Arrivò a Roma il 30 ottobre 1786 per esaudire un grande sogno

In angolo su Via del Corso la Casa dove abitò Goethe

Soggiornò insieme all’amico pittore Tischbein in un appartamento preso in affitto anche da una piccola comunità di artisti

 

di Antonio Venditti

"In questa casa immaginò e scrisse cose immortali Volfango Goethe", si legge in una targa commemorativa sulla destra di un palazzetto dal prospetto settecentesco, in angolo sulla via del Corso, al n. 18, a pochi passi da piazza del Popolo. Dai balconi dell’edificio sventolano due bandiere rosso chiaro sulle quali campeggia il logo della Casa dove Goethe soggiornò tra il 1786 e il 1788.

Johann Wolfgang von Goethe, poeta, statista, scienziato, aveva trentasette anni quando decise di realizzare il sogno della sua vita: il Viaggio in Italia, perché "troppo era maturata la sete di vedere questo paese..."

Il 3 settembre 1786 lasciò segretamente e nottetempo Karlsbad, senza aver informato dei suoi progetti di viaggio gli amici e il duca di Weimar, Carl August, di cui era il primo ministro.

Il 30 ottobre 1786, un giorno dopo il suo arrivo a Roma, "finalmente placato... pacificato per tutta la vita", si trasferì in un appartamento al Corso dove viveva in affitto il pittore Tischbein. "E’ una fortuna per me — scriveva - che Tischbein abbia un bell’appartamento in cui vive insieme ad altri pittori. Abito presso di lui e mi sono bene inserito nella vita della loro casa, e così godo la quiete e la pace domestica, pur trovandomi in terra straniera. I padroni di casa sono un’onesta coppia di anziani che provvede a tutto e si cura di noi come di figli".

A Roma, nella comunità degli artisti di via del Corso, dà impulso a un nuovo approccio con l’arte e la vita, trascorrendo un periodo che più tardi definirà il più felice della sua esistenza. Goethe, libero da tutti gli obblighi sociali, personali e di lavoro che lo turbavano a Weimar, nell’anonimità di Roma ritrovò finalmente la concentrazione e la tranquillità per scrivere, dipingere, modellare con rinnovata vena e una libertà fino allora sconosciuta. Lavorava e viveva spensieratamente grazie anche alla generosità del suo lontano protettore, il duca di Weimar, che provvedeva alle sue esigenze versandogli ugualmente il lauto stipendio attribuito all’espletamento della carica ricoperta.

Goethe era affascinato dalla gioia di vivere degli italiani e dalla loro calma e serenità. Dopo il lungo rapporto platonico con Charlotte von Stein, che aveva quasi quarant’anni, provò a Roma, per la prima volta, le "vere" gioie del sesso e dell’erotismo, per merito di Faustina. Nella Città Eterna ricercò il contatto con l’antichità classica per verificare il suo pensiero sull’arte e l’architettura antiche, influenzato dalle opere di Winckelmann, conosciute grazie a Oeser, suo maestro di disegno a Lipsia. Goethe aspirava a qualcosa di più di una semplice imitazione dei modelli dell’antichità, per questo cercò una ridefinizione del rapporto arte-natura. A Roma scoprì Michelangelo, senti crescere l’ammirazione per Raffaello, rimase incantato dalle antiche sculture, inebriandosi della mite e luminosa aria romana che i quadri del Lorenese gli avevano preannunciato. Assisté dalla finestra della sua casa romana alle follie dei numerosi eventi carnevaleschi: le maschere, il lancio dei confetti, i pulcinella per la strada con le loro improvvisate commedie, la ressa sul Corso, i moccoletti. Ne rimane colpito, descrivendo con precisione lo svolgimento. "Il carnevale di Roma — annotava — non è precisamente una festa che il popolo offre a se stesso. Lo stato non si occupa gran che di preparativi, né fa grandi feste. La serie dei divertimenti si svolge automaticamente; e la polizia non fa che dirigerla con mano non troppo pesante". Uno stato d’animo documentato anche dal cosiddetto acquerello "Goethe alla finestra", in una stanza della Casa del Corso, facsimile dell’originale, in gesso e penna su matita, conservato nel Goethe Museum di Francoforte, che contribuisce in maniera sostanziale a mettere in luce la gioia di vivere riconquistata dal poeta in Italia, unitamente ai disegni dell’amico Tischbein che tratteggiano efficacemente l’atmosfera di intimità e di spontaneità che lo circondava, opere che aiutano ad immaginare come fosse il suo "rifugio".

Il soggiorno in Italia risvegliò in Goethe un interesse per il fenomeno dei colori, tanto da porre a se stesso e ai pittori romani di cui era amico il quesito su come si dovesse colorare un dipinto al fine di raggiungere determinati effetti estetici.

Goethe quasi due anni dopo tornò profondamente cambiato a Weimar, per il rinnovamento spirituale acquisito che lo indusse a dire : "io considero un mio secondo compleanno, una vera rinascita, il giorno in cui sono arrivato a Roma".

Il Viaggio in Italia costituì indubbiamente un capitolo della sua vita di importanza determinante, la ricerca di una nuova dimensione, un itinerario spirituale, che ripeté nel 1791-94

Ai visitatori della Casa di Goethe viene offerta nel primo spazio espositivo una panoramica sulla sua vita, segue la stanza in cui è documentato il suo viaggio verso Roma con una scelta di disegni realizzati durante le tappe e con brani del suo diario di viaggio scritto in forma epistolare a Charlotte von Stein. Dal terzo ambiente, in cui è presentato Campo Marzio con Piazza del Popolo e Via del Corso, il rione in cui abitarono Goethe, Tischbein e gli altri artisti tedeschi, si accede in una stanza dove sono esposti disegni di Goethe, brani del suo Viaggio in Italia, documenti della sua attività di studioso naturalista, ma anche opere dei suoi amici pittori, Hackert e Kniep che descrivono il suo soggiorno a Napoli e in Sicilia. Alla quinta stanza, che testimonia la sua teoria dei colori, seguono quella dedicata all’antichità classica e l’altra alle illustrazioni del Faust.

La Biblioteca della Casa di Goethe, composta dal fondo Richard W. Dorn e ASKI, contiene circa 6000 volumi sull’epoca goethiana, la tradizione dei viaggi in Italia, la storia della letteratura tedesca, italiana e documenti sulle relazioni culturali tra i due paesi.

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