Palazzo della “Rinascente”
“paradiso per
le signore”
Fu costruito fra il 1886 e
l’89 da Giulio De Angelis per i fratelli Ferdinando e Luigi Bocconi, proprietari
a Milano dei magazzini “Aux villes d’Italie”
Giulio De Angelis, “il più inquieto, il più
curioso, il più coraggioso degli architetti romani del periodo umbertino",
si pone obliquamente rispetto alle correnti di gusto dominanti alla fine
dell’Ottocento, non rientrando affatto nell’uniformante neocinquecentismo
ufficiale, del quale Koch era il capofila. Una personalità che sfugge a
classificazioni: il rapporto arte-industria costituisce l’aspetto ricorrente
nella sua attività.
Nato a Roma nel 1850, mantenne stretti
rapporti durante tutta la sua vita con la scuola di Perugia - nella quale per
molto tempo ebbe anche incarichi di insegnamento – dove costruì il teatro
Morlacchi, una caserma e diversi altri edifici minori. Le sue prime opere romane
furono le tre palazzine tra le vie dei Mille, Vicenza, Magenta e Marghera. La
più importante, costruita all’età di ventisei anni per Ruggero Bonghi, fu per
molto tempo considerata una delle ville più eleganti del Macao, il nuovo
quartiere che ebbe una effimera intensa fortuna fino all’alba del XX secolo.
I magazzini Bocconi,
successivamente sede della “Rinascente”, che De Angelis costruì a Roma fra il 1886 e l’89, a lato di
piazza Colonna, furono eretti per i fratelli lodigiani Ferdinando e Luigi, che
avevano fondato, nel 1877 a Milano, la società omonima e i magazzini
“Aux villes d’ltalie”
.
Il progetto, presentato nel
1886 alla commissione edilizia - di cui lo stesso De Angelis faceva parte, ma
che in quella occasione si assentò - fu approvato, nonostante l’altezza
maggiore di quella consentita allora dal regolamento, per il carattere speciale
e l’impronta grandiosa. L’edificio, a pianta quadrata, misura 25 metri per
lato, ed è a cinque piani. Tranne l’involucro esterno, tutto il palazzo è
realizzato con profusione di strutture metalliche. All'esterno la novità è
rappresentata, contrariamente ad ogni tradizione romana, da quattro facciate
identiche. Difficilmente, osservando l’edificio dal basso, si avverte come non
sia un solido regolare a pianta quadrata, bensì un prisma a base trapezoidale
con diedri verticali non retti. L'interno, con il sistema multiplo di
piattaforme su cui si organizzano le balconate, è concepito come una struttura
aerea, basata su un diverso ordine di sostegni di ghisa, la cui variazione di
disegno segue un processo di semplificazione decorativa dai piani inferiori
verso i superiori: otto pilastri principali e altrettanti secondari, con i vari
piani che sporgono su uno spazio vuoto, rischiarato dal lucernario come un pozzo
di luce.
L’uso della ghisa, per l’architetto
motivo di ornato, fornisce la soluzione al problema dell’illuminazione del
magazzino, considerato quale ambiente a diretto contatto con lo spazio esterno,
proiettato verso la strada con intenti pubblicitari e urbanistici. La prima,
netta affermazione dell’idea di negozio come ambiente a diretto contatto con
l’esterno, De Angelis l’aveva sviluppata nella ristrutturazione del complesso
edificio degli Sciarra di Carbognano (galleria pedonale, palazzo residenziale,
negozi, ecc.) dove fecero la loro apparizione elementi strutturali metallici,
colonne in ghisa, che così fortemente caratterizzeranno la sua produzione.
Questa concezione fu ulteriormente ampliata e sviluppata da De Angelis nei
magazzini Bocconi: la sua opera più impegnativa, in cui l’edilizia romana dell’Ottocento
attinge a registri così alti e in certo modo coraggiosi, come il riferimento
alle logge civiche della tradizione medievale italiana, che inevitabilmente
dovette sembrare polemico nei confronti del clima romano.
L'integrazione tra ferro, vetro e muratura in
architettura sovvertì la concezione di negozio, in virtù del nuovo materiale
impiegato e delle nuove soluzioni collegate. Giulio De Angelis fu l’artefice di
questa radicale innovazione.
Anche in questa occasione, ribadendo una
certa estraneità all’ambiente romano, De Angelis si avvalse di un pittore
perugino, Annibale Brugnoli, che aveva affrescato la cupola del Teatro Costanzi.
L’alterazione sistematica dei partiti decorativi e la radicale trasformazione
del piano terreno hanno profondamente mutato l’aspetto originario del
magazzino, ma ancor oggi si possono rilevare la ricerca di semplicità e
leggibilità dell’organismo statico e una graduazione del flusso luminoso che
rimane quasi costante nei diversi piani per la ampiezza delle aperture che
decresce verso l’alto.
Al De Angelis va riconosciuto il merito
di avere saputo bene interpretare un tema architettonico di assoluta novità a
Roma e in Italia, con il quale si permetteva un adeguamento ai modelli di vita
più aggiornati della borghesia urbana.
Entro questa struttura, per la concezione
tutta nuova, si svilupperà un'attività commerciale ugualmente innovativa. Il
palazzo Bocconi, lo stabilimento Bocconi, come veniva allora chiamato, diventò a
Roma il più importante riferimento commerciale per l’abbigliamento già
confezionato, in linea con un tipo edilizio che si stava affermando in tutta
Europa. La costruzione trae sicuramente ispirazione da esperienze simili
europee: quattro anni prima Sedille aveva cominciato a costruire a Parigi “Les
magazins du Printemps”; “La Belle Jardiniere” di Blondel aveva già dieci anni.
Il magazzino Bocconi, di
dimensioni modeste rispetto ai coevi esempi parigini, ricorda l’interno del “Bon
Marché”, come figurò nel discorso inaugurale del re Umberto I, presenta aspetti
di originalità e può senz’altro considerarsi un’opera molto avanzata rispetto
alla situazione italiana: fu il nostro primo “Paradis des Dames” e tale rimase a
lungo.
Gli interventi del De Angelis in tema
d’architettura in ferro non si fermano al palazzo Bocconi. Negli stessi anni del
magazzino fu costruito anche il palazzo Chauvet, sede de il “Popolo Romano” in
via due Macelli, in cui ritornano i temi della galleria Sciarra: grandi negozi
sventrati, esili colonne metalliche contrapposte ai massicci pilastri di
granito; in più un avvicendamento di masse sporgenti e rientranti che premono
sullo spazio della strada angusto.
L’ultima opera nota del De Angelis, morto
nel 1906, che ha lasciato la sua impronta in alcuni luoghi deputati della nuova
Roma, fu iniziata negli ultimi anni del secolo. L’edificio tra le vie Minghetti,
delle Vergini e delle Muratte può a buon diritto considerarsi la più matura
espressione della sua esperienza di architetto.
di
Antonio Venditti
3 febbraio 2004 |