Un rilievo romano di travertino ha dato il nome a Tor Tre Teste
Nella periferia orientale di Roma, una vasta zona prende il nome di Tor Tre Teste. Per scoprire l’origine del curioso toponimo, dobbiamo portarci al km. 9,47 della Prenestina, dove la strada si restringe alquanto. Qui sorgono i resti di una delle più famose torri della campagna romana, per l’appunto Tor Tre Teste, eretta nel XIII secolo sul rudere di un antico sepolcro romano, con funzione giurisdizionale, ossia per indicare la proprietà delle terre circostanti. La torre, a pianta quadrata, misura circa otto metri per lato ed era stata costruita con frammenti marmorei e con piccoli blocchi di selce di riuso, prelevati dal lastricato dell'antica strada romana che le passava accanto. In origine era alta sui diciotto metri ed aveva cinque piani, con numerose finestrelle quadrate e merli; le finestrelle rettilinee presentavano stipiti marmorei, mentre sul fianco destro era inserita una lastra di marmo con una croce a rilievo. Nella parte superiore della torre erano incastonate otto mensole cosmatesche intagliate. Sulla facciata spiccava una lapide che testimoniava l’appartenenza della torre, nel medioevo, alla Basilica di San Giovanni in Laterano. Nella carta di Eufrosino della Volpaia (1547) viene infatti indicata come "Torre S. Io(hanne)". Intorno al 1660 l’area passò ai marchesi Casali, quindi ai Del Drago. Proprio nel XVII secolo alla torre si addossò una chiesetta, nella cui muratura fu inserito il rilievo sepolcrale in travertino di età romana con i busti di tre defunti, due uomini ed una donna velata, che ha dato il nome alla torre. Circa cinquanta anni fa, a fianco della facciata della chiesetta è stato aggiunto un altro bassorilievo, simile al primo, forse in precedenza incassato nelle mura di un casale, oggi distrutto. In questo caso, due donne velate affiancano un uomo. Oggi, però, quel poco che resta della torre si staglia contro il cielo come un monumento all’incuria, o meglio come un atto di accusa contro il degrado in cui per troppi anni è stato abbandonato il suburbio romano. Un primo crollo, nel 1951, aveva distrutto tutta la parete settentrionale. Rimaneva miracolosamente intatta la facciata, di cui nel 1972, come ci si poteva aspettare, franava la metà superiore, facendo anche cadere l’epigrafe, che sembrerebbe dispersa. Nei pressi del monumento, nel corso dei secoli, si sono succeduti ritrovamenti di antiche vestigia che dimostrano l’importanza del sito, dove sarebbe auspicabile uno scavo sistematico. Scriveva nella prima metà dell’Ottocento il famoso archeologo Antonio Nibby: "ivi vidi un torso loricato della era settimiana, un sarcofago di terra cotta, alcuni frammenti di colonne di piccola dimensione, un capitello composito, un coperchio di cinerario, un pezzo di molino, ed un piccolo capitello di stile analogo al torso". |
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