provvisorio, al contrario delle iscrizioni incise su lastre di marmo o graffite su pietra dura. La propaganda elettorale trovava l’ambiente più favorevole nelle taverne, i "thermopolia". Il Foro si animava particolarmente con l’apertura della campagna elettorale: la folla si accalcava nelle strade per leggere e commentare le iscrizioni che ricoprivano i prospetti delle case vicine a quelle dei candidati. Anche le donne si appassionavano alla vita politica, benché non votassero e non potessero essere elette. Le più impegnate nelle campagne elettorali erano le mogli dei tavernieri e le proprietarie dei posti di ristoro. Le iscrizioni delle donne, però, sono numericamente inferiori a quelle degli uomini. |
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