La botticella fece la sua comparsa a Roma intorno al 1856

“Come è delizioso andar sulla carrozzella”

Ha dato spunto al film “Nestore l’ultima corsa” di Alberto Sordi. Con l’accordo vetturini-Provincia, pensione assicurata a Valmontone per i cavalli anziani

 

di Antonio Venditti

In sosta presso le piazze principali del centro storico di Roma, le poche carrozzelle in circolazione, le “botticelle” - ne sono rimaste una quarantina - sembrano voler custodire il ricordo di un tempo che sempre più si va allontanando. Ottant’anni fa erano le regine incontrastate del servizio pubblico da piazza; dall’alto della “cassetta” i vetturini osservavano le prime autovetture, non considerandole ancora antagoniste pericolose. Una concorrenza di cui si fece interprete nel 1943 Aldo Fabrizi nel film ”L’ultima carrozzella”, dando vita a un vetturino romano, molto attaccato alla tradizione, che mal sopportava i padroncini delle autovetture da piazza. Difatti, i vetturini hanno sempre manifestato uno spirito schietto, caustico, bonario, taluni anche poetico, come Pietro Masotti. Alla loro attività è legata tutta una fioritura di storielle e di battute umoristiche.

A tutti loro, Alberto Sordi ha voluto fare un omaggio nel 1993 con il film “Nestore, l'ultima corsa”.

La comparsa delle botticelle a Roma risale ad oltre suo secolo e mezzo fa, perché “verso il 1856 - scriveva il Blasi - un bel mat­tino si videro percorrere le vie, carrozze di nuova forma ad un cavallo e furono dette timo­nelle le quali a poco a poco si trasformarono insensibilmente in quelle, che vennero chiamate botti avendo una pancia che le faceva rassomi­gliare ad una botte”. Sull’origine del nome Costantino Maes dà una diversa interpretazione: “Le dissero volgarmente botti, perché i pisciabotte o inaffiatoi delle pubbliche strade, erano tirati da un cavallo. Parve una degradazione, e il roma­nesco che abborre sempre le miserie e meschinità satireggiò il nuovo uso con quel motto sarcastico”. Per il Partini “quando questo tipo di vettura si introdusse e quasi subito si diffuse, i francesi che popolavano Roma, la trovarono troppo modesta in confronto delle comode car­rozze a due cavalli come si era usato fino allora e per dileggio la dissero boite cioè a tipo di sca­tola. Il romano tradusse ‘botte’ il vocabolo francese “.

Nell’anno successivo alla sua prima appari­zione, un decreto di polizia del ministro Matteuc­ci, del 30 agosto, stabiliva un pacchetto di norme per la loro circolazione: 18 anni compiuti per poter guidare la vettura, prova di idoneità, obbligo di lampioni di sufficiente grandezza, con due cristalli, uno di fronte, l’altro laterale da tenersi accesi nelle ore di notte, uso di finimenti in buono stato, divieto di utilizzare cavalli viziosi e proibizione dell’abbandono anche momentaneo dei cavalli. Andatura al trotto ed al passo nelle voltate o in presenza di folla, obbligo di consegnare al­la polizia, entro 24 ore, gli oggetti trovati nelle vetture. I vetturini, poi, non dovevano fumare in presenza dei viaggiatori. Inoltre: “Le vetture di piazza per l’affitto a passeggeri debbono essere tutte a 4 ruote. Nelle stazioni devono situarsi ordinatamente in fila e nel raggio determinato con appositi segnali e cioè: a Piazza del Popolo in prossimità dei semicerchi,  in una fila a Piazza di Spagna...” in un posteggio che risaliva al 1827, a seguito di un’ordinanza del presidente delle strade, Lancellotti, approvata da Leone XII, perché la “località” era “circondata da un numero di locande di prim’ordine, ove si recano ad alloggiare distinti forestieri”. Infatti, in via della Croce erano lo Scudo di Francia, la Città di Parigi, la Locanda di madama Smiller, la pen­sione di Madame Deman; in via dei Condotti si trovavano l’Albergo di Londra, l’Albergo della Corazza. La stessa via delle Carrozze prese questo nome per le numerose rimesse di vetture.

Risale al secolo scorso la numera­zione delle carrozzelle, mentre il regolamento delle tariffe è del 1863.

Un regolamento dell’ottobre 1870 del Comune di Roma stabilì che le carrozze fossero solide, como­de, di facile ingresso, con buone molle, due fanali e ferma ruote, ben verniciate, tappezzate internamente in modo decente e con cu­scini. I cavalli dovevano essere forti e privi di difetti che mettessero a rischio la sicurezza o offendessero la vista. I finimenti dovevano essere sempre in buono stato di conservazione. Inoltre: “I conduttori, usando con gli avventori, devono tenere un con­tegno onesto e cortese, aiutare a salire o scendere dalla vettura. E’ loro vietato di chiamare con grida ed incitare con cenni gli avventori... Ogni atto vil­lano, ogni grido clamoroso, nonché il turpiloquio, costituirà una manifesta trasgressione”.

In un piccolo opu­scolo sul mestiere del vetturino dell’Abate Giuseppe Novi si legge: “Nell’andare in carrozzella si trovano tutti gli antidoti per dare un... argine alla tristezza. Questo solo divertimen­to raffrena la collera, dissipa la malinconia, ras­serena la mente, innalza lo spirito, rallegra il cuore, fa che l’uomo insensibilmente ringiovanisca”.

Al principio del XX secolo, una crisi fece sospendere per cinque anni la concessione di nuo­ve patenti: le 700 botticelle del 1928 scesero a 400 dopo l’ordinanza del Governatore del maggio 1929 con la quale si accordava ai proprietari di vetture una licenza di taxi per ogni tre carrozzelle soppresse.

“La vettura pubblica – la classica e tipica botticella – scriveva Ceccarius – sia pur trainata da un destriero scarsamente focoso e poco veloce, costituisce un elemento di indiscussa  attrazione per chi voglia comodamente e senza fretta visitar Roma ed è di evidente vantaggio per godersi le meraviglie, fastose o modeste, dell’Urbe. Se un confronto può reggere, la botticella può paragonarsi alla gondola “.

Nello scorso dicembre la Provincia di Roma, tramite il presidente, Enrico Gasbarra, si è fatta interprete di un degno riconoscimento ai cavalli delle botticelle, siglando l’accordo con l’Associazione sindacale “Vetturini romani” per assicurare la pensione a quelli non più abili al servizio nel “Parco degli Animali” di Valmontone. “Il cavallo destinato alla trazione di vetture pubbliche - recita il testo dell’accordo - non può essere ritenuto un mero strumento di trazione, ma in quanto essere vivente va trattato con rispetto e dignità e deve essere tutelato il suo benessere sia durante le ore di lavoro che in quelle di riposo”. “Assicureremo ai cavalli delle botticelle un’adeguata e buona pensione”, è stata la promessa formulata da Gasbarra ai vetturini presso lo storico posteggio di piazza di Spagna.

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