Lunga e travagliata storia di un finto obelisco egizio

 

 di Cinzia Dal Maso

Sulla Fontana dei Fiumi, al centro di piazza Navona, svetta un alto obelisco, che, a differenza della maggior parte dei suoi “colleghi” romani, non ha mai visto le fertili terre d’Egitto. Fu fatto eseguire dall’imperatore Domiziano (81-96 d.C.) per ornare la sua sontuosa villa sulle sponde del lago Albano. Probabilmente realizzato in pietra delle Alpi, venne anche ricoperto da finti geroglifici.

Nel 311 d.C. Massenzio volle che fosse trasportato sulla via Appia, nel circo costruito in onore del figlio Romolo, prematuramente scomparso. Dopo poco più di un secolo e mezzo cadeva l’Impero romano d’Occidente e iniziava per Roma un periodo travagliato di decadenza e invasioni barbariche. I monumenti crollarono e le rovine si riempirono di sterpaglie. Nessuno pensò più all’obelisco sull’Appia, che cadde, forse in seguito a qualche scossa tellurica, e giacque per lunghissimo tempo in terra, rotto in cinque pezzi.

Nel 1527, qualcuno che lo aveva notato in quelle condizioni miserande, propose a Sisto V di collocarlo davanti alla vicina chiesa catacombale di San Sebastiano, ma il progetto non venne mai eseguito.

Finalmente Innocenzo X Pamphili, nel 1648, incaricò Gian Lorenzo Bernini di innalzarlo al centro di una grande fontana davanti al suo palazzo ed alla chiesa di Sant’Agnese, in piazza Navona. Come aveva fatto l’artista napoletano, certamente non nelle grazie del Pontefice, ad ottenere l’ambito incarico, sbaragliando una nutrita schiera di concorrenti? Ce lo spiega il figlio del Bernini, Domenico. Niccolò Ludovisi, marito di una nipote del Papa, suggerì all’artista di far trovare a Innocenzo X e alla sua potentissima cognata, Donna Olimpia, il bozzetto della fontana su un tavolo di una stanza del palazzo. Sembra che il modellino, realizzato in argento,  ottenesse il successo sperato.

L’abbandono in cui era stato lasciato l’obelisco per tanto tempo lo aveva seriamente danneggiato, ma il Bernini fu aiutato nel restauro dal fratello Lodovico e dal padre gesuita Atanasio Kircher. Fu così possibile collocarlo sopra una finta roccia e circondarlo da quattro gigantesche figure allegoriche di fiumi, simboli delle parti del mondo conosciute all’epoca: il Nilo, il Gange, il Danubio e il Rio della Plata. Dalle grotte della roccia escono ad abbeverarsi nella fontana, alimentata da otto getti d’acqua, alcuni animali fantastici ed un leone. La punta della guglia fu ornata con il simbolo dei Pamphili, la colomba con nel becco un ramoscello d’olivo.

Qualche tempo dopo, il banchiere Giovanni Torlonia, facendo eseguire degli scavi nell’area del circo di Massenzio, di sua proprietà, rinvenne alcuni frammenti dell’obelisco, che regalò al futuro re Luigi I di Baviera: sono ancora conservati nel Museo Nazionale di Monaco.


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