La Chiesa fu eretta nel 1775 dall’omonima Arciconfraternita

Piazza S. Maria del Carmine - Piccola oasi di fede e arte

L’affresco con la Madonna nella lunetta sopra il portale d’ingresso, da tempo notevolmente deteriorato, necessita di un urgente restauro

di Antonio Venditti

Via del Carmine è un tratto di strada di appena qualche metro, parallelo alla salita di via delle Tre Cannelle ed ha il merito di condurre all’omonima piazzetta, un’inaspettata isola di pace, a pochi passi dal caotico traffico di via IV Novembre. Qui sorge la Chiesa di S. Maria del Carmine, il cui prospetto, quasi per metà nascosto da un parcheggio che invade il piccolo slargo, è ricordato in un suggestivo e animato acquerello del 1833 di Achille Pinelli.

Sulla sinistra, via del Carmine era fiancheggiata nel 1864 dalle facciate di tre piccole case, di un certo Benedetto Crostarosa, che furono unificate dal proprietario in un unico palazzetto a tre piani, poi demolito per far posto all’edificio dove ora si trova l’Albergo Pace Elvezia.

La Chiesa di S. Maria del Carmine fu eretta per volontà della Confraternita del Carmine, confidando nella munificenza del cardinal Odoardo Farnese suo patrono. La Confraternita, di antiche origini, sorse presso la Chiesa di S. Crisogono per poi passare nel 1515 in quella di S. Martino ai Monti dove nel 1599 ebbe i propri regolamenti. Divenne Arciconfraternita con Breve di Paolo V del 30 ottobre 1606 per essere riconosciuta, per i particolari meriti, "Madre e Capo" di tutte le Confraternite dallo stesso titolo con un Breve di Gregorio XV (1621-23) del 13 ottobre 1621, a seguito del quale ottenne la facoltà di comunicare tutte le indulgenze ed i privilegi alle Compagnie aggregate. Gregorio XV, con Breve del 3 febbraio 1623, concesse anche i fienili vicino alla chiesa, in precedenza di proprietà dell’Abbazia di Grottaferrata e il sodalizio poté così svolgere la sua opera in una sede più ampia e meno decentrata.

La costruzione della chiesa ebbe inizio il 24 ottobre 1624, ma i lavori, diretti nella fase più avanzata da Michelangelo Specchi, si protrassero fino al 1750.

Nel 1772 un violento incendio distrusse la chiesa che venne prontamente ricostruita per volontà di Clemente XIV (1769-1774) e del cardinale Domenico Orsini d’Aragona.

La ricostruzione terminò nel 1775, come ricorda un'iscrizione all'interno, sulla parete di sinistra.

La facciata con molta probabilità è quella originaria, disegnata da Michelangelo Specchi (c. 1684-1750), mentre sono andati perduti, forse nell’incendio del 1772, i bassorilievi in stucco del timpano, opera di Giovanni Grossi, raffiguranti la "Vergine con in braccio il Bambino, circondati da angeli".

Il prospetto ha un’impostazione semplice e risente degli elementi propri dell’architettura neoclassica. A due ordini, con un grande timpano triangolare, è scandito verticalmente da pilastri, nella parte inferiore con capitello corinzio, sostituiti nell’ordine superiore, con al centro un finestrone, da lesene. Sopra il portale d’ingresso, è una lunetta centinata, decorata con un affresco della "Madonna del Carmine", pittura notevolmente deteriorata, che necessità di un improrogabile e adeguato intervento di restauro.

L’interno, ad una sola navata e con volta a botte, presenta una decorazione ottocentesca sulle pareti e sulla volta con finte cornici e rilievi in stucco.

L’altare di destra. è decorato con una tela settecentesca dipinta su due facce, con tutta probabilità uno stendardo, riutilizzato come pala d’altare. Sulla parte anteriore è raffigurata la "Vergine che appare ad Elia", sul retro "La Madonna nell’atto di consegnare lo scapolare a S. Simone Stock, che intercede presso di lei per le anime purganti". Il dipinto, siglato con una "C" sul lato anteriore, è da attribuirsi a Sebastiano Conca (1676-1764), pittore di cultura napoletana, attivo in molte chiese di Roma. Sull’altare opposto, in precedenza dedicato a S. Michele Arcangelo, si trova un dipinto del 1927 di Tito Ridolfi con "S. Teresa del Bambino Gesù".

La tela del 1776 di Giovanni Pirri con "S. Simone Stock che riceve dalla Vergine lo scapolare carmelitano", che si trovava sull’altare, è stata spostata sulla parete di sinistra del presbiterio.

Sull’altare maggiore è una statua settecentesca in cartapesta della "Madonna del Carmelo", vestita di bianco con lo scapolare in mano. Sostituisce una simile del ‘600, conservata nella stanza del vestiario dell’Arciconfraternita. Ogni anno viene portata a spalla nel giorno della festa della Madonna del Carmine e privata dell’abito che indossa sull’altare per essere rivestita di uno più ricco.

Il dipinto di Gaspare Celio (1571-1640) che, originariamente, si trovava su questo altare, da tempo è posto in una cappella raggiungibile dalla balconata dell’organo.

Dalla porta che si apre a destra della navata, si può entrare in un piccolo corridoio ove sono appesi un piccolo telo del sec. XVIII, ricamato con la "Madonna del Carmine" e un dipinto settecentesco raffigurante "S. Giuseppe Calasanzio dinanzi alla Vergine".

In fondo al corridoio, a destra è un locale con lo spogliatoio dei confratelli, a sinistra si raggiunge invece la sagrestia, con paratoio settecentesco.

La cappella dell’Arciconfroternita, a sinistra dell’altare maggiore, venne completamente modificata nel 1793. Sulla parete di fondo, una tela con la "Flagellazione", della fine del ‘500.

L’oratorio delle sorelle è attualmente adibito a provveditoria; dalla stanza del vestiario una scala porta al balcone del vecchio organo a soffietto e all’antico oratorio ora non più in uso per le cattive condizioni in cui versa, ma che meriterebbe di essere ripristinato per godere della visione del soffitto a cassettoni adornati da rose verdi e bianche. Alla parete il ritratto di S. Gaspare del Bufalo ricorda la sua appartenenza alla Confraternita.

Dopo la costruzione della Chiesa alle Tre Cannelle, l’Arciconfraternita rinsaldò il proprio prestigio e annoverò un notevole numero di iscritti.

Gli statuti del sodalizio, riformati il 1° marzo 1864 ed approvati dal cardinale vicario Costantino Patrizi, furono nuovamente redatti e approvati dal cardinale vicario Francesco Marchetti Selvaggiani il 30 maggio 1938.

I fratelli dell’Arciconfraternita indossano un sacco marrone e sulla testa portano una mozzetta bianca.

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