Fu voluto da Paola Calvi, fondatrice della "Casa Santa"

All’Arco dei Cappellari pregavano le "bizzoche"

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di Antonio Venditti

Parallela alla via del Pellegrino si svolge con andamento curvilineo la stretta via dei Cappellari, così chiamata per le numerose botteghe di fabbricanti di copricapo, per lo più forestieri, ricordati nel censimento del 1526, qui raggruppati secondo un antico costume in vigore a Roma che vedeva operare in un determinato luogo tutte le persone dedite allo stesso mestiere. Alcuni farebbero invece derivare il nome dalla famiglia Cappellari che diede i natali a Gregorio XVI.

Le due strade sono collegate dall’Arco di S. Margherita (a filo con quello dei Cappellari), lungo la via omonima - con all’angolo una bella edicola posta dal cardinale Pietro Ottoboni, vice cancelliere di S.R.C. dal 1689 al 1240 - che si apre su via del Pellegrino per immettere dapprima in un cortiletto con portale bugnato. L’arco è coperto da travature piane con uscita a piattabanda. La denominazione deriva da un affresco da gran tempo scomparso che esisteva sulla facciata di una casa. Ma non è da escludere che il nome provenga da una vicina chiesa dedicata a S. Margherita, la cui esistenza è documentata nel Catalogo dell’Anonimo di Torino della prima metà del XIV secolo. Dalla contiguità dei due archi, quello dei Cappellari fu indicato anche come arco di S. Margherita.

Via dei Cappellari, inoltre, fu chiamata nel Medio Evo via dei Tebaldeschi per le case con torre di cui erano proprietari, alcune passate nel ‘400 ai Della Valle.

All’altezza di via Sora, dove via dei Cappellari si congiunge con via del Pellegrino, lungo il lato sinistro è uno snodarsi di case rinascimentali, in alcune delle quali si nota ancora l’eleganza delle finestre e dei portali e reminiscenze di decorazioni graffite o dipinte.

La via fu anche detta Arco de’ Cappellari per il cavalcavia fatto costruire da Paola di Giovanni Antonio Calvi, che aveva fondato nella sua casa, nel 1473, un monastero, detto "Casa Santa", in qualche documento "Collegio", per le donne (bizzoche) che, abbandonato il mondo secolare, si ritiravano in comunità di preghiera, senza però prendere i voti religiosi.

L’arco a pieno centro, altissimo sul piano stradale, collega obliquamente due palazzi della via, di cui uno seicentesco di notevole importanza, che nel XIX sec. appartenne ai Baracchini. L’archivolto è impostato all’altezza dei primi tre piani. La parte superiore, praticabile, presenta su entrambi i lati una finestra fuori centro: quella verso Campo de’ Fiorì è di tipo cinquecentesco trabeato. La copertura è a doppio spiovente impostata su una cornice ad ovuli nel lato collegato con l’edificio del ‘600.

Nel sottopassaggio al n. 29 è la casa dove nacque nel 1698 Pietro Metastasio, come ricorda la lapide posta dal Comune dì Roma nel 1873 con testo di Domenico Gnoli.

Oltrepassato l’Arco, quasi di fronte all’Arco di S. Margherita, si entra in un andito in fondo al quale dovrebbe essere ancora un’edicola, o meglio una cappellina, chiusa da una porta di legno a grate e vetro, ormai fatiscente, la cui esistenza è ricordata da Carlo Cecchelli. Era di patronato dei Del Bufalo che qui avevano alcune loro case. All’interno un affresco, detto il "Crocifisso dei Cappellari", attribuibile al sec. XIV, proveniente da un altro edificio della via, da cui fu tolto nel secolo XIX. Come ricordava il grande romanista, vi dovrebbe essere l’immagine di Cristo in croce fra la Madonna e S. Giovanni. Ai piedi, inginocchiato, il dedicante, forse un Orsini di Campo dei Fiori o un pellegrino inglese del vicino Ospizio. L’edicola era particolarmente venerata il 14 settembre, in occasione della festa della Esaltazione della Croce.

All’angolo di via dei Cappellari che immette in piazza Campo de’ Fiori, su un lato dell’edificio dove si apriva l’Hosteria della Vacca, spicca dal muro, protetta da una fitta reticella, una settecentesca edicola mariana dì notevoli dimensioni contornata da motivi ornamentali costituiti da rami, foglie, nastri, gigli, conchiglie e altri fiori di stucco a bassorilievo. L’immagine sbiadita dell’Immacolata, al centro di un fondale di stelle, è contenuta tra due lesene scanalate con capitelli compositi che sorreggono il frontone curvilineo tra agili spirali, poggiando su una mensola poco aggettante. Sotto, entro un piccolo cartiglio svolazzante in marmo, si legge l’epigrafe dedicatoria: "TOTA PULCHRA ES/ ET MACULA NON EST IN TE".

Via dei CappeIlari, che in origine attraversava Campo de’ Fiorì, via dei Giubbonari, il Pianto e la Pescheria, con andamento rettilineo arrivava al Teatro di Marcello. Nell’Ottocento veniva descritta come strada già rimarchevole ed amabilissima per oscurità, fango perpetuo, lordura sempiterna, casupole, casucce, sfasciumi, grotte e altri simili piacevolezze, ed oggi si presenta notevolmente rinnovata, avviata verso un completo recupero. Lo stesso non si può certamente dire per lo spazio sottostante l’Arco di S. Margherita, dove ci siamo recati domenica scorsa durante il sopralluogo effettuato per la stesura di questo articolo. Ci siamo trovati in uno spazio sporco all’eccesso, ingombro di immondizie e di oggetti di ogni tipo abbandonati, tra cui emergevano in bella mostra un sofà, un televisore, numerosi carrettini a mano - utilizzabili per il mercato - e altri mucchi di sporcizia: un quadro di cui, come romani, ci siamo vergognati quando alcuni turisti si sono fermati ad osservare stupiti questo improvviso scarico maleodorante, che inquina non soltanto l’aria, ma la visibilità di una importante zona del centro storico. Degna cornice di tanto squallore le pareti del sottopassaggio, imbrattate a tutto campo da ampie scritte e disegni privi di alcun senso: la migliore espressione della peggiore volontà di non rispettare la città, a dispetto anche della settecentesca targa, anch’essa imbrattata, con cui "si proibisce espressamente a qualsivoglia persona di gettare ne tampoco far gettare ne far portare immondezza di sorte alcuna vicino, intorno ne sotto al presente arco sotto pena di scudi venticinque m(ul)ta da applicarsi un terzo all’accusatore che sarà tenuto segreto et altre pene anche corporali. La qual pena pecuniaria il padre sarà tenuto per li figlioli et il padrone p(er) le serve e servitori in conformità dell’editto di mons. ill(ustrissi)mo Presidente delle Strade - Pubblicato li 14 agosto 1733".

A questo, c’è da aggiungere che la porta della cappellina dove dovrebbe essere custodito l’affresco con il Crocifisso sopra citato, si presenta nel più completo disfacimento, chiusa da una catena con lucchetto, suscitando inevitabilmente forti dubbi sulle condizioni in cui si potrebbe trovare l’interno.


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