I cibi afrodisiaci di Apicio: antiche ricette per l’amore

di Annalisa Venditti

L’amore, si sa, fa girare la vita degli uomini. E da che mondo è mondo. Così, anche a tavola, è sempre stata Afrodite la più illustre delle commensali. Persino i nostri progenitori conoscevano ed utilizzavano sapientemente quelli che consideravano a tutti gli effetti i “cibi dell’amore”. Ne abbiamo viva testimonianza dalle parole dello chef più famoso dell’antica Roma, Marco Gavio Apicio, che ci ha lasciato, tra le molte, una curiosa ricetta. “Per coloro che cercano le gioie di Venere – spiegava nel suo “De re coquinaria” - lessare i lampascioni in acqua, poi, come si fa anche per le nozze, servirli con i pinoli, il succo estratto dalla ruchetta e pepe”. Si doveva essere proprio sicuri dei salutari “effetti” di questi bulbi dal sapore amarissimo, per sottoporsi alla tortura della loro degustazione. Nonostante i “cipolloni” fossero cattivi come il fiele, c’era chi – a ragion veduta – ne faceva un uso smodato. Come un povero vecchio, messo alla berlina dal linguacciuto Marziale, per essere stato “beccato” proprio mentre ne divorava, speranzoso, diversi. “Dato che tua moglie è vecchia – sentenziava il poeta - e le tue membra sono morte i lampascioni potranno soltanto riempirti lo stomaco”.
Ma la speranza, diremmo noi, è sempre l’ultima a morire.
Va considerato, poi, che la ricetta di Apicio doveva proprio essere una “bomba” afrodisiaca: pure i pinoli e la rucola avevano infatti la fama di inestimabili amici dei grandi amatori. Secondo Plinio il Vecchio, i primi “spengono la sete, calmano i bruciori dello stomaco e vincono la debolezza delle parti virili”, mentre per i secondi la garanzia d’efficacia veniva direttamente dal dio della fertilità Priapo. L’erbetta aromatica cresceva spontanea proprio intorno alle sue immagini sacre, caratterizzate da un inequivocabile, enorme fallo. Tanto per andare sul sicuro.
Molti erano i modi previsti dalla cucina romana per gustare il delicatissimo sapore dei pinoli, spesso mischiati con del buon formaggio. Apicio lo segnalava come uno squisito ingrediente per realizzare salse, carni e ripieni di sicuro successo. Insomma, un bel modo per unire l’utile al dilettevole. Un piatto di lampascioni con pinoli, succo di ruchetta e pepe non poteva mai mancare durante il banchetto di nozze. Gli sposini dovevano assolutamente mangiarlo prima di andare al letto. Era l’augurio, o meglio, l’impegno per una focosa notte d’amore. Ma i romani non furono gli unici ad apprezzare le qualità afrodisiache di determinati cibi. Già i Greci, allo stesso scopo, consumavano cipolle, carote, tartufi, miele, uova, storione e diverse qualità di pesce e crostacei. Quest’ultimi, del resto, arrivavano direttamente dal mare, da dove trionfante era sorta la bella Venere.
L’argomento sarà approfondito, sabato prossimo, in “Questa è Roma!”, la trasmissione ideata e condotta da Maria Pia Partisani, in diretta su Nuova Spazio Radio (88.150), dalle 9.30 alle 11.00.

 

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