Un’urna nella nicchia dei Palli conserva le stole dei Metropoliti
"Se tu vorrai venire in Vaticano o sulla via Ostiense, troverai i trofei di coloro che hanno fondato questa Chiesa", diceva agli inizi del III secolo d.C. il presbitero Gaio al montanista Proclo, secondo quanto riferisce Eusebio di Cesarea. Questi "trofei" altro non dovevano essere che le tombe dei due Apostoli, oggetto già a quei tempi di una profonda venerazione. Per quanto riguarda la sepoltura di Pietro, gli scavi condotti a partire dal 1939 hanno chiarito quale aspetto dovesse avere ai tempi di Gaio: un piccolo muro intonacato di rosso e ricoperto di graffiti s’incurvava a formare una nicchia proprio in corrispondenza della fossa a terra dove viene indicata la tomba del Principe degli Apostoli. Più o meno contemporaneamente alla costruzione del muro, intorno al 160, la nicchia venne decorata da un’edicola, con una mensa sorretta da due colonnine e una parte superiore a timpano. La nicchia dei Palli, nella Confessione Vaticana, è proprio la parte inferiore della nicchia del muro rosso, rivestita di un mosaico del IX secolo raffigurante il Cristo Pantocratore, restaurato nel Cinquecento e fiancheggiato dai Santi Pietro e Paolo di recente fattura. Il piano di base è coperto da uno sportello argenteo ornato dalle Chiavi e dal Triregno, dono di Innocenzo X (1644-55), che permette una comunicazione diretta con la sottostante Tomba dell’Apostolo. La nicchia prende la sua denominazione dai palli, le bianche stole trapunte di croci nere che costituiscono l’insegna della dignità degli arcivescovi metropoliti, tessute con la lana di due agnelli bianchi allevati dai padri Trappisti all’Abbazia delle Tre Fontane. Gli agnelli vengono benedetti il 21 gennaio, festa di Sant’Agnese, quindi le suore di Santa Cecilia in Trastevere tessono i palli con la lana degli agnelli appena tosati. Il 29 giugno di ogni anno, nella festività di dei Santi Pietro e Paolo, il Pontefice benedice i nuovi palli, che verranno conservati proprio nella nicchia della Confessione, in un’urna di bronzo decorata a sbalzo e sollevata da cirri di nuvole donata da Benedetto XIV. Secondo una tradizione, i palli avrebbero una storia molti antica e sarebbero stati istituiti dal secondo Pontefice, Lino (67-78). Sopra alla nicchia corre un architrave decorato da preziosi smalti medioevali della scuola di Limoges, fatti collocare all’inizio del Duecento da Innocenzo III (1198-1215), che fece porre a loro protezione una solida cancellata in bronzo dorato. Precauzione niente affatto superflua, visto che l’ambiente era stato già depredato due volte. Nel 646, infatti, i Saraceni avevano rubato una tavola d’oro fatta collocare dall’imperatore Valentiniano nel V secolo. Leone IV (847-55) aveva provveduto a farla sostituire con un’altra tavola, anch’essa d’oro, ornata di smalti bizantini, asportata dai soldati di Federico Barbarossa, che saccheggiarono la Basilica nel 1167. |
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