Mette in comunicazione l’omonima piazza con quella del Biscione

L’Arco di Grottapinta ricorda un miracolo

L’immagine della Madonna del Latte nel luglio del 1756 mosse gli occhi contemporaneamente a numerosissime immagini romane della Vergine

 

   

 

di Antonio Venditti

Il "Pallaro ", a Roma, gestiva un gioco simile a quello del lotto, con l’estrazione di sole cinque palle vincenti su novanta. Il suo ricordo è affidato, nei pressi di Campo de’ Fiori, all’omonimo largo da cui, seguendo un andamento semicircolare che ricalca la cavea del teatro di Pompeo, inizia via di Grottapinta per confluire poi in piazza dei Satiri.

Questa strada prende il nome dalla chiesa di S. Maria di Grottapinta, che a sua volta forse, lo trasse da pitture esistenti nelle grotte o cryptae del Teatro dì Pompeo, oppure dall’attiguo Arco dipinto (Arco di Grottapinta) che immette su piazza del Biscione, da cui il Passetto prende un’ulteriore denominazione.

Superata da piazza del Biscione una cancellata di ferro, l’Arco si mostra nella sua originaria, mediocre struttura edilizia: è un basso, stretto, oscuro e maleodorante sottopassaggio, che si apre in direzione di via di Grottapinta, non più attraverso un’analoga uscita arcuata, di cui però si intravede la traccia nella muratura, bensì attraverso due strette aperture, parallele tra loro, con gli stipiti di travertino, che – mediante tre scalini - immettono in uno strettissimo vicolo, a sua volta sormontato da un piccolo, rustico passaggio. All’interno dell’Arco di Grottapinta si riscontrano, con non poca difficoltà, affreschi assai deperiti, forse ridipinti su tracce antiche, con colonne, festoni e putti. Qui si venerava l’immagine della "Madonna del latte", che nel luglio del 1796 prodigiosamente mosse gli occhi, contemporaneamente ad altre numerosissime effigie romane della Vergine.

Vi fu posta anche una riproduzione della "Vergine della Provvidenza" di Scipione Pulzone (c. 1550-1598), custodita nel convento dei Padri Barnabiti a San Carlo ai Catinari. Attualmente, sul muro è posta una stampa fotografica di un’immagine mariana.

La piccola chiesa di S. Maria in Grottapinta, da tempo sconsacrata, chiamata nel medio evo S. Salvatore "in Arco" e anche "in Fornice" e ricordata in un documento del 1291, fu consacrata e dedicata nel 1343 alla Concezione della Beata Vergine Maria e affidata alla relativa Confraternita, che aveva come scopo, oltre al culto della Madonna Immacolata, l’assistenza dei confratelli poveri e la distribuzione di dote alle zitelle, "o per maritaggio o per monacazione di esse". La chiesa era di giuspatronato degli Orsini, i quali nominavano il rettore e fu parrocchia fino agli inizi dell’Ottocento.

La facciata, dalle linee semplici e armoniose, è a due ordini, di cui il primo presenta la superficie scandita da quattro paraste con capitelli ionici, le cui volute sono unite da un piccolo festone. Nell’architrave della porta, incorniciata da doppie paraste, si legge l’iscrizione:"Virgini Deparae Conceptae" (Alla Vergine Madre di Dio, concepita senza peccato).

Nel secondo ordine sono presenti quattro corte lesene e finestrone ad arco; segue un impano triangolare con al centro lo stemma Orsini. A sinistra della facciata una piccola abside e, a livello del secondo ordine, un piccolo campanile, un tempo dotato di due campane.

La chiesa aveva tre altari, sul maggiore dei quali era collocata l’Immagine della Vergine, che dal 1465 si trova sull’altare della navata sinistra di San Lorenzo in Damaso.

Incerta è l’origine del toponimo di piazza del Biscione, da alcuni collegata all’anguilla che compare nello stemma Orsini, fin dal XII secolo proprietari nella circondario di alcune dimore turrite, mentre altri la ricollegano al biscione visconteo presente nell’insegna di qualche albergo di proprietà o gestito da milanesi. La zona ebbe, infatti, molti alberghi, tra cui uno del 1462, il primo aperto in Roma, tuttora in attività: l’Albergo del Sole. La data è confermata da Umberto Gnoli, riferendosi al Natale del 1468, quando venne a Roma l’imperatore Federico III con un seguito di circa 700 uomini e numerosissimi cavalli, alloggiati a cura e spese del Papa.

Nel secolo scorso, su piazza del Biscione, svolgeva la sua attività uno scrivano pubblico, la cui insegna specificava che le lettere "confidenziali" (amorose) costavano da sei a dieci soldi a seconda che fossero "ordinarie", "ardenti" o "ardentissime", scritte su foglio semplice, oppure abbellite da arabeschi o ingentilite alla fine con versi appropriati.


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