Vi fu rinvenuta la celebre statua dell’Augusto di Prima Porta La Villa di Livia sulla via Flamina Qui i generali romani venivano, dopo il trionfo, a piantare un alloro, che prodigiosamente seccava alla loro morte
Mentre venivano effettuati alcuni scavi nei pressi del muro di cinta della villa di Livia sulla via Flaminia, al bivio con la Tiberina, nel pomeriggio del 20 aprile 1863 tornò alla luce una statua marmorea "rappresentante Cesare Augusto con Veste Militare, dell’altezza di palmi 10, con un piccolo Putto nudo a Cavallo sopra un Delfino", come si legge in un rapporto dell’epoca, redatto da Paolo D’Ambrogi. Si trattava della scultura romana divenuta celebre con il nome di "Augusto di Prima Porta", ora ai Musei Vaticani. Il classico ritmo policleteo è trasformato nel gesto tipicamente romano di alzare leggermente il braccio a prendere la parola. Sulla ricca corazza da parata è raffigurata la restituzione, alla presenza delle allegorie della Terra e del Cielo, delle insegne tolte a Crasso dai Parthi durante la battaglia di Carrae. Solo dieci giorni più tardi, si rinvenivano alcuni ambienti sotterranei, di cui uno decorato con le naturalistiche e freschissime pitture raffiguranti un giardino popolato di piante, fiori e uccelli. Le sensazionali scoperte erano destinate a perpetuare la memoria della residenza di Livia, moglie di Augusto, nota dalle fonti antiche come il "Veientanum" o "ad Gallinas Albas". Narra Svetonio che, mentre Livia era in questa tenuta, un’aquila le depose in grembo una gallina bianca con nel becco un ramoscello d’alloro. La donna, colpita dal prodigio, volle allevare il volatile e piantare il ramoscello, ritrovandosi in breve tempo con una miriade di pulcini ed un fitto boschetto d’alloro. Anche i generali vittoriosi, sempre secondo lo storico, avevano preso l’abitudine di venire qui, dopo il trionfo, a piantare un alloro, che - misteriosamente - inaridiva alla loro morte. Nell’ultimo anno del regno di Nerone, l’intero bosco sarebbe seccato e tutte le galline morte. Gli scavi avevano portato anche al rinvenimento di tre busti imperiali, di un cratere marmoreo, di una statuetta di Priapo, di un torso di Ercole e di una statua di Apollo, ma si interruppero già nel 1864. Solo la sala con gli affreschi rimase visitabile, fino al 1951, quando le condizioni dei dipinti apparvero così precarie - soprattutto per le infiltrazioni di umidità - da far decidere per il loro distacco ed il trasferimento al Museo Nazionale Romano, privando per sempre il complesso della sua principale attrattiva e condannandolo ad un rapido degrado. La collina su cui sorgeva la Villa venne destinata nel 1973 a parco pubblico, ma ancora nel 1980 la sala sotterranea era un rifugio per derelitti, che la riempivano di rifiuti. Intanto, si avviavano, con incredibile leggerezza, i lavori del parco, piantando gli alberi ed i paletti di recinzione che procurarono ulteriori danni. Bisognò aspettare il 1982 - ed i fondi della Legge Speciale per Roma - per ricominciare a scavare, stavolta con metodo moderno e scientifico, nell’area Villa di Livia. Si deve solo alla tenacia del prof. Gaetano Messineo e della sua équipe se la ricerca è andata avanti, nonostante i finanziamenti, dopo un avvio lusinghiero, siano stati limitati ed intermittenti. I primi accertamenti portarono alla scoperta degli ambienti intorno all’atrio e del settore di rappresentanza a sud degli ambienti sotterranei. Negli anni successivi l’esplorazione fu estesa al grande complesso termale, che conserva parte della decorazione musiva e ad affresco ed era dotato di un raffinato sistema di riscaldamento dell’acqua, con una grande caldaia in metallo, foderata in piombo per garantirne l’impermeabilizzazione ed il mantenimento del calore. Non si è trattato di un’impresa semplice, ma il prof. Gaetano Messineo e l’architetto Maria Gloria Leonetti l’hanno portata avanti, pur tra mille difficoltà, destinando i pochi finanziamenti ministeriali alle indispensabili infrastrutture, come il punto di custodia, le recinzioni, i servizi, le protezioni e l’Antiquarium. Gli scavi e - non di rado - i restauri sono stati effettuati grazie a varie forme di collaborazione, compreso il volontariato. Le aree destinate a giardino sono state affidate con concessione di scavo ad una missione dell’Università di Uppsala (Svezia). L’istituto Svedese di Studi Classici a Roma ed alcuni gruppi ed associazioni, come il Rotary Club Roma Tevere, il Garden Club Giardino Romano, la Valore Liguria, la ditta Roberto Vannini, hanno sostenuto le spese per il restauro e la sistemazione di alcune parti del complesso. |
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