Funzionò fino alla
costruzione del carcere di Rebibbia
Un istituto di
pena femminile nel convento delle Mantellate
In origine il monastero
fu sede delle “Serve di Maria”, fedeli alla regola di Santa Giuliana Falconieri,
riconoscibili per il lungo mantello nero
Antonio Venditti
La
costruzione del carcere di Regina Coeli in via della Lungara risale al 1881,
sotto la direzione dell’ing. Carlo Morgini del Genio Civile e l’ispezione del
comm. Commotto. Comportò la trasformazione di un monastero seicentesco delle
Carmelitane Scalze, fondato da Anna Colonna, moglie di Taddeo Barberini, al
quale era annessa la Chiesa di S. Maria Regina Coeli, andata distrutta. Era
abitudine delle suore recitare ad un’ora fissa il “Regina Coeli” - da cui derivò
appunto il nome dell’Istituto penitenziario - ricordato dall’immagine della
Madonna nella Rotonda principale. Il carcere venne aperto nel 1890. Le religiose
vi erano rimaste fino al 15 aprile 1873, quando, requisito il monastero dallo
Stato, furono costrette a trasferirsi presso l’attiguo convento delle Mantellate
ove rimasero fino al 1881 per poi trasferirsi al monastero dei SS. Quattro
Coronati.
Tracce del portone d’ingresso del monastero delle Carmelitane rimangono in vista
lungo via delle Mantellate, la cui denominazione derivò dal modo di vestire
delle Serve di Maria a cui era affidato anche il monastero con la chiesa
annessa, in fondo a questa strada, in angolo con via S. Francesco di Sales.
Quasi in fondo al muro di cinta del carcere di Regina Coeli si vede la traccia
dell’adorno portale di questo secondo monastero e il prospetto quasi
irriconoscibile.
La chiesa di S. Francesco di Sales e il monastero delle Mantellate erano stati
fatti erigere con il contributo del card. Giacomo Rospigliosi e dei Borghese da
Clemente IX nel 1669 per le monache della Visitazione (Salesiane), istituite da
S. Giovanna Maria Francesca Fremiot di Chantal, che vi rimasero dal 1673 al
1793. Prima del loro trasferimento a S. Anna dei Falegnami e in seguito a S.
Maria dell’Umiltà, il card. Enrico duca di York aveva ingrandito ed abbellito la
chiesa che aveva consacrata nel 1778. Il 26 dicembre 1794 l’intero complesso fu
acquistato da un commerciante di seta, Vincenzo Masturzi di Sorrento e da sua
moglie Maddalena, che lo fecero restaurare, affidandolo alla figlia, insieme ad
altre giovanette. Sette anni dopo questa piccola comunità ottenne di formare un
nuovo istituto, chiamato delle “Serve di Maria”, meglio conosciute come “le
Mantellate” per il lungo mantello nero indossato, fedeli alla regola di S.
Giuliana Falconieri (Firenze 1270-1341), divenuta monaca all’età di 14 anni, che
dedicò la propria vita alla carità, convertendo i peccatori, adoperandosi per la
riconciliazione dei nemici e l’assistenza agli ammalati. Annessa al convento era
la chiesa di S. Maria della Visitazione e S. Francesco di Sales, tuttora
conservata, anche se non più officiata, dalla semplice facciata preceduta da una
rampa di scale. Si deve a Giovan Battista Contini (1642-1723), presenta una sola
navata. Sull’altare maggiore era un dipinto di Carlo Cesi, oggi sostituito da
una statua della Madonna.
Il monastero, espropriato nel 1873 dal Governo Italiano, venne definitivamente
abbandonato dalle suore il 7 maggio del 1884. Poco dopo fu trasformato in
carcere femminile, detto appunto delle Mantellate rimasto in funzione fino alla
costruzione di quello di Rebibbia. Delle “Mantellate” parla il testo di una
struggente canzone di Strehler-Carpi del 1965, eccezionale per la resa
d’atmosfera: “Le Mantellate so’ delle suore, ma a Roma so’ sortanto celle scure;
‘na campana sona a tutti l’ore, ma Cristo nun ce sta drento a ‘ste mura...”.
Il rintocco della campana delle Mantellate, infatti, per molto tempo ha segnato
lo scandire delle ore nella quotidianità del carcere: l’ora del risveglio, del
cibo, del lavoro, della preghiera, del sonno. Reca la data di fabbricazione 1835
e l’iscrizione CH-AS-AR-IT (Camera Apostolica Reverenda). Originariamente era
collocata nelle carceri seicentesche di via Giulia, dette “le Carceri Nuove”,
fatte costruire da papa Innocenzo X nel 1655. Successivamente la campana fu
trasferita alle Mantellate dove, utilizzata fino agli anni Cinquanta, divenne il
simbolo del vecchio carcere femminile di Roma.
INDIETRO
|