La bellezza nell’antica Roma: tutti i “trucchi” delle matrone
“Chi bella vuole apparire, un poco deve soffrire”, recita saggiamente un proverbio. E bene lo dovevano sapere le romane, talmente indaffarate nella cura della loro bellezza da sottoporsi a terribili, e chissà se fruttuose, torture estetiche. Conoscevano la pratica della depilazione, le raffinate matrone, ammonite dallo stesso Plinio il Vecchio “che d’ispidi peli pungenti” non fossero mai coperte le loro gambe. Così nulla di superfluo doveva trovarsi sotto le ascelle o sulle gambe di una donna affascinante che avesse cura del suo aspetto. Cerette e creme depilatorie non sono certo invenzioni moderne. Per togliere l’antiestetica peluria si adoperava il “psilothrum” e il “dropax”, un composto di pece greca, resina, cere e sostanze caustiche, disciolto nell’olio. Ma c’erano pure le pinzette, chiamate “volsellae”, per lo più di metallo, a volte anche d’oro e d’argento, di misure e fogge diverse. Neppure ad un sorriso smagliante era lecito rinunciare e per la pulizia dei denti si usava un “dentifricium” a base di soda e bicarbonato di sodio. C’era persino chi - terribile a dirsi - confidava nel potere smacchiante dell’orina! Per la serie “meglio non buttar via nulla”. Purtroppo i rimedi “raccapriccianti” non finiscono qui. Prima del trucco, a detta dei “visagisti” dell’epoca (come Ovidio, Galeno e Plinio il Vecchio), bisognava ricorrere a delle efficaci maschere di bellezza. E qui viene il bello. Perché? Era credenza diffusa che le migliori fossero quelle ottenute con composti organici. Anche in questo caso non si sprecava nulla, come le corna dei cervi, gli escrementi del pennuto alcione e la placenta, lo sterco e l’urina dei vitelli, delle mucche, dei tori, degli asini e delle pecore. Ingredienti “stregoneschi” che andavano sapientemente mescolati ad olio, grasso d’oca, succo di basilico, semi di origano, biancospino, zolfo, miele ed aceto. Con una doverosa precisazione: l’urina d’asino recava beneficio soltanto nel periodo in cui sorgeva la costellazione del Cane. Buono a sapersi. Abbastanza esotica è una ricetta del medico Galeno, che raccomandava alle nostre antenate gli effetti di una maschera allo sterco di coccodrillo. Un’alternativa più profumata era a base vegetale: si trattava di un preparato composto da miele, incenso, acanto, legno di cipresso e leccio, melone ed un’alga rossa. Una volta purificata la pelle, si poteva procedere al maquillage. Per avere una candida carnagione si stendeva della biacca mista a miele ed altre sostanze grasse, mentre per un roseo colorito si mescolava un po’ di terra rossa. Si creavano anche degli straordinari effetti iridescenti, stendendo sul viso dei minuti brillantini, ottenuti dalla triturazione di un cristallo. Dalla malachite e dalla azzurrite si ricavavano sgargianti ombretti verdi e color indaco. Ma il vero tocco di classe era un piccolo neo nero, disegnato sulla guancia. Il maquillage nell’antica Roma verrà approfondito nel corso dell’Intervista possibile di “Questa è Roma!”, la trasmissione ideata e condotta da Maria Pia Partisani, in onda ogni sabato mattina, dalle 9.30 alle 11.00, su Nuova Spazio Radio (FM 88.150 MHz). |
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