Gli eroi della Repubblica Romana e le loro memorie a Monteverde

 

Cinzia Dal Maso

In occasione del Centenario della proclamazione della Repubblica Romana, sono stati posti sul Gianicolo una serie di pannelli bronzei, per illustrare le vicende della difesa di Roma del 1849. Su questo colle, infatti, fu scritta una delle pagine più gloriose e tristi del Risorgimento italiano. L’esercito francese, comandato dal generale Oudinot, accorso in aiuto di Pio IX, forte di 36.000 uomini e 75 cannoni, iniziò ad attaccare alle tre del mattino del 3 giugno il settore del Gianicolo dove era acquartierato Garibaldi, il cui esercito, al comando di Roselli, contava 19.000 uomini accorsi da tutta l’Italia, pieni di buona volontà ma nella maggior parte dei casi scarsamente addestrati, con 100 vecchi cannoni, quasi tutti di piccolo calibro e con scarse munizioni. Cadde subito Villa Pamphili. Stessa sorte toccò a Villa Corsini, nella cui disperata difesa trovò la morte Enrico Dandolo. Goffredo Mameli, ferito nei pressi di San Pietro in Montorio, spirò dopo qualche giorno. La situazione si fece tragica non appena i Francesi, nella notte tra il 21 e il 22 giugno, riuscirono a rompere la prima linea. Reggeva ancora la posizione avanzata del Vascello, presidiata dalla divisione Medici. Scriveva Luciano Manara in una lettera del 29 giugno: “ogni maceria sarà difesa. Ogni rovina che copra i cadaveri dei nostri è salita da altri che vi muoiono piuttosto che cederla. Roma in questo momento è grande, grande come le sue memorie, come i monumenti che la ornano e che il barbaro sta bombardando”. Il giorno seguente, 30 giugno, i francesi travolgevano anche questa seconda linea. Luciano Manara era assediato con i suoi bersaglieri volontari a Villa Spada. “Una palla colpì il povero Luciano alla bocca dello stomaco e gli uscì dalla schiena”, ricordò Emilio Dandolo, fratello di Enrico. “Fece tre passi e io accorsi e lo presi in braccio. Ho pochi momenti da vivere, mi disse: ti raccomando i miei figli: e mi diede un bacio”. La situazione non era più sostenibile. L'Assemblea repubblicana ritenne impossibile continuare la difesa. Il 2 luglio Garibaldi invitò quanti volessero proseguire la lotta a seguirlo: “chi vuole continuare la guerra contro lo straniero venga con me. Non offro né paga, né quartiere, né provvigioni. Offro fame sete marce battaglie e morte". Quindi uscì da Roma con circa quattromila uomini, dirigendosi alla volta di Venezia. Il 3 luglio i Francesi occupavano la città.
Monteverde conserva numerose memorie di quei tragici avvenimenti: la Villa Doria Pamphilj, l’entrata di Villa Corsini, con le tracce delle palle di cannone francesi, Porta San Pancrazio, dove fu ferita mortalmente Colomba Antonietti, mentre combatteva, vestita da uomo, accanto al marito, l’antica osteria Scarpone, nelle cui gallerie sotterranee venivano provvisoriamente seppelliti i morti della battaglia per il Casino dei Quattro Venti, il convento di San Pancrazio, il Vascello, la “batteria dei pini”, ultimo baluardo garibaldino, dove oggi si innalza il Sacrario dei Caduti per la causa di Roma italiana.

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