I parchi si estesero lungo tutto il bordo del lago Albano

Per nobili e prelati le Ville di Castello

Dal tempo dei Romani, sorsero luoghi di delizie e di svago: un aspetto interessante dell’evoluzione tipologica delle residenze di campagna in Italia

di Antonio Venditti

Castel Gandolfo fin dal suo sorgere appare ambientalmente predisposto ad accogliere grandiose residenze. Il lago Albano ha determinato, fin dai tempi più antichi, la creazione di numerose e splendide Ville, volute dai Romani facoltosi per l’incantevole paesaggio, le ricche sorgenti e il clima salubre.

Il riassetto urbanistico di Castel Gandolfo, voluto nel 1660 da Alessandro VII (1655-1667), fu seguito dalla costruzione delle magnifiche Ville della nobiltà romana, i cui impianti furono progettati in modo grandioso, con parchi che si estesero lungo tutto il versante del bordo lacustre fino alla via Appia.

Le Ville di Castel Gandolfo dal punto di vista tipologico conservano in gran parte i caratteri originari. Analoga osservazione non è possibile fare per i giardini, notevolmente variati. Costituisce un’eccezione la Villa Barberini che occupa i tre terrazzamenti della immensa Villa di Domiziano, ricchi di testimonianze archeologiche.

L’ambiente naturale nel quale si inserirono le Ville di Castel Gandolfo creò spesso difficoltà di ordine pratico. Esemplificativo è il caso di Villa Cybo nella quale il palazzo fu costruito da un lato della strada, l’odierna via di San Giovanni Battista della Salle, mentre i giardini vennero realizzati dall’altro. Il complesso fu voluto dal cardinale Camillo Cybo, che dopo aver acquistato nel 1717 il casino costruito dall’architetto Francesco Fontana, desiderò crearsi una dimora degna di un membro della corte papale.

I suoi progetti riguardarono sia la parte residenziale che il giardino. Il palazzo, la cui facciata principale prospetta sulla strada, internamente fu rivestito da ricchi parati ed arredato con mobili e quadri di valore. Inoltre, il Cardinale comprò degli edifici adiacenti al casino, alcuni prospicienti il borgo.

Il giardino, piuttosto modesto, situato a monte e perciò al di là della strada, fu l’oggetto della sua maggior cura. Infatti, lo ampliò con l’acquisto di oltre tre ettari di terreno, impostandolo su diversi ripiani, ricavati con terrazzamenti e collegati da scalee.

La Villa nel 1773 fu acquistata da Clemente XIV (1769-1774) per essere unita a quella Pontificia.

Un’altra Villa di Castel Gandolfo che, nonostante la forte pendenza del terreno, ha ottenuto notevoli risultati è quella voluta dal cardinale Alessandro Albani, le cui prime villeggiature a Castel Gandolfo sono da collegare ai soggiorni dello zio, il pontefice Clemente XI (1700-1721).

Il palazzo presenta la facciata principale, a monte - divisa da lesene - e due piani sulla via, con la quale è messa in comunicazione da un ponte che parte dall’ingresso. I piani inferiori, sotto il livello stradale, si aprono invece su un cortile interno. Tra le numerose finestre, caratteristiche sono le due che fiancheggiano il portale, sormontate da un doppio timpano con lo stemma della famiglia Albani.

Nell’atrio, con volta a padiglione, è una scala a lumaca di grandi dimensioni con volta a botte ribassata. Al piano nobile, la sala dei ricevimenti è decorata con pitture, mentre al piano successivo alcune stanze presentano gli originari pavimenti in maiolica.

Il prospetto a valle rivela chiaramente la notevole altezza dell’edificio, che termina con una sopraelevazione centrale raccordata al tetto da due volute. Perduto è il giardino.

Uno tra i migliori esempi di stile neoclassico nella campagna romana è dato dal palazzo di Villa Carolina a Castel Gandolfo. La Villa nei primi anni del XIX sec. divenne proprietà del duca Giovanni Torlonia. L’edificio, a sviluppo orizzontale, presenta la facciata posteriore sulla strada. Il prospetto principale, rivolto verso il giardino, è occupato al centro da un portico su cui poggia una terrazza che nella parete di fondo è scandita da colonne ioniche, al di sopra delle quali poggia un timpano triangolare con al centro un bassorilievo di marmo raffigurante Apollo che suona la lira tra i pastori, opera del Thorvaldsen.

Nel vestibolo e nella stanza da pranzo gli stucchi sono del Raimondi. All’interno pitture di Pietro Gagliardi, Pietro Paoletti da Belluno, Francesco Coghetti da Bergamo, operoso nella stanza delle conversazioni, e Alessandro Capalti. Al Morani si riferiscono alcune pitture della cappella. Sono da ricordare, inoltre, le decorazioni del Nebbia e di Lorenzo Scarabellotto.

A squadra con il palazzo, in prossimità dell’ingresso principale del vasto parco, si trova un edificio a pianta allungata con sopra le porte due iscrizioni esaltanti la vita di campagna. Nel ripiano sottostante il fianco destro del casino è un giardino con balaustra ed una piccola gradinata per assistere al gioco della palla.

Sulla via Ercolano è la cosiddetta Villa dei Gesuiti che, per la disposizione interna, è inseribile tra le ville-convento del Lazio. E’ quasi certo che fu il cardinale Ludovico Ludovisi, nipote di Gregorio XV (1621-1623), a volerne la realizzazione. Divenne proprietà dei Gesuiti tra il 1644 e nel 1773 venne incorporata dalla Camera Apostolica, che il 24 gennaio dell’anno successivo la vendette a Lorenzo Marzelli, di professione pasticcere a Roma. Da questi fu data in affitto all’antiquario inglese Tommaso Jenkins, che ne fece un centro per artisti. La Camera Apostolica ne ritornò in possesso nel 1802 per rivenderla nel 1803 a Giuseppe Giorgi. Passò a Carlo Torlonia nel 1843, dopo essere stata acquistata nel 1816 dal Duca Giovanni Torlonia per conto della famiglia Boncompagni. Alessandro Torlonia nel 1875 la concesse ai Gesuiti per la villeggiatura dei novizi del collegio di Roma.

Il complesso edilizio risulta formato da due grandi costruzioni cubiche comunicanti mediante un fabbricato trasverso. La parte più antica è quella a meridione, conosciuta come "Ala del Cardinale". L’edificio a settentrione fu iniziato verso la fine del XVIII sec. Dell’immenso parco non resta più nulla.

Infine, tra gli organismi complessi presenti nelle Ville di Castel Gandolfo è inseribile Villa S. Caterina, il cui palazzo fu costruito dagli Orsini verso la metà del Seicento. Domenico Orsini vi fece operare una serie di trasformazioni che portarono ad un radicale mutamento della pianta. L’edificio risultò così formato da due corpi di fabbrica principali, di differente ampiezza, uniti da un terzo di forma allungata. La facciata principale, rivolta a valle, presenta due avancorpi laterali con diverso sviluppo in larghezza ed in profondità.

In una sala del piano terra e nel cortile coperto si possono osservare finte architetture dipinte in affresco.


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