Nata nel 1920 come borgata, da febbraio è diventata XXIII Rione

Da un'ostessa compiacente prese il nome la Garbatella

Vittorio Emanuele III pose la prima pietra per il complesso di case-giardino economiche, destinate agli operai, a ridosso della zona industriale ostiense

di Antonio Venditti

La Garbatella il 18 febbraio scorso è diventata il Rione XXIII, il primo fuori le mura.

Era il 1920 quando "la mano augusta di Re Vittorio Emanuele III" poneva la prima pietra di "questo quartiere", come si legge nell'epigrafe murata sull'edificio centrale di piazza Benedetto Brin, originario nucleo della borgata, in cui sarebbero dovute sorgere case-giardino economiche per iniziativa dell'Ente Autonomo per lo Sviluppo Industriale e Marittimo di Roma e dell'Istituto per le Case Popolari.

Fino ad allora, vaste proprietà caratterizzavano il paesaggio, semidisabitato, che si animava soltanto con i pellegrinaggi delle Sette Chiese, con tappa d'obbligo nella cappella dedicata ai santi contadini Isidoro e Eurosia.

Si tramanda che nella zona una compiacente, di bell'aspetto e garbata locandiera, di nome Maria, avesse gestito un’osteria. In effetti, una vecchia osteria, "Da Maria", era situata nei pressi del tracciato della ferrovia Roma-Ostia. Sta di fatto che quel tratto dei Colli di S.Paolo - antico nome del luogo - cominciò a chiamarsi "Garbatella", forse in suo riferimento. Tra storia e leggenda, la "Garbatella" rappresentata da uno scultore anonimo con un'effigie a bassorilievo, appare con i capelli raccolti dentro un grande fazzoletto e con la mammella scoperta, su un palazzo a forma di foglia in piazza Geremia Bonomelli. Alcuni sostengono che il nome "Garbatella" derivi dal sistema di coltivazione dell'uva, "a garbata", effettuata da monsignor Nicolai, esperto agronomo, nella sua tenuta "dei 12 cancelli" ai piedi dei Colli di San Paolo. Altri dicono che il nome della ostessa fosse invece Carlotta, come la fontanella del Sabbatici, che da metà degli anni '20 si affaccia su piazza Ricoldo da Montecroce, dove l'acqua fresca sgorga da una faccia di donna incorniciata da lunghi capelli in terra cotta.

In quegli anni, ai piedi dei Colli di S. Paolo, Roma stava portando avanti la sua piccola rivoluzione industriale. All'Ostiense si erano impiantati i mercati generali, le officine del gas, mulini, oleifici, concerie, una grande vetreria, officine meccaniche e molti altri opifici e magazzini. C'era inoltre un progetto di Paolo Orlando, risalente al 1904, che prevedeva la costruzione di un canale parallelo al Tevere che collegasse Ostia con un porto poco distante da S. Paolo, proprio per servire la zona industriale. Quell'idea, anche se mai realizzata, spiega tuttavia gran parte della toponomastica della prima Garbatella, dedicata prevalentemente ad armatori, a costruttori navali, a capitani d'industria e, con lo svilupparsi del quartiere, a viaggiatori e navigatori.

La Garbatella nacque come insediamento operaio a ridosso della zona industriale dell'Ostiense. Non aveva ancora un nome ufficiale. Inizialmente, il primo nucleo intorno a piazza Brin ebbe quello di "Concordia", come auspicio per una pace sociale. Stesso nome sarebbe stato dato, se fosse sorto, anche al borgo marinaro, in funzione della sottostante zona industriale e del porto fluviale.

Poi, nel corso degli anni Trenta si pensò a "Remuria", in riferimento alla leggenda secondo la quale Remo, in opposizione a Romolo, avrebbe voluto costruire la sua città non sull'Aventino come vuole la tradizione, ma sul successivo colle verso il mare, quello di San Paolo, dove sorse appunto la Garbatella. Prevalse in via ufficiale, solo alla metà di quegli anni, il nome che popolarmente si era già imposto: "Garbatella".

Il progetto iniziale venne affidato a Gustavo Giovannoni e a Marcello Piacentini, che si riferirono alle "Garden Cities" inglesi, ma la prima Garbatella fu legata ad un'idea di città giardino tutta nostrana. Ogni inquilino aveva intorno alla casa un pezzo di terreno agricolo di 180 mq, coltivato ad orto per integrare il magro salario percepito in fabbrica.

Il primo nucleo, costituito da 190 alloggi in 40 palazzine immerse nel verde, sorse come zona destinata ad alloggiare gli operai della zona industriale nella quale l'area ricadeva. Vennero a realizzarsi il quartiere delle case popolari per gli sfrattati e gli sbaraccati, le nuove costruzioni di tipo semintensivo, i servizi, il lotto "mostra" 24 ed i completamenti.

Durante le operazioni le scavo, a due metri sotto il livello stradale, fu rinvenuta una statua di marmo bianco, acefala, priva dell'avambraccio destro e di parte della mano sinistra. Raffigura probabilmente un tribuno su un ampia cattedra, in tunica e toga con alti calzari. La statua si trova in piazza Brin, "il Pincetto", dove vennero sistemate una fontana, alcune panchine di travertino e furono impiantati pini marittimi.

La Garbatella divenne un vasto laboratorio urbano in cui vennero sperimentate ed applicate varie soluzioni edilizie, espressioni di un contesto culturale spesso contraddittorio.

Sono presenti sia la "casa rapida", essenziale, che i villini palladiani di De Renzi, le case "minime" di Costantini Sabbatini e Nori; i tipi a blocco e gli alberghi suburbani.

Particolare cura fu dedicata nello studio dei prospetti e alla scelta di piante pregiate, quale ornamento dei giardini.

Con le realizzazioni successive la casa rapida non prevede più lotti frazionati ma spazi e attrezzature collettive.

La tipologia di progettazione della Garbatella è influenzata dalle esperienze inglesi e tedesche, dagli utopisti all'esposizione della Casa Ideale ed al Villaggio Giardino di Londra del 1922.

In gran parte si tratta di villini a due piani in cui predomina tutto un gioco di tetti, di archi e di nicchie, a cui si associano i fregi che ornano le case. Persino le cancellate e le inferriate di ferro battuto sono veri e propri capolavori di architettura povera.

I lotti 1, 2 e 3 furono demoliti negli anni '50 in seguito ad un accordo tra lo Iacp e il Banco di Santo Spirito per consentire la costruzione delle villette per i funzionari della banca.

Il riferimento stilistico di tutti gli edifici è il "barocchetto" degli anni Venti.

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