Vita naturale di un anfiteatro
Un volume dell’Electa ripercorre la storia del Colosseo e della sua flora

di
Cinzia Dal Maso
Tra le antiche rovine s’insinua, si
impianta e trionfa tutta una vegetazione spontanea che restituisce loro vita e
colore.
Al Colosseo, uno dei monumenti di maggior interesse dal punto di vista botanico
e naturalistico, è dedicato il volume dell’Electa “Amphitheatrum naturae”,
curato da Giulia Caneva (148 pagg., 216 illustrazioni, 30.00 euro). Uno studio
attento e approfondito, che non trascura la parte storico-documentaria,
accompagnando il lettore in un viaggio attraverso il tempo, per scoprire gli
eventi, gli utilizzi e le manomissioni che hanno ridotto il monumento nelle
condizioni attuali, da quando cessò la sua attività, nel 523. Poco si sa
dell’uso dell’anfiteatro fino all’XI sec., se non che verso il lato
dell’Esquilino si impiantò persino un cimitero cristiano. Già alla fine del X
secolo, poi, vi si erano stabiliti i “calcinatori”, che implacabilmente diedero
il via alla distruzione del monumento per trasformarlo in calce per l’edilizia.
Si aggiunsero quindi gli effetti devastanti dei terremoti e l’opera, non meno
disastrosa, dei demolitori, che con secolare lavoro ne ricavarono i materiali
per la costruzione di tanti edifici, come palazzo Farnese, la Cancelleria,
Palazzo Barberini, parte della Basilica di san Pietro e le scalinate del porto
di Ripetta. “In quanto luogo di anfratti e nascondigli – si legge nell’elegante
volume – fu per secoli teatro di scorribande e rifugio di criminali, tanto che
non bastava la protezione dei guardiani della Compagnia dei Sancta Sanctorum per
impedire che, soprattutto di notte, vi si svolgesse ogni sorta di attività
illecite”.
Dopo l’excursus storico, il libro dell’Electa passa in rassegna quattro secoli
di pubblicazioni sulla vegetazione dell’Anfiteatro Flavio, da “La flora” di
Domenico Panaroli del 1643 alle più recenti indagini, sottolineando le specie
che sono scomparse e quelle che risultano di recente introduzione.
Il segno del mutare dei tempi, con i primi radicali interventi di diserbo a
scopo conservativo, si avvertiva nelle pagine della “Florula del Colosseo” della
contessa Elisabetta Fiorini Mazzanti: “natura piacevasi vestir di Poesia le
venerande mura temperandone la severità con il vago ornamento di piante e di
fiori...Ora cupidigia archeologica tutto distrusse...tolse al Monumento le sue
poetiche e pittoresche bellezze; ed al botanico il pascolo de’ suoi studi...”
I contributi di Giulia Caneva, Simona Ceschin, Alessandra Pacini, Maria Vinci,
permettono anche di ricostruire le modificazioni climatiche della regione romana
attraverso lo studio delle variazioni della flora. Non dimentichiamo che, nel
corso dei secoli, gli studiosi hanno riconosciuto nel Colosseo ben 684 diverse
piante, divise in 84 famiglie e 366 generi. Arricchiscono il volume, in vendita
presso i Bookshop Electa nei musei italiani, riproduzioni di pagine di antichi
erbari e fotografie dell’attuale flora spontanea dell’Anfiteatro Flavio.
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